Padre detenuto e arresti domiciliari: deve provare l’impossibilità dell’assistenza materna
Si deve osservare come in tale decisione la Corte ha confermato un
suo precedente orientamento che, sanciva l’insussistenza del divieto di
custodia cautelare in carcere previsto dall’art. 275, comma 4, c.p.p.
nei confronti dell’imputato padre di prole di età inferiore ai tre
anni, allorché l’impossibilità di prestare ad essa assistenza da parte
della madre non si presentava come assoluta (Cass. Pen., sez. II,
sentenza 9 dicembre 2003, Sammaritano).
L’attività lavorativa
della madre, infatti, sebbene svolta quotidianamente e con orari che la
impegnino per più di otto ore, non le impedisce automaticamente di
accudire il figlio, anche piccolissimo.
La Corte ribadisce
l’uniforme e consolidato principio secondo cui l’attività lavorativa
dell’unico genitore o di entrambi i genitori non impedisce in via
generale di prendersi cura dei figli, anche eventualmente con l’aiuto
di familiari disponibili o con il ricorso a strutture pubbliche o
private abilitate.
In questo contesto processual – penalistico
si deve osservare che, l’applicazione della misura cautelare in carcere
è, subordinata all’esistenza di specifiche e tassative condizioni
generali di applicabilità. Proprio a tale proposito la Carta
Costituzionale con gli artt. 13 e 27 Costituzione specifica
implicitamente che