Nuovo esame terza media: arriva il ‘quizzone’
Cambia l’esame di terza media. Alle prove
di routine si aggiunge un “quizzone”, una prova nazionale uguale per
tutti, con un test a risposte chiuse. Riguarderà l’italiano e la
matematica. L’obiettivo è quello di valutare con criteri scientifici le
capacità logiche e i livelli di comprensione della lingua. In modo da
stabilire quale sia l’effettivo standard di preparazione dei nostri
alunni da Milano a Palermo. Lo chiede l’Europa, lo chiede l’Ocse, per
il raggiungimento di obiettivi comuni. «Il punteggio ottenuto con i
test – fa sapere il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini –
concorrerà al voto finale. Ciascun candidato riceverà un plico
prestampato, che conterrà le domande». La prova sarà strutturata
dall’Invalsi, l’Istituto nazionale di valutazione, e si svolgerà il 18
giugno in tutta Italia (la data è stata stabilita dal ministero, il
calendario delle altre prove, invece, grazie all’autonomia potrà essere
deciso dai singoli istituti). Eravamo l’unico Paese a non avere un test
nazionale misurabile. In passato un tentativo lo avevano fatto
Berlinguer e altri ministri, con la terza prova della maturità. Ma una
serie di veti incrociati fece naufragare il progetto e il quiz dei
maturandi, lasciato alle singole commissioni, perse il valore che
avrebbe dovuto avere.
Ora la scuola italiana sa di non avere più
chance: o riguadagna terreno o resta in fondo alle classifiche
internazionali. Per questo il Consiglio dei ministri, su proposta della
Gelmini, ha varato una serie di provvedimenti «per riportare il merito
tra i banchi». A giugno toccherà ai ragazzini che escono dal triennio
dimostrare quello che hanno imparato. Tuttavia per loro si profila un
percorso a ostacoli. Gli esami saranno più rigorosi e sarà più
difficile conquistare una votazione alta. In compenso il voto,
abbandonati gli stereotipi dei giudizi, potrebbe riacquistare maggiore
credibilità.
Viale Trastevere ha reintrodotto la valutazione in
decimi. Non ci sono più “insufficiente”, “discreto”, “buono” e
“ottimo”. Proprio sull’ottimo si combatte la guerra di chi vorrebbe
toccare le vette dell’eccellenza. Prima bastava essere tra i migliori
per strappare ottimo, ora, con i numeri, c’è un più ampio
scaglionamento. Insomma, la parola ottimo si scomporrà in numeri che
possono andare dall’8 al 10, con la coloritura dei più e dei meno,
rendendo più difficile la scalata verso il punteggio massimo. In ogni
caso, gli alunni che otterranno 10 decimi potranno anche ricevere la
lode. A ripristinare i voti numerici è stata la legge 169 dello scorso
30 ottobre, che oltre ai voti ha stabilito anche che per essere ammessi
all’esame occorre riportare una votazione non inferiore a sei decimi in
ogni disciplina, condotta compresa.
Ma quanti sono i
candidati? 500 mila delle statali, più 100 mila delle paritarie. La
nuova formula d’esame prevede che, oltre ai tradizionali «scritti» di
italiano, matematica, e lingue straniere (decisi dalle singole scuole),
i 600 mila studenti che si presenteranno al primo importante
appuntamento del loro percorso scolastico debbano sostenere anche la
prova Invalsi. Prova che riveste grande rilievo, vediamo perché. Dopo
una lunga sperimentazione (durata anni) fatta su classi-campione, gli
alunni che completano il ciclo delle medie dovranno affrontare un test
nazionale, strutturato con criteri scientifici permetterà di dare una
valutazione oggettiva dei livelli di apprendimento in italiano e
matematica. Però c’è un punto debole: i test non saranno corretti
dall’Invalsi. Saranno le singole commissioni (composte dai docenti di
classe) a correggere e a dare il voto. «Vero – commenta il ministero –
ma gli insegnanti seguiranno le direttive dell’Invalsi e per garantire
la regolarità dell’operazione in ogni scuola ci sarà un referente
dell’Istituto di valutazione».
I professori della commissione,
per arrivare al voto finale, dovranno calcolare la media aritmetica di
sette-otto prove: il giudizio di ammissione (espresso in decimi),
tre-quattro prove scritte tradizionali, le due prove scritte Invalsi e
il colloquio. Con questa modalità di calcolo sarà arduo ottenere il
punteggio massimo (10 e lode), perché occorrerebbe meritare 10 in tutte
le prove. Il voto ottenuto nei quiz, poi, avrà un peso reale nella
formulazione del giudizio finale, peserà per il 10 per cento. Fino
all’anno scorso, invece, nelle scuole-pilota tutto era affidato alla
discrezionalità degli insegnanti.
Ma qual è il clima nelle
scuole? Il nuovo esame, in mancanza del regolamento attuativo ancora
bloccato alla Corte dei Conti, crea incertezze. «Anche perché – spiega
Anna Rita Bruni, preside dell’Istituto comprensivo di via Castelseprio
a Roma – ci viene chiesta una valutazione parallela sulle abilità e
sulle competenze trasversali in più discipline. Come dare voti numerici
alle abilità? Non avendo indicazioni ci stiamo organizzando a livello
di “rete” territoriale con decisioni unanimi di diverse scuole».