Ospedale di Pozzuoli scarica rifiuti in mare
Mucchietti di cotton fioc ormai
di color pece, brandelli di garze chissà quanto tempo fa sterili. Alla foce del
depuratore di Cuma, si passeggia su una battigia sommersa da scarti di
materiale ospedaliero arrivati qui dai tubi delle fogne. Il sottosegretario
all’Economia, Nicola Cosentino, ha le sue certezze e denuncia: «L’ospedale
Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli scarica i suoi rifiuti direttamente in
mare, saltando l’impianto di depurazione». Basterebbe una retina a filtrare
quest’ammasso da vomito a pochi metri dal mare. Una retina che faccia passare
l’acqua di scarico, bloccando invece tutti gli scarti solidi riversati senza
tanti complimenti nelle condotte fognarie. Paradossi della depurazione delle
acque tra il litorale flegreo e quello domizio, una storia infinita da eterna
incompiuta datata almeno un quarto di secolo. L’ultimo incidente è di appena
pochi giorni fa. Così incredibile da aver fatto scatenare anche le telecamere
di «Striscia la notizia»: mare di colore marrone, tanfo inconfondibile.
Responsabile, stavolta, è il «derivatore Toiano», nell’omonimo rione di
Pozzuoli, lo snodo di raccordo delle condotte delle fogne che confluiscono in
quella principale che sbocca poi a mare. Troppa sabbia, detriti e il «derivatore»
si è intasato. Dice Alberto M., che abita non lontano dalla zona del depuratore
di Cuma: «Non è raro che si creino problemi. Il mare e la spiaggia vedete in
che condizione sono, ma forse questo scempio fa meno notizia dei rifiuti per
strada». Il tam tam dei problemi al «derivatore Toiano» è rimbalzato attraverso
le denunce e le segnalazioni dell’associazione «Costa dei sogni», che da almeno
sette anni tiene d’occhio quello che accade su questo litorale tra le province
di Napoli e Caserta. Nonostante i pochi riflettori, è stato un tam tam così
ossessivo da costringere la Regione Campania ad intervenire. Allo snodo
incriminato, l’ultimo della serie, sono al lavoro in queste ore gli operai
della ditta «Uniter spa» che gestisce per contratto il collettore di Cuma.
Dovrà spurgare il «derivatore Toiano», ma anche controllare ogni settimana il
funzionamento del collettore per l’intera stagione balneare. Così prevede
l’accordo, fresco di firma. Un intervento di emergenza, che servirà, in maniera
indiretta, anche ad alleviare l’inquinamento nel lago d’Averno dove, per
l’intasamento delle condotte, si è riversata per giorni acqua fetida. Si tratta
di una costa di
chilometri
depurate. Scarichi non filtrati, che da tempo avrebbero dovuto essere portati
ad alta profondità attraverso una condotta sottomarina. Quei lavori furono decisi
da un protocollo siglato tra varie istituzioni due anni fa. Non sono mai
partiti. Decine e decine di stabilimenti balneari sono vittime di scarichi che
inquinano un mare diventato simulacro di se stesso. È un vero scempio
ecologico, che ben cinque impianti avrebbero dovuto evitare. Ma alla foce del
depuratore di Cuma si riversano qualcosa come 20 tonnellate di acque reflue al
giorno. Secondo i calcoli dell’associazione «Costa dei sogni», ogni anno si
arriva a 7300 tonnellate di «reflui», i rifiuti sia trattati sia non trattati
delle acque fognarie, che si ammassano sulla riva di un litorale infelice.
L’acqua del mare è bassa e, quando ci si mettono i venti, per decine di
chilometri il risultato è una colorazione marrone da rabbrividire. E c’è chi
parla di «risorsa mare» per il turismo campano.
L’associazione Noi Consumatori rivolge un appello a chi di competenza, al Ministro del Turismo, al Governo affinché aiutino il Paese a conservare i siti antichi e ricchi di storia che per secoli hanno attratto turisti da tutto il mondo. Basta davvero poco per evitare scempi di questo tipo, come ad esempio un filtro capace di trattenere i rifiuti di vario tipo, così da attuare una migliore gestione dei rifiuti e avere un mare pulito e salutare.