Non punibile il tentativo di estorsione con minacce ai danni di un familiare
Niente vie di fuga per i genitori tiranneggiati in casa propria dai figli anche se maggiorenni. Non sono punibili, infatti, le minacce alla madre da parte del figlio, affinché gli dia del denaro. A prevederlo è il codice penale con una clausola di non punibilità che scatta quando il reato è commesso ai danni del marito o della moglie, della madre o del padre e anche di fratelli e sorelle, purché però conviventi. Con questa motivazione, la seconda sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 18273 di oggi (si legga il testo integrale sul sito di Guida al diritto), ha assolto perché “non punibile”, ai sensi dell’articolo 649 del Cp, un signore di 54 anni della provincia di Brescia che aveva provato ad estorcere all’anziana madre 30mila euro.
Senza violenza non scatta il reato
Secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, se non vi è “violenza alle persone” si rientra nelle ipotesi di esclusione della punibilità. Anche se, ricorda il Supremo collegio, vi è stato un illustre pronunciamento di segno opposto, in cui la Cassazione riconobbe, in un caso simile, comunque sussistente una forma di violenza sia pure di carattere “morale”. “Tuttavia – prosegue la Corte – considerato che tale pronuncia è rimasta isolata”, allora è “più convincente la decisione che restringe l’esclusione delle cause di non punibilità alla sola ipotesi di tentativo con violenza alla persona”. Evitando così estensioni analogiche in malam partem. Infatti, il codice penale prevede come punibile “esclusivamente la violenza fisica in senso tecnico e specifico” che “non può essere confusa con la semplice minaccia o violenza psichica”. Non basta dunque “l’annuncio, anche con gesti, di un male ingiusto futuro con scopo intimidatorio diretto a restringere la libertà psichica o a turbare la tranquillità altrui” ma è sempre necessaria “l’energia fisica sopraffattrice verso una persona o una cosa” per integrare il reato verso i propri congiunti.