Ora dal Sud fuggono i laureati 80mila emigrati in cinque anni
ROMA – L’esodo dal Mezzogiorno non si ferma, ma a
cercare fortuna nelle regioni del centro nord non sono più ex
braccianti e operai disoccupati, ma migliaia di giovani con un
titolo di studio qualificato: tra il 2000 e il 2005, in
particolare, oltre 80mila laureati (l’1,2% dei residenti con tale
titolo di studio) hanno abbandonato le regioni del Sud per emigrare
in cerca di un’opportunità lavorativa.
Il dato è contenuto in una ricerca sulla mobilità del lavoro
realizzata da due economisti della Banca d’Italia (Sauro Mocetti e
Carmine Porello). Lo studio dimostra che “il mezzogiorno diventa
sempre meno capace di trattenere il proprio capitale umano,
impoverendosi della dotazione di uno dei fattori chiave per la
crescita socio-economica regionale”. L’emigrazione dei “cervelli”,
rilevano i due economisti, può comportare “un impoverimento di
capitale umano che, a sua volta, potrebbe riflettersi nella
persistenza dei differenziali territoriali in termini di
produttività, competitività e, in ultima analisi, di crescita
economica”. In un simile contesto, a parere dei due economisti,
l’intervento dello Stato deve essere mirato ad eliminare le cause
che ostacolano, in termini quantitativi e qualitativi, la crescita
economica nel Mezzogiorno.
Nel 2005, spiega la ricerca di Bankitalia, i trasferimenti di
residenza tra comuni italiani sono stati oltre un milione e
300mila, il valore più elevato degli ultimi 15 anni. Le iscrizioni
anagrafiche nel centro-nord sono aumentate in tutto questo periodo,
mentre sono diminuite nel mezzogiorno. Al sud, in particolare, “è
diminuita la già modesta mobilità di breve raggio, mentre rimane
consistente il flusso migratorio unidirezionale verso le regioni
più sviluppate del paese”.
In un arco di tempo più ampio – tra il 1990 e il 2005 – quasi due
milioni di persone sono emigrate verso il centro-nord e
l’emigrazione dal Sud (isole incluse) “ha ripreso vigore nella
seconda metà degli anni Novanta, interrompendo un trend decrescente
che durava dai primi anni Settanta; all’inizio del decennio in
corso il deflusso si è nuovamente attenuato”.
Negli ultimi anni, inoltre, è aumentato anche il cosiddetto
“pendolarismo di lungo raggio”, fenomeno che riguarda coloro che,
pur mantenendo la residenza d’origine, vanno a lavorare in una
località molto lontana dal proprio Comune nel quale riescono a
tornare raramente nel corso dell’anno. Un dato del 2007 rivekla, ad
esempio, che al centro-nord lavoravano stabilmente circa 140mila
persone residenti nel Mezzogiorno (pari al 2,3% degli occupati
dell’area); spesso, secondo la ricerca, si tratta di giovani che
non hanno ancora raggiunto la stabilità dal punto di vista
familiare e occupazionale.
Quante alle cause, l’emigrazione dal Sud continua ad essere
alimentata dalle maggiori opportunità di lavoro esistenti nel
Centro-Nord e dunque dalla persistenza, nel Mezzogiorno, di un
disagio storico legato alla mancanza del lavoro ed al ritardo di
sviluppo e crescita economica. Secondo lo studio di Bankitalia,
all’inizio degli anni Duemila a rallentare i flussi migratori dal
Sud contribuì il forte aumento dei prezzi delle case al
centro-Nord. Ma anche il cambiamento del mercato del lavoro con il
boom del precariato che certo non incentivava le persone,
soprattutto i giovani, a spostare la residenza per seguire un
lavoro a termine.
Infine, conclude lo studio, anche la crescita dell’immigrazione
straniera ha contribuito a modificare le scelte migratorie degli
italiani, favorendo “l’afflusso dei nativi laureati” e frenando
“quello dei meno scolarizzati”. In particolare, la concentrazione
degli stranieri nel Centro-Nord avrebbe incontrato una domanda di
lavoro che in passato veniva soddisfatta dai lavoratori del
mezzogiorno”.