Non basta estrapolare una parte di un marchio registrato per avere un segno a carattere distintivo
Metà o un quarto di un marchio registrato,
estrapolati dal contesto, non hanno lo stesso carattere distintivo
dell’intero simbolo. Il criterio da applicare per riconoscere la tutela
comunitaria impone sempre di valutare la capacità o meno del marchio di
individuare i prodotti o i servizi sul mercato in modo da essere
riconosciuto dai consumatori.
Il caso
Non ride di certo la società
belga che ha chiesto la registrazione internazionale per un logo
raffigurante un mezzo smiley, figura registrata come marchio
comunitario: è stata confermata la decisione dell’Ufficio per
l’armonizzazione nel mercato interno che ha negato la protezione Ue al
sorriso a mezza bocca “adottato” dall’azienda. È quanto emerge dalla
sentenza nella causa 139/08 emessa dalla prima sezione del Tribunale di
primo grado delle Comunità europee.
La decisione
Il marchio – ricordano i
giudici Ue – aiuta i consumatori a regolarsi nelle scelte di acquisto:
riconoscendo in un articolo il tratto distintivo di un’impresa possono,
in base alla precedente esperienza, confermare o negare la fiducia alla
casa produttrice. Nella specie gli articoli “griffati” con un mezzo
smiley appartengono al settore della moda ma non sono tanto sofisticati
o costosi da rendere molto rilevante l’attenzione del pubblico nei loro
confronti. Il carattere distintivo del logo, dunque, va valutato
tenendo conto delle presunte aspettative di un consumatore medio che
non dimostra un livello di sensibilità particolarmente elevato. E dalla
valutazione effettuata dai giudici emerge che il simbolo grafico di cui
si chiedeva la registrazione internazionale mostra linee piuttosto
essenziali e ha soprattutto una funzione decorativa: laddove il marchio
non contiene elementi che possono facilmente essere memorizzati dal
consumatore di riferimento, pur relativamente attento, non si può
affermare che l’elemento grafico prescelto certifichi l’origine
commerciale del prodotto. L’azienda produttrice che ha scelto di
affidarsi al mezzo sorriso, fra l’altro, non dimostra in giudizio che
l’intero simbolo, in quanto marchio registrato a livello Ue, sia a sua
volta conosciuto dal pubblico di riferimento: non è dunque possibile
accertare la possibile associazione fra il nuovo marchio proposto e
quello già protetto dalle autorità comunitarie, tanto più che
bisognerebbe fare affidamento sull’immagine – giocoforza imperfetta –
che il consumatore custodisce da qualche parte nella memoria. È
legittimo, dunque, opporre un impedimento assoluto alla registrazione
del “sorriso a metà” e alla società belga, per ora, non resta che
l’amaro in bocca.