Omicidio Tommy, la Cassazione: manca la prova della colpevolezza della Conserva
Manca la ‘prova diretta’ che Antonella Conserva, condannata in appello a 30 anni di reclusione per il sequestro e l’omicidio del piccolo Tommaso Onofri rapito e ucciso la sera del 2 marzo 2006 a Casalbaroncolo, sia responsabile dei fatti addebitati. Lo rileva la Cassazione nel motivare il perché, lo scorso 13 dicembre, ha annullato la condanna nei confronti della ex compagna di Mario Alessi (condannato definitivamente all’egastolo), disponendo un appello bis. In particolare, la Quinta sezione penale, nelle motivazioni depositate oggi, sottolinea come “risultano effettive e rilevanti, ai fini della tenuta della decisione, le mancanze di disamina, da parte del giudice di merito, relative ad una serie di questione sollevate dalla difesa, rimaste ingiustificatamente pretermesse” nella sentenza della Corte d’assise d’appello di Bologna del 4 novembre 2009. La Suprema Corte, bacchettando i colleghi di merito, osserva come “le omissioni di valutazione denunciate dalla difesa non possono dirsi poste nel nulla da una valutazione implicita della loro inconsistenza posto che, al contrario, le lacune argomentative segnalate cadono su elementi fondanti della intera decisione e segnatamente su punti imprescindibili per la formazione di una motivazione completa e dotata della necessaria struttura logica”. Nel dettaglio, la Cassazione denuncia “lacune argomentative” nella valutazione delle due chiamate in correità di Salvatore Raimondi e di Mario Alessi (per quest’ultimo la Cassazione ha confermato la pena dell’egastolo) e approssimazione nel ritenerlo attendibili. Ad esempio, la Suprema Corte segnala che “dalla lettura della motivazione si ricava che i giudici di merito hanno attribuito specifica rilevanza alla nuova chiamata di correo proveniente dall’Alessi, nonostante che, in mancanza di essa, i primi giudici fossero pervenuti comunque alla condanna” di Antonella Conserva. Insomma, per la Cassazione “il giudice di merito ha reso un quadro del tutto carente quanto alla illustrazione della genesi di entrambe le chiamate di correo e segnatamente alle ragioni della – evidentemente ritenuta – assenza di interesse calunniatorio nei riguardi della Conserva da parte sia di Raimondi che di Alessi“. Piazza Cavour contesta la linea di condotta della corte d’appello secondo cui “la valenza dimostrativa di ciascun indizio, di grado meramente possibilistico, verrebbe a mutare una piena prova di colpevolezza per effetto della sommatoria e della valutazione integrata”. Nessun dubbio, invece, sulla responsabilità di Mario Alessi condannato al carcere a vita. In particolare, piazza Cavour ha rilevato che “la Corte ha ricordato che a fare ritrovare il corpicino di Tommy fu l’Alessi ed ha anche apprezzato il dolo d’impeto, ma ha ritenuto che, nel bilanciamento dei fatti significativi, meritasse preponderanza la nota di abiezione data dalla scelta degli imputati, di sacrificare la vita di un ostaggio che, oltretutto, in ragione dei suoi pochi mesi di vita, si sarebbe potuto anche abbandonare senza serio pregiudizio per la impunità dei colpevoli”. La circostanza, però, annota la Cassazione, è stata ritenuta ‘sub-valente’ rispetto alle altre “emergenze ritenute meritevoli di valorizzazione nel giudizio” e che hanno portato a dire no alle attenuanti invocate dalla difesa di Alessi.