Obbligo di distruzione documenti e intercettazioni illegali è in parte illegittimo
In parte è illegittima la norma che
impone la distruzione dei documenti e delle intercettazioni ritenute
illegali. Lo ha deciso la Corte costituzionale che ha così
accolto parzialmente la questione sollevata dal gip di Milano Giuseppe
Gennari nell’ambito del procedimento che vede imputati, tra gli altri,
l’ex capo della Security di Telecom Italia, Giuliano Tavaroli.
La
norma bocciata dalla Corte riguarda la nuova formulazione dell’art. 240
del codice di procedura penale modificato dal decreto, poi convertito
in legge nel novembre del 2006 con voto bipartisan, con cui il governo
Prodi intervenne all’indomani dell’arresto, tra gli altri, di Giuliano
Tavaroli, ex capo della security di Telecom, dell’investigatore privato
Emanuele Cipriani e dell’ex capo della sicurezza informatica Fabio
Ghioni. La norma imponeva la distruzione di tutto il materiale
illegalmente acquisito (comunicazione telefoniche, telematiche, ecc) in
un’udienza camerale celebrata dal gip che però avrebbe dovuto redigere
un verbale riassuntivo di quanto distrutto.
La Corte – si
legge in una nota di Palazzo della Consulta – ha dichiarato
l’illegittimità dell’articolo 240 del codice di procedura penale in due
punti: i commi 4 e 5, nella parte in cui non prevedono l’applicazione
delle stesse regole fissate per l’incidente probatorio (art.401,commi 1
e 2) durante l’udienza per la distruzione dei documenti; il comma 6,
«nella parte in cui non dice che il divieto di fare riferimento al
contenuto dei documenti, supporti e atti nella redazione del verbale»
di distruzione «non si estende alle circostanze inerenti la formazione,
l’acquisizione e la raccolta degli stessi documenti, supporti e atti».