Non merita attenuanti generiche chi non si attiva per far risarcire dall’assicurazione il lavoratore infortunato
In materia di sicurezza sul lavoro, con la sentenza n. 39535 depositata il 2 novembre 2011, la quarta sezione penale ha stabilito che, nell’ambito di una condanna per lesioni colpose, non ha diritto al riconoscimento delle attenuanti il presidente del consiglio di amministrazione che non fa pressione sull’assicurazione affinchè il lavoratore infortunato ottenga subito il risarcimento. La sentenza della quarta sezione penale del Palazzaccio è l’esito del ricorso del Presidente del cda di una spa che, in seguito alla condanna per lesioni colpose, chiedeva ai giudici di legittimità il riconoscimento delle attenuanti generiche. In primo grado il Tribunale di Verbania, aveva condannato per lesioni colpose il presidente del Consiglio di Amministrazione di una spa per un infortunio occorso a causa della violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. L’imputato veniva condannato alla pena di due mesi di reclusione. In fatto, era accaduto che un’operaia addetta ad una pressa meccanica, mentre era intenta alla lavorazione di un pezzo di ricambio, a causa dell’improvvisa discesa del blocco dello stampo, aveva subito lo schiacciamento delle mani, da cui era derivata l’amputazione della falange con indebolimento permanente dell’organo della prensione. Secondo l’accusa, condivisa dal giudice del merito, l’infortunio era stato determinato dal cattivo funzionamento del sistema frenante della pressa, che presentava uno stato di avanzata usura e l’assoluta mancanza di interventi manutentivi che avrebbero permesso alla macchina di riacquistare della sua efficienza. Dopo il rigetto dell’appello da parte dei giudici di secondo grado, l’imputato presentava ricorso per cassazione eccependo la violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 62 n. 6 del codice penale, ingiustamente negata solo perché il risarcimento, eseguito da una società assicuratrice, è intervenuto con pochi giorni di ritardo rispetto alla data di apertura del dibattimento. Rigettando il ricorso per inammissibilità e manifesta infondatezza, la Corte ha confermato le decisioni di dei giudici di merito spiegando che “i giudici del merito hanno giustamente rilevato la tardività del risarcimento, peraltro ammessa, sia pure per soli nove giorni, dallo stesso ricorrente. L’infortunio, peraltro, risale all’anno 2003, di guisa che vi erano certamente spazi e possibilità per l’imputato di intervenire presso l’assicurazione per ottenere un sollecito risarcimento, ovvero di provvedervi personalmente, senza prolungare l’attesa della persona offesa fino al gennaio 2006”.