Nuova riforma della scuola: più tecnici, meno filosofi
una “tempesta” di numeri: nei licei e in tutti gli istituti secondari
superiori si prevede a breve scadenza un’iniezione massiccia di
cognizioni scientifico-matematiche. E’ la rivincita delle scienze
esatte sulla filologia classica. «E’ la tendenza del nostro tempo»,
precisa il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Tra un paio
di settimane il riordino delle scuole superiori approderà in Consiglio
dei ministri e, sostiene il ministro, si tratterà di «una riforma
epocale».
Perché, ministro, definisce la sua riforma “epocale”?
«Perché
è la prima vera riforma della scuola da qualche decennio a questa
parte. Diciamo dal 1923, dai tempi della Riforma Gentile. Io ho seguito
la strada tracciata dalla Moratti».
Quali sono i cardini di questa riforma?
«Il
cardine è uno solo: che si fa finalmente ordine nel sistema delle
superiori razionalizzando i corsi e gli indirizzi. Ridurremo gli
indirizzi di studio dei licei da 510 a 9 e degli istituti tecnici da
204 a 11».
Quali saranno i nuovi indirizzi?
«Per i licei
resteranno il classico, lo scientifico, il linguistico e l’artistico.
Quest’ultimo avrà, a sua volta, tre nuovi indirizzi. Si aggiungeranno,
inoltre, due nuovi licei: il musicale-coreutico e il liceo delle
scienze umane».
Che cos’è il liceo musicale-coreutico?
«E’ un liceo legato alle arti musicali, al coro, al canto e alla danza».
Diceva che anche gli indirizzi di studio degli Istituti tecnici verranno “razionalizzati”…
«Sì.
Saranno suddivisi in due macro-aree: un settore economico e un settore
tecnologico. Così daremo un senso anche agli Istituti tecnici».
Un senso, lei dice. Ma qual è la filosofia complessiva del suo progetto di riforma della scuola?
«Lo
spirito è quello di rilanciare l’educazione tecnica e professionale. In
un’epoca di crisi come l’attuale i ragazzi possono avere delle
opportunità puntando molto sugli Istituti tecnici, che non sono scuole
di serie B rispetto ai licei, come qualcuno pensa. Credo molto nella
formazione tecnica: è quello che il mercato chiede».
Quindi, più Istituti tecnici e meno licei: è questa la sua ricetta?
«Non
voglio denigrare i licei. Ma riaffermo che gli Istituti tecnici sono
scuole di grande dignità e che in questo momento rispondono meglio alle
esigenze del mercato. Non bisogna fare il liceo per forza e sono sicura
che il segnale sarà recepito dai ragazzi».
Ma ci sarà più matematica anche nei licei?
«Sì,
è la tendenza. Pur mantenendo l’impostazione tradizionale, anche nei
licei verrà potenziato l’insegnamento della matematica».
E le lingue straniere?
«Potenzieremo
l’inglese. Alla scuola media le famiglie potranno decidere se avvalersi
delle ore dedicate alla seconda lingua per permettere ai loro figlioli
di seguire soltanto corsi di Inglese. E al liceo classico ci sarà
l’obbligatorietà della lingua inglese per tutti e cinque gli anni di
corso».
E’ vero che il debutto della nuova versione dell’esame di terza media slitta al prossimo anno?
«Sì,
è vero. Il sistema di valutazione che abbiamo messo in piedi slitterà
all’anno prossimo perché deve fare tutto l’iter del Consiglio di Stato
e creerebbe disagio farlo a soli 5 giorni dall’esame. Vorrà dire che,
per quest’anno, ci resterà la novità del voto in condotta».
A proposito, lei è soddisfatta di questa novità? Le risulta che i fenomeni di bullismo a scuola stiano diminuendo?
«Certo,
come no. I riscontri ci sono: nel primo quadrimestre alle superiori c’è
stata una valanga di 5. Decine di migliaia di 5 in condotta. I ragazzi
ora cominciano a preoccuparsi perché 5 vuol dire perdere l’anno. Finché
si scherzava, nel primo quadrimestre… ma ora il ragazzo sa che se
prende 5 viene bocciato, quindi è un deterrente molto forte. Gli
insegnanti sono molto contenti perché è uno strumento grazie al quale
possono controllare meglio la classe».
Ministro, lei ha detto di
voler legare al merito le carriere e i salari dei professori. Ne
consegue che i presidi potranno chiamare gli insegnanti che vogliono,
quelli che ritengono più preparati, infischiandosene delle graduatorie.
Quale sarà il criterio di scelta dei presidi? E che cosa diranno gli
insegnanti che finora se ne sono stati buoni buoni in fila indiana ad
aspettare il loro turno?
«E’ un argomento veramente complesso,
che stiamo studiando. Ci sono anche delle proposte depositate in
Parlamento e c’è un confronto con l’Associazione nazionale Presidi e
con i sindacati. E’ un tema cruciale, perché senza valutazione non c’è
qualità».
Sì, ma come valutare i professori già in graduatoria?
«E’
materia di riflessione. Ancora non c’è una proposta, credo che ci sarà
nel giro di un mese, un mese e mezzo. Il sistema scolastico inglese,
che è tornato ad essere di qualità, è partito con Tony Blair dalla
valutazione delle scuole. Gli ispettori di Sua Maestà andavano nelle
scuole a vedere come insegnavano i professori e da lì la scuola
inglese, che era ridotta molto male negli anni 90, è ripartita. Da qui
bisogna ripartire pure noi, la valutazione è tutto».
Basterà l’adozione di un codice etico contro i nepotismi a risollevare le sorti dell’Università?
«Stiamo
studiando tante norme che, tutte insieme, segneranno la rivoluzione
copernicana delle Università. O si cambia o l’Università italiana va
verso il declino. Questa è l’ultima occasione per rilanciare
l’Università e per rilanciare anche una mentalità, quella del merito e
della qualità, per cui una persona brava può andare avanti anche con
pochi mezzi economici. Le Università sono fatte non per dare posti di
lavoro, ma per premiare i ricercatori più bravi».