Oggi l’udienza davanti alla Corte Costituzionale che decide le sorti della mediazione obbligatoria
Tra poche ore verrà finalmente discussa, davanti alla Corte Costituzionale, la questione sulla legittimità della mediazione obbligatoria. La sentenza, che dovrebbe uscire entro la fine dell’anno, potrebbe decidere le sorti di uno degli istituti più discussi del nostro processo. Ma, se anche dovesse superare lo scoglio dei nostri giudici, la mediazione dovrà comunque affrontare il successivo e imminente vaglio della Corte di Giustizia Europea, chiamata anch’essa a decidere sulla conformità della mediazione ai trattati dell’Ue.
Amata o odiata, la mediazione obbligatoria è divenuta obbligatoria, nel nostro ordinamento, nel 2010. Si tratta di un’attività svolta da un soggetto privato e finalizzata a trovare un accordo amichevole tra coloro tra cui è nata una controversia.
La mediazione può svolgersi presso enti pubblici o privati, iscritti in un apposito registro presso il Ministero della giustizia.
Quando la controversia riguarda determinate materie, la mediazione è obbligatoria: questo vuol dire che non si può iniziare la causa senza aver prima esperito questa sorta di tentativo di conciliazione. In tutti gli altri casi è facoltativa e rimessa alla libera volontà delle parti.
I casi in cui la mediazione è obbligatoria sono i seguenti:
– diritti reali (distanze nelle costruzioni, usufrutto e servitù di passaggio ecc.)
– divisione
– successioni ereditarie
– patti di famiglia
– locazione
– comodato
– affitto di aziende
– risarcimento danni da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità
– contratti assicurativi, bancari e finanziari
– materia di condominio
– risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti.
Per svolgere la mediazione non c’è bisogno di un avvocato. Ciascuno può dunque difendere la propria posizione davanti al mediatore anche da solo e senza l’assistenza di un legale.
Colui che intende iniziare una causa, prima di adire il tribunale sceglie liberamente l’organismo dinanzi al quale convocare la controparte.
La mediazione si introduce con una semplice domanda all’organismo, contenente l’indicazione dell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni.
Una volta avviata la mediazione, il mediatore organizza uno o più incontri mirati alla composizione amichevole della controversia.
L’accordo raggiunto con la collaborazione del mediatore è omologato dal giudice e diventa esecutivo.
Nel caso di mancato accordo, il mediatore può fare una proposta di risoluzione della lite che le parti restano libere di accettare o meno.
In caso di insuccesso della mediazione, nel successivo processo il giudice potrà verificare che la scelta dell’organismo non sia stata irragionevole, ad esempio per mancanza di qualsiasi collegamento tra la sede dell’organismo e i fatti della lite ovvero la residenza o il domicilio della controparte.
Contro la mediazione si sono scagliati avvocati e organizzazioni di tutti i tipi.
La questione è dunque finita alla Corte Costituzionale. In particolare, si è detto che la mediazione comprimerebbe il sacrosanto diritto alla difesa di ogni cittadino. Per un’analisi più approfondita delle censure mosse contro l’istituto si segnala questo link http://www.cortecostituzionale.it/schedaOrdinanze.do?anno=2011&numero=268&numero_parte=1
Volendo semplificare, possiamo così schematizzare le motivazioni dei pro e dei contro la mediazione.
PRO
– consente una facile e veloce soluzione delle controversie, senza ricorrere al tribunale, evitando perciò i costi e i tempi dei processi;
– consente la tutela dei propri diritti senza doversi valere necessariamente di un avvocato e, quindi, con risparmio per il cittadino;
– consente alle parti di conoscere le pretese della controparte, in modo pacifico, al fine di trovare un accordo che tenga conto delle rispettive posizioni;
– si viene seguiti da un soggetto terzo e imparziale, incentivato a trovare un accordo tra le parti (difatti lo stesso corrispettivo per la mediazione varia a seconda che si raggiunga un accordo o meno);
– in caso di successo della mediazione, viene riconosciuto alle parti un credito di imposta fino a 500 euro, mentre, in caso di insuccesso, fino a 250 euro;
– in caso di esito positivo della mediazione, il verbale è omologato dal giudice e diventa esecutivo al pari di una sentenza.
– raramente si raggiunge un accordo in sede di mediazione. Il primo tentativo di soluzione della controversia avviene infatti con lo scambio di lettere degli avvocati. Se questo passaggio non sortisce esiti e le parti decidono di iniziare un giudizio in tribunale, difficilmente sarà un terzo soggetto a favorire l’accordo;
– con la conseguenza che la mediazione si rivela un modo per aumentare i tempi e i costi per la soluzione delle controversie;
– in particolare, i costi della mediazione sono pressoché uguali a quelli necessari per iniziare la causa: con la conseguenza che, in caso di esito negativo della mediazione, il cittadino deve pagare due volte;
– non sempre il mediatore è imparziale, essendo scelto da chi inizia “le ostilità”;
– il mediatore non è necessariamente un avvocato o un soggetto con approfondite conoscenze giuridiche;
– il mediatore non conosce sempre i fatti della controversia e la sua indagine si rivela spesso superficiale;
– le grandi compagnie (banche, assicurazioni, ecc.) spesso non si presentano davanti agli organismi di mediazione, con difficoltà di risolvere un gran numero di controversie che vedono, come controparte, il consumatore debole.
Mediazione obbligatoria Pur non essendo affatto un sostenitore della mediazione obbligatoria e nonostante il personale auspicio che la stessa venga dichiarata incostituzionale, alcuni rilievi formulati da chi è ad essa contrario non mi trovano consenziente.Sono d’accordo sui primi tre punti, mentre dissento sulla presunta mancanza di imparzialità del mediatore, in quanto non è affatto vero che egli sia scelto dall’attore. In realtà quest’ultimo può soltanto scegliere l’organismo di mediazione, il quale poi provvederà a designare il mediatore persona fisica chiamato a dirimere la controversia. Detta designazione è, quindi, di esclusiva pertinenza dell’organismo di mediazione. Quanto alla qualificazione professionale, cioè al grado di affidabilità tecnico giuridica del mediatore, se l’attore ha il buon senso di rivolgersi ad organismi qualificati come il consiglio dell’ordine degli avvocati o la camera di commercio, potrà usufruire di professionisti in grado di fornire adeguate garanzie di corretto adempimento del loro mandato. Circa la conoscenza dei fatti della controversia, il ricorrente ha l’onere di indicare sull’apposito modulo di richiesta di mediazione,le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della pretesa e ha anche la possibilità di allegare atti e documenti, onde mettere il mediatore nelle condizioni nelle condizioni di farsi un’idea della questione. Infine, la mancata presentazione delle compagnie assicuratrici e delle banche all’udienz di mediazione, potrà essere sempre valutata dal giudice come argomento di prova a favore del ricorrente. Detto questo, concordo pienamente con quanti ritengono l’istituto una fondamentale perdita di tempo e di denaro, con aggravio di costi a carico dell’utente.