Obbligazione del medico, obblighi di diligenza e consenso informato
Il quesito:
- Il medico ha l’obbligo di
informare il paziente dei rischi anche minimi connessi all’opeazione,
compresi tra lo 0,1 e il 2 per cento di rischio?
Il caso
La fattispecie
Con
citazione del 21 settembre 1995 l’ ingegnere Tizio, conveniva dinanzi
al Tribunale di Bologna il medico Caio. chiedendone la condanna al
risarcimento dei danni – che quantificava in lire un miliardo e cento
milioni – per la quasi totale perdita della vista in conseguenza del
duplice intervento chirurgico di cataratta subito all’età di
sessantasei anni, sull’occhio destro, eseguito dal convenuto il omissis.
Nel giudizio di primo e secondo grado viene accertato che:
1)
Tizio si era sottoposto a ripetute visite ed il Dott. Caio. gli aveva
assicurato il buon esito dell’operazione, definita di routine, poiché
l’occhio era sano e le sue condizioni generali buone;
2)
mentre il predetto dottore eseguiva l’intervento si era verificata,
secondo la diagnosi dello stesso “un’emorragia ciliare e la rottura
capsulare posteriore, con caduta di frammenti, nucleari in camera
vitrea”;
3) eseguita pertanto dal Dott. Caio. una vitrectomia
anteriore era costretto, a causa dell’emorragia, a sospendere
l’intervento; il medico comunicava all’attore, ancora non del tutto
ripresosi dall’anestesia, che era necessario un secondo intervento di
cui assicurava l’esito positivo, senza accennare alla gravità delle
complicanze già verificatesi;
4) dopo quattro giorni eseguiva
il secondo intervento che non riusciva a portare a termine a causa di
un’altra emorragia e solo allora consigliava il paziente di recarsi con
urgenza a omissis, dal prof. L. per “intervento urgente di vitrectomia
in centro di altissima specializzazione”, ma questi concludeva che
ormai l’occhio era irrimediabilmente compromesso, come confermato
successivamente dal prof. D. M.
5) All’udienza di precisazione
delle conclusioni Tizio , che nell’atto introduttivo aveva chiesto il
risarcimento del danno per l’errato intervento del medico, chiede il
risarcimento anche per l’omesso obbligo di informare il paziente dei
rischi che correva.
preciserà che negli interventi di questo tipo il rischio dell’evento
accaduto si aggira su percentuali dallo 0,1 al 2 per cento.
La sentenza di primo grado
Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda ritenendo.
a)
Tizio all’udienza di precisazione delle conclusioni, aveva chiesto la
condanna del Caio. anche per violazione degli obblighi di informazione,
ma non perciò aveva modificato – secondo il tribunale – la domanda
originaria perché la pretesa risarcitoria sin dall’atto di citazione si
fondava, inequivocabilmente dal contesto, anche sull’asserita mancanza
di idonea informazione sui possibili rischi del doppio intervento
ed in particolare del secondo, in relazione al quale il Tizio, se
adeguatamente informato, avrebbe potuto rivolgersi ad altro
specialista;
b) pur essendo obbligazioni di mezzi quelle
inerenti all’attività professionale, in relazione alle quali rilevano
un grado di diligenza specifico per l’attività esercitata – art. 1176,
secondo comma, c.c. – e l’esclusione della responsabilità in
fattispecie di particolare difficoltà, in assenza di dolo o colpa grave
(art. 2236 c.c.), tuttavia il medico Caio, come era provato, in questo specifico caso aveva assunto l’obbligo del risultato avendo garantito il positivo esito dell’operazione, rappresentata come di semplice routine;
c)
nonostante questo mancava qualsiasi responsabilità sotto il profilo del
mancato raggiungimento del risultato promesso, infatti: 1) le
consulenze di ufficio avevano concordato nel ritenere la mancanza di
colpa, anche lieve, nella esecuzione del duplice intervento; 2) secondo
le relazioni peritali l’intervento di cataratta non implica problemi di
particolare difficoltà, e in quello specifico caso l’intervento doveva
ritenersi necessario; peraltro in mancanza di patologie del paziente,
il pericolo variava in una percentuale dallo 0,1% al 2%, quindi
talmente esiguo da escludersi la colpa del medico; 3) l’interruzione
del primo intervento ed i tempi e modi di esecuzione del secondo –
qualificato di particolare difficoltà dagli stessi C.T.U. – erano
tecnicamente corretti;
d) il medico Caio non aveva adempiuto
all’obbligo di informare il paziente delle eventuali complicanze,
essendogli anzi stata assicurata la mancanza di qualsiasi rischio;
e)
nemmeno per il secondo intervento Caio. aveva adempiuto all’obbligo
dell’informazione perché il Tizio era da poco uscito dall’anestesia e
perciò non in era grado di recepire pienamente le informazioni
fornitegli e comunque il secondo intervento era stato, secondo i
C.T.U., conseguenza necessaria del primo, e pertanto l’obbligo di
informativa in relazione a questo secondo intervento doveva esser
collegato al primo.
