Non e’ reato inviare foto oscene tramite programmi di messaggistica istantanea
Con la sentenza 24670/2012 la Corte di Cassazione ha ritenuto non configurabile il reato di cui all’art. 660 c.p. (Molestia o disturbo alle persone) nella condotta di chi invia messaggi e immagini a contenuto osceno a minore attraverso programmi di messaggistica istantanea (nel caso di specie MSN).
« […] 3.5 – L’uso della messaggistica elettronica non costituisce invero comunicazione telefonica, nè è assimilabile alla stessa.
Tale sistema di comunicazione, sebbene utilizzi la rete telefonica e le bande di frequenza della rete cellulare, non costituisce, tuttavia, applicazione della telefonia che consiste, invece, nella teletrasmissione, in modalità sincrona, di voci o di suoni; e si caratterizza sul piano della interazione tra il mittente e il destinatario – in relazione al profilo saliente dell’oggetto giuridico della norma incriminatrice – per la incontrollata possibilità di intrusione, immediata e diretta, del primo nella sfera delle attività del secondo.
Significativamente la Corte territoriale ha argomentato con riferimento al “carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi”, se non a prezzo di disattivare la propria utenza (telefonica), con conseguente nocumento della libertà di comunicazione.
Ma siffatto rilievo non è pertinente al caso di specie delle comunicazioni (moleste) effettuate dal ricorrente mediante la messaggeria telematica (MSN).
Hanno, infatti, accertato i giudici di merito che l’invio dei messaggi e delle foto oscene da parte dell’imputato fu reso possibile solo grazie alla abilitazione allo scambio degli MSN, concessa dalla madre della persona offesa (sostituitasi alla figlia), in seguito alla “richiesta di contatto su MSN Messenger” inoltrata dal ricorrente (v. la sentenza di primo grado, p. 2); e che, non appena la vittima, inserì l’identificativo telematico del giudicabile “nella black list” dei mittenti indesiderati, pose immediatamente termine ad ogni contatto e invio da parte del prevenuto (v. ibidem p. 3).
A differenza della comunicazione fatta col mezzo del telefono, la messaggeria telematica non presenta, pertanto, il “carattere invasivo”, erroneamente supposto dalla Corte territoriale, ben potendo il destinatario di messaggi non desiderati da un determinato utente (sgradito), evitarne agevolmente la ricezione, senza compromettere, in alcun modo, la propria libertà di comunicazione, neppure in relazione all’impiego della particolare tecnologia in parola.
3.6 – Conclusivamente, escluso l’elemento della fattispecie penale del mezzo (tipizzato) del reato (in quanto, appunto, il messaggio telematico non è assimilabile alla comunicazione col mezzo del telefono), la contravvenzione non è configurabile.
Infatti, l’evento immateriale – o psichico – del turbamento del soggetto passivo costituisce condizione necessaria ma non sufficiente della previsione di cui all’art. 660 c.p..
Per integrare la contravvenzione prevista e punita dall’art. 660 c.p., devono, invero, concorrere (alternativamente) gli ulteriori elementi circostanziali della condotta del soggetto attivo, contemplati dalla norma incriminatrice: la pubblicità (o l’apertura al pubblico) del teatro dell’azione ovvero l’utilizzazione del telefono come mezzo del reato.
E il mezzo telefonico assume rilievo – ai fini dell’ampliamento della tutela penale altrimenti limitata alle molestie arrecate in luogo pubblico o aperto al pubblico – proprio per il carattere invasivo della comunicazione alla quale il destinatario non può sottrarsi, se non disattivando l’apparecchio telefonico, con conseguente lesione, in tale evenienza, della propria libertà di comunicazione, costituzionalmente garantita (art. 15 Cost., comma 1).
E giova, in proposito, ricordare, infine, che questa Corte, nel fissare il principio di diritto della inclusione nella previsione della norma incriminatrice dei messaggi di testo telefonici (Sez. 3, 26 giugno 2004, n. 28680, Modena, massima n. 229464: “La disposizione di cui all’art. 660 c.p. punisce la molestia commessa col mezzo del telefono, e quindi anche la molestia posta in essere attraverso l’invio di short messages System – SMS – trasmessi attraverso sistemi telefonici mobili o fissi”), ha, per l’appunto, argomentato che “il destinatario di (detti SMS) è costretto, sia de auditu che de visu, a percepirli, con corrispondente turbamento della quiete e tranquillità psichica, prima di poterne individuare il mittente, il quale in tal modo realizza l’obiettivo di recare disturbo al destinatario” […] ».