Non commette peculato chi si appropria del denaro dei contribuenti senza esercitarne il possesso
Non risponde del reato di peculato il dipendente pubblico che si
appropria di denaro dei contribuenti senza titolo ma che di fatto non ne
ha la disponibilità. Infatti, vanno assolti il sindaco e il comandante dei
vigili che deliberano, senza titolo, il versamento delle somme dovute per
infrazioni al codice della strada su un conto del comune in attesa
dell’attivazione di quello appartenente al consorzio formato con altri
enti locali, unico legittimato a ricevere il denaro.
Lo ha stabilito
la Corte di cassazione che, con una sentenza 15 gennaio 2010, ha annullato
senza rinvio la condanna disposta nei confronti del sindaco e del
comandante dei vigili che avevano fatto confluire (senza titolo) delle
somme dovute per delle multe su un conto dell’ente locale in attesa
dell’attivazione di quello creato per il consorzio fra i comuni vicini.
Non si configura il reato di peculato, – hanno mottivato i giudici –
qualora all’atto di disposizione del denaro da parte del pubblico
ufficiale, non corrisponda un’appropriazione dello stesso. Il presupposto
del reato è infatti rappresentato dal possesso di denaro dovendo tale
nozione intendersi comprensiva non soltanto della “detenzione materiale
della cosa”, ma anche della sua “disponibilità giuridica”, nel senso che
il soggetto agente deve essere in grado, mediante un atto dispositivo di
propria competenza, di inserirsi nella disponibilità del danaro e di
conseguire quanto poi oggetto di appropriazione. Ne consegue che la ”
inversione del titolo del possesso” da parte del pubblico ufficiale
presuppone che la condotta realizzata riveli il suo atteggiarsi uti
dominus rispetto al danaro del quale ha il possesso in ragione del proprio
ufficio, in modo che l’appropriazione sia l’effetto anche di atti di
disposizione giuridica del danaro, indisponi bile in ragione di norme
giuridiche o di atti amministrativi. In altri termini, il potere di
disposizione può essere solo il presupposto del peculato e non può mai
essere identificato con la condotta tipica che è e resta in ogni caso
l’appropriazione.