Occupare case non è sempre reato
Chi, in situazione di grave indigenza, occupa abusivamente una casa popolare non commette reato. Lo sostiene la Cassazione che ha annullato con rinvio una decisione della Corte d’Appello di Roma: i giudici avevano infatti condannato una donna a una multa di 600 euro ritenendola responsabile del reato di occupazione abusiva di immobile di proprietà dell’Iacp. L’imputata ha fatto ricorso: per la Suprema Corte è fondato.
Il diritto alla casa è un “bisogno primario”. Così, per la Cassazione (sentenza 35580 di oggi) può essere prosciolto dall’accusa di occupazione abusiva chi si impossessa di un alloggio popolare, se versa in una situazione di grave indigenza. Tanto più se lo stato di necessità è aggravato dalla presenza di un minorenne. “Ai fini della sussistenza dell’esimente dello stato di necessità previsto dall’Art.54 del codice penale, rientrano nel concetto di danno grave alla persone – si legge nella sentenza – non solo la lesione della vita o dell’integrità fisica, ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona”. Nel ricorso presentato in Cassazione, la donna aveva fatto notare, che la Corte territoriale aveva “escluso lo stato di necessità” dell’occupazione dell’appartamento, “senza svolgere alcuna indagine specifica in ordine alle effettive condizioni dell’imputata, all’esigenza di tutela del figlio minore, alla minaccia dell’integrità fisica degli stessi e al carattere assolutamente transitorio del ricorso ai Servizi sociali”.Il ricorso è stato così accolto dai giudici del Palazzaccio che hanno rinviato gli atti ai colleghi di merito (la Corte d’Appello di Roma) affinché riconsiderino il caso. Il Comune, proprietario dell’immobile, può tuttavia agire in sede civile per il recupero della casa.