In conclusione:
1) l’obbligazione in questione deve essere considerata di risultato,
2)
il medico non doveva ritenersi responsabile a titolo di colpa
considerando che il fatto si era verificato per una causa sconosciuta e
considerando l’esigua possibilità del suo verficarsi;
3) il
medico tuttavia non aveva informato adeguatamente Tizio e doveva essere
ritenuto responsabile per violazione degli obblighi di informazione.
Sentenza di appello
Con sentenza del 20 luglio 2004
di appello di Bologna accogliendo il gravame di Caio, sulla sua
responsabilità per violazione dell’obbligo del consenso informato,
respingeva l’appello incidentale di Tizio sulle seguenti
considerazioni:
– il C.T.P. di parte attrice, pur avendo
ritenuto che l’emorragia ciliare poteva aver cagionato una lesione
destinata a risolversi naturalmente, non aveva evidenziato errori del
medico durante il primo intervento operatorio, né errori erano
evidenziati dall’esame delle cartelle cliniche avendo anzi i C.T.U.
concordato sulla necessità di interrompere il primo intervento;
– secondo gli stessi anche il secondo intervento era necessario per evitare una compromissione irreversibile della vista;
–
le conseguenze più devastanti, dovute alla emorragia espulsiva, non si
erano verificate durante il primo intervento perché era stato
prontamente interrotto;
– l’emorragia espulsiva è eccezionale
e quindi non preventivamente diagnosticabile, tanto più per le
condizioni generali buone del paziente, sottoposto ad anestesia
generale;
– la mancanza di un errore diagnostico o tecnico esclude l’incompetenza del medico
– quindi l’appello incidentale per imprudenza ed imperizia del medico doveva esser respinto;
– era da respingere anche l’appello principale di costui per mancanza di mutatio o emendatio libelli da parte del Tizio
in relazione alla domanda risarcitoria per violazione dell’obbligo del
consenso informato perché nell’atto di citazione erano stati riferiti
più episodi correlati a tale violazione in relazione alla quale era
stata articolata anche prova testimoniale;
– invece era da
accogliere l’appello del medico Caio. sulla mancata prova di
informazione del paziente, perché secondo uno dei testimoni della
difesa, Caio aveva informato Tizio sulle percentuali di rischio del
secondo intervento ed è irragionevole ritenere che non si fosse
comportato allo stesso modo per il primo intervento. Di conseguenza la
non concordanza tra i testi di parte attrice e quelli di parte
convenuta doveva esser valutata a sfavore della parte onerata della
relativa prova, e cioè della parte attrice; secondo la corte di
appello, dunque, l’obbligazione in questione è un obbligazione di mezzi
il cui onere della prova grava sull’attore,
– nonostante il
medico non avesse informato il paziente che esisteva un minimo rischio
(e anzi, ricordiamolo, avendo assicurato il risultato) non poteva
essere considerato inadempiente sotto questo profilo, per due ragioni:
1)
l’obbligo di informativa del paziente era limitato ai rischi
prevedibili, dovendosi evitare che il paziente, ingiustificatamente
allarmato, eviti di sottoporsi anche ad un banale intervento e
2)
per l’impossibilità di elencare al paziente anche le conseguenze remote
ed imprevedibili, come nella fattispecie la patologia verificatasi.
In conclusione, per
– non era ravvisabile colpa alcuna da parte del medico sotto il profilo della responsabilità professionale.
–
non era ravvisabile l’inadempimento all’obbligo di informazione, in
quanto l’operazione era di routine, e il medico non ha l’obbligo di
avvisare anche dei minimi rischi, imprevedibili, o assolutamente
improbabili.
Sintesi della questione
di Cassazione torna ad occuparsi dell’obbligazione del medico. Queste
le questioni di particolare interesse che rilevano nella vicenda:
1)
Nel caso in cui il medico assicuri il risultato, si inverte l’onere
della prova a favore del danneggiato e l’obbligazione diventa di
risultato?
2) Il consenso informato comprende l’obbligo di
informare anche relativamente agli eventi che hanno una minima
probabilità di accadere (in un arco di probabilità che varia dallo 0,1
al 2 per cento)?
3) Costiuisce modificazione della domanda
chiedere anche il risarcimento per violazione dell’obbligo di informare
il paziente, se comunque risulta evidente dall’impostazione della causa
e dalla narrazione dei fatti che l’attore si doleva anche di questo
aspetto della vicenda?
La sentenza
Va
ribadito in primo luogo che se la prestazione professionale è di
routine spetta al professionista superare la presunzione che le
complicanze sono state determinate da omessa o insufficiente diligenza
professionale, o da imperizia, o da inesperienza o inabilità
dimostrando che invece sono sorte a causa di un evento imprevisto ed
imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze
tecnico – scientifiche del momento (Cass. 2042/2005, 24791/2008,
975/2009).
