Non esistono giustizie di serie “A” e di serie “B”
Dopo quasi una anno di silenzio sul tema la sentenza del 19 novembre 2007, n. 23993 segna un nuovo punto a favore dei diritti degli utenti.
Una svolta, nel senso di un orientamento finora ritenuto minoritario, che agisce nel verso di diminuire il profondo divario fra l’utente dei servizi ed una pubblica amministrazione, sempre meno pubblica, e sempre più amministrazione in quanto a proceduralismi inutili e dannosi.
Pochi,ma di grande importanza i punti salienti della pronuncia. In primis la Corte ribadisce che l’assunto di cui all’art. 91 c.p.c., in base al quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa sia, benchè spesso lo si dimentichi, un principio, e non un capriccio di contribuenti avidi o avvocati troppo bravi nel loro mestiere!
Di qui le conseguenze scorrono, per gli Ermellini, come acqua limpida da fonte di verità: l’abusato art. 92 c.p.c., rappresenta l’eccezione, e non la regola e in quanto eccezione è sottoposta a limiti ben precisi.
Per cui “laddove l’onesto contribuente sia stato assoggettato ad esazione fiscale senza che ne ricorressero i presupposti, ed sia stato costretto a difendersi in giudizio, anticipandone le spese, la compensazione delle stesse rappresenta lesione della effettività del diritto alla tutela giurisdizionale.
In altre parole, se la legge riconosce al cittadino vessato da un’amministrazione svogliata e prepotente, il diritto a difendersi (almeno quello), è l’amministrazione in errore a dover pagare, e non certo l’utente che vedrebbe aggiungersi al danno anche la beffa, tornandosene a casa con una ben triste vittoria di Pirro.
Dal punto di vista strettamente giuridico, ritenere, ex tabulas, come l’orientamento finora maggioritario, contro ogni logica giuridica, aveva sostenuto, l’utente vittorioso come costretto a sopportare le spese del proprio giudizio, significherebbe riconoscere una tutela quantomeno condizionata, in quanto tale ammissibile solo nei casi espressamente previsti dalla legge, e la legge, ribadiscono i Supremi Giudici, non dice questo, ma esattamente il contrario.Quindi, valga per tutti che, qualora il giudice compensi le spese del giudizio proposto dal procuratore del contribuente avverso un provvedimento infondato della pubblica amministrazione, la sentenza vada impugnata. I casi sono due.
Nel caso in cui il giudice non abbia addotto dei “giustificati motivi”, così come prevede l’art. 92 c.p.c., per violazione di legge.
Qualora, invece, l’interpetre si sia appellato all’esistenza di tali motivi, a giustificazione dell’esercizio del suo potere discrezionale, sarà sempre possibile agire per far valere l’incosistenza od evidente erroneità del procedimento formativo della volontà del giudice, sub specie di un vizio di motivazione.
Ci batteremo affinchè anche le lunghe file agli sportelli, la rinuncia ad altre attività, lo stress dovuto alla minaccia di provvedimenti ingiusti e non capiti, vadano riconosciuti perché un errore resta sempre un errore e va risarcito, anche se si tratta di tributi, e soprattuto se a sbagliare è la pubblica amministraione!!!!