Nuovo allarme Vesuvio, anno zero sui progetti delle vie di fuga
Vesuvio, non decollano i piani di fuga dalle zone del rischio. Nessun motivo di allarme, per il momento, ma i programmi della Protezione Civile si sono bloccati.
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scenario ambientale non è cambiato (anche se gli abusi edilizi sono
leggermente diminuiti), le strade che circondano il cratere sono poche,
dissestate e sempre intasate, le infrastrutture carenti, come gli
ospedali, le scuole, i servizi sociali in tutti i diciotto Comuni della
zona rossa (seicentomila abitanti) addensata intorno al cratere.
Scappare via dal vulcano, in caso d’improvvisa necessità,
significherebbe precipitare nel baratro di una trappola fatale. Ben lo
sanno i sindaci e gli amministratori comunali, che inutilmente
continuano a sollecitare Prefettura, Regione, Protezione Civile a
riprendere i fili della paziente tessitura avviata nel ’96 con il varo
del primo piano nazionale di sicurezza per uno dei comprensori a più
alto rischio vulcanico del mondo, perché più densamente abitato.
Il succedersi incalzante delle grandi catastrofi naturali hanno fatto
un tantino slittare l’attenzione sui temi della sicurezza nell’area
vesuviana, anche se i vertici nazionali della Protezione Civile
assicurano di non aver mai mollato di un solo millimetro la guardia sul
fronte napoletano.
Di fatto le esercitazioni intercomunali sono ferme dall’ultimo
appuntamento, di quattro anni fa, mentre la commissione ministeriale
che dovrebbe coordinare i diversi interventi di prevenzione non si
riunisce da molto tempo e ancora non è riuscita a varare il piano di
sicurezza dei Campi Flegrei, dove bisognerà garantire la sicurezza di
quanti abitano (trecentomila persone) delle periferie occidentali di
Napoli, oltre che di Pozzuoli, Bacoli, Quarto, Monte di Procida.