In tal caso, è bene ricordarlo, l’obbligazione del
medico non è un’obbligazione di mezzi, ma si trasforma in
un’obbligazione di risultato, anche in considerazione del fatto che
nella fattispecie in esame era stata assicurata la certezza di un esito
positivo.
La sentenza impugnata ha violato tale principio, addossando al paziente l’onere della prova.
Ed
infatti i giudici di appello non specificano, né se i danni sono stati
cagionatì dalla tecnica chirurgica adoperata ovvero da imperizia o
inabilità del chirurgo, stanti le predette condizioni di buona salute
del paziente non in età avanzata, ovvero da una causa inevitabile con
la diligenza professionale; né specificano se il medico ha valutato con
scrupolo e prudenza la propria adeguatezza professionale; né i giudici
di appello indicano se era urgente porvi rimedio; né se le modalità
tecniche scelte e la loro concreta esecuzione escludono l’imperizia e/o
l’inesperienza del medico e che il relativo trattamento abbia avuto
incidenza causale sull’emorragia sopravvenuta; né le ragioni per le
quali il medico ha diagnosticato, erroneamente secondo la sentenza
impugnata, l’emorragia come ciliare anziché espulsiva; né le
conseguenze di questo primo errore di diagnosi sulla successiva
procedura operatoria intrapresa.
Quanto poi al secondo intervento per completare l’operazione di cataratta, secondo le accertate informazioni rese dal P.,
di merito esclude anche per esso l’imprudenza, la negligenza e
l’imperizia dell’operatore senza accertare se vi sia stata colpevolezza
nell’errore di diagnosi sulla natura della prima emorragia. Né veniva
provato, in corso di causa, se il predetto specialista aveva la perizia
e l’esperienza necessaria per eseguire la vitrectomia posteriore –
intervento definito di “particolare difficoltà” – e senza neppure
indicarne l’urgenza prima della seconda emorragia (anch’essa
erroneamente diagnosticata, ma senza che i giudici di appello indichino
se tale errore di diagnosi ha avuto influenza sull’eventuale non
interruzione immediata del secondo intervento, anche in considerazione
della piena restitutio in integrum che l’emorragia ciliare, a
differenza dell’espulsiva determina) al cui verificarsi soltanto il
Dott. Caio inviò il paziente in un centro di alta specializzazione.
Quanto
al problema del consenso informato, Il Tizio ha convenuto il medico con
semplici allegazioni di fatto limitando le conclusioni alla
responsabilità per esecuzione dei due interventi senza richiesta alcuna
di condanna del convenuto al risarcimento dei danni per non averlo
informato dei rischi dell’intervento; ed è indubbio che il giudice non
può creare una domanda non proposta e la domanda di responsabilità per
negligenza ed imperizia è diversa da quella per mancata informazione
del paziente, e a norma degli artt. 180 e 183 sono inammissibili sia la
mutatio, sia l’emendatio libelli.
Inoltre: l’obbligo di
rendere edotto il paziente anche di rischi minimi sussiste se è in
gioco un bene delicatissimo, come la vista, e l’onere di provarne
l’adempimento spetta al medico.
Il consenso informato,
espressione del diritto personalissimo, di rilevanza costituzionale,
all’autodeterminazione terapeutica, è un obbligo contrattuale del
medico perché è funzionale al corretto adempimento della prestazione
professionale, pur essendo autonomo da esso.
Nel caso di specie
i giudici di primo grado hanno accertato che il Dott. Caio aveva
garantito al tizio il positivo esito dell’intervento – tanto che il
Tribunale ha ritenuto che l’obbligazione assunta è stata di risultato –
non soltanto perché di routine, ma anche perché il paziente era in
buone condizioni di salute, aveva sessantasei anni, e gli occhi erano
sani. Quindi nessun rischio di esito negativo era stato prospettato e
questo è il consenso prestato da Tizio.
Concludendo il principio di diritto può riassumersi in questo modo: nelle
obbligazione di ruotine, qualora il paziente subisca un danno, spetta
al medico l’onere della prova che l’evento accaduto era assolutamente
eccezionale e imprevedibile.
Qualora ci sia un rischio,
anche minimo, di un evento negativo, se l’operazione va ad incidere su
un organo vitale di particolare importanza, il paziente va reso edotto
dei rischi anche minimi.
La sentenza impugnata va
conseguentemente cassata e la causa va rinviata per nuovo esame di
merito in relazione ai principi di diritto e agli accertamenti di
fatto, costituenti punti decisivi della controversia, innanzi
evidenziati. Il giudice di rinvio designato nella Corte di appello di
Firenze provvederà altresì a liquidare le spese, anche del giudizio di
cassazione.