“Non puoi chiamarla adultera” La Cassazione: è diffamazione
ROMA –
Tempi duri per coloro che sono inclini a insultare la moglie altrui.
Rischia una condanna per diffamazione e ingiuria, infatti, chi accusa
in pubblico una donna sposata di aver commesso un adulterio.
Lo ha stabilito la Cassazione, rigettando il ricorso di un uomo,
Colombo D., contro una sentenza del tribunale di Aosta. I giudici lo
avevano ritenuto responsabile dei reati di ingiuria e diffamazione ai
danni di una donna. E lo avevano condannato al pagamento di una multa
complessiva pari a 572 euro e ad un risarcimento dei danni di 1000 euro
in favore della parte offesa.
Il signor Colombo, durante una lite, aveva accusato la moglie di un
conoscente di averlo tradito, e di averlo fatto come pagamento in
natura per alcuni lavori edili eseguiti per i coniugi dall’ipotetico
amante.
Per la Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza n.33304) la
decisione del tribunale d’Aosta che aveva condannato l’imputato è
correttamente motivata.
Era infatti “risultato pacificamente comprovato” che l’imputato aveva
dichiarato al marito della persona offesa, in presenza di altri, che la
donna aveva avuto rapporti sessuali con un altro uomo. E l’aveva
dipinta “come un’adultera e in definitiva come una sorta di prostituta
che pagava lavori edili col proprio corpo”.
Alla luce di ciò, sottolinea la Cassazione approvando la tesi del
giudice di merito, “accusare una donna sposata di adulterio è
certamente fatto idoneo a ledere la di lei reputazione”.