Ocse, allarme disoccupazione, il peggio deve ancora arrivare
Se in alcuni Paesi come Irlanda, Giappone, Spagna e Stati Uniti, già
nel 2009 si è registrato un forte aumento dei senza lavoro, ”in altri
Paesi, inclusi Francia, Germania e Italia il peggio deve ancora
arrivare”. L’avvertimento arriva dall’Ocse che prevede, “nonostante i
segnali di ripresa economica”, una ulteriore crescita della
disoccupazione con un tasso che nella seconda metà del 2010, nell’area
Ocse, si avvicinerà ad un nuovo massimo dal dopoguerra: 10%, con 57
milioni di persone a casa.
n Italia tasso al 10,5% a fine 2010
Per quanto
riguarda il nostro Paese, secondo l’Ocse, “l’impatto della crisi sul
mercato del lavoro italiano è stato fino a oggi moderato rispetto a
molti altri paesi. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 7,4% nel
marzo 2009, con un incremento di 0,8 punti percentuali rispetto a un
anno prima. Ma le stime preliminari suggeriscono un ulteriore
significativo incremento nel secondo trimestre”. In particolare il
Belpaese arriverà alla fine del 2010 con 1,1 milioni di disoccupati in
più rispetto alla fine del 2007, con un tasso di disoccupazione che
toccherà il 10,5%, superiore al 9,9% della media Ocse.
Insomma, il
Belpaese il peggio della crisi sulla disoccupazione lo deve ancora
vedere. E la dinamica, avverte l’Ocse, sarà simile a quelle delle
recessioni degli anni ’70 e ’80.
Nell’area Ocse 57milioni di disoccupati a fine 2010
Nell’area
Ocse “crescono segnali che il peggio sia ormai alle spalle e che la
ripresa possa essere vicina ma per l’occupazione nel breve termine le
prospettive sono ancora fosche”. L’Organizzazione per la cooperazione e
lo sviluppo economico prevede così che nella seconda metà del 2010 il
tasso di disoccupazione nell’area si avvicinerà ad un nuovo massimo dal
Dopoguerra: 10%, con 57 milioni di disoccupati, dopo l’8,3% di giugno
di quest’anno, già il più alto sempre dal dopoguerra.
Intanto,
dalla metà del 2007 sono già stati persi 15 milioni di posti di lavoro
e altri 10 milioni verranno tagliati entro la fine del prossimo anno.
Il rischio è dunque che, in assenza di politiche ad hoc e di programmi
di aiuto, si arrivi a 25 milioni di posti persi alla fine del 2010.
“Il rischio
più forte – si legge nel rapport- è che una gran parte di questa
disoccupazione divenga strutturale e che molti dei disoccupati entrino
in una condizione di mancanza di lavoro per un lungo periodo o che
addirittura escano dalla forza lavoro”. Questo, ricorda
l’organizzazione di Parigi, è già accaduto in alcuni Paesi nel corso di
passate crisi economiche, quando anche dopo la ripresa dell’economia, i
livelli di disoccupazione restarono più alti rispetto ai livelli
pre-crisi.
Questo è dovuto al fatto che i disoccupati di lungo
periodo sono più difficili da assumere sia perchè si verifica una
diminuzione del capitale umano sia perchè essi stessi ad un certo punto
smettono di cercare lavoro.
“L’alta e persistente disoccupazione
porta con sè i costi economici e sociali maggiori: da una minore salute
all’abbassarsi degli standard di vita, dall’aumento della criminalità
al calo del potenziale di crescita per la società”.
La Spagna ha pagato finora il prezzo più alto
E’
la Spagna, con un tasso di disoccupazione al 18,1% a giugno, secondo i
dati Ocse, il Paese che finora ha pagato il tributo più grande alla
crisi in termini di lavoro. In Francia il tasso è al 9,4% a metà di
quest’anno, mentre in Germania è al 7,7%.