Non è vessatoria la clausola che prevede rivalsa su assicurato che al momento dell’incidente era in stato di ebrezza
Con la sentenza n. 11373 depositata il 23 maggio 2011, la Corte di cassazione ha stabilito che non può considerarsi vessatoria la clausola del contratto assicurativo che prevede la rivalsa dell’assicuratore in caso di guida del veicolo in stato di ebbrezza. Secondo la terza sezione civile del Palazzaccio che ha rigettato il ricorso dell’assicurato, è legittima la rivalsa dell’assicuratore in caso di guida del veicolo assicurato da parte di un conducente in stato di alterazione alcolica, oggettivamente accertata e non contestata, con essa intendendo semplicemente le parti delimitare l’oggetto del contratto, restringendo il rischio assicurato unicamente al veicolo condotto da una persona, anche diversa dall’assicurato, in condizioni non alterate dall’uso di alcool o sostanze stupefacenti e a nulla rilevando la doppia sottoscrizione della clausola stessa. Secondo la ricostruzione della vicenda, con atto di citazione la società di assicurazioni conveniva l’assicurato per sentirlo condannare, a titolo di rivalsa, al pagamento di 3 miliardi, avendo la società risarcito i danneggiati per un sinistro causato dall’assicurato che guidava in stato di ebbrezza alcolica. A sostegno della domanda, la società richiamava la clausola del contratto che prevedeva la rivalsa dell’assicurazione in caso di guida in stato di ebbrezza. Il convenuto però eccepiva la nullità ed inefficacia della clausola stessa (ex art. 1469 c.c.) in quanto determinante un forte squilibrio fra i diritti e i doveri delle parti contrattuali per comportamenti colposi posti in essere da persona diversa dal contraente che, nel caso di specie, era il figlio dell’assicurato. In seguito alla condanna, il contraente impugnava la sentenza in Cassazione. Gli Ermellini però respingevano il ricorso precisando che “va ribadita la tradizionale distinzione, operata dalla giurisprudenza di questa Corte, tra clausole limitative della responsabilità e quelle che delimitano il rischio garantito. Appartengono al primo tipo le clausole che limitano le conseguenze della colpa e dell’inadempimento o escludono il rischio garantito; sono del secondo tipo le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa ed in una parola specificano il rischio garantito. Deve poi aggiungersi che l’interpretazione delle clausole di un contratto di assicurazione in ordine alla portata ed all’estensione del rischio assicurato rientra nei compiti del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed assistita da congrua motivazione. Ciò costituisce specifica applicazione in tema di interpretazione del contratto di assicurazione di un principio generale applicabile all’interpretazione di ogni contratto. Con riferimento al caso di specie, con motivazione adeguata e logica i giudici di appello hanno preso in esame le clausole contrattuali in contestazione ed hanno concluso che le stesse delimitavano l’oggetto del contratto di assicurazione e non potevano considerarsi limitative della responsabilità, escludendone dunque la vessatorietà. Attraverso le stesse, infatti, venivano circoscritti i limiti della copertura assicurativa con la esclusione di specifici casi di circolazione anormale, in conseguenza della condizioni soggettive del conducente. Con la clausola che prendeva la rivalsa dell’assicuratore in caso di guida del veicolo assicurato da parte di conducente in stato di alterazione alcolica, oggettivamente accertata e non contestata, le parti avevano inteso semplicemente stabilire che il rischio assicurato riguardava un veicolo condotto da soggetto, anche diverso – come in questo caso – dalla persona dell’assicurato, in condizioni non alterate da uso di alcool (ovvero sostanze stupefacenti)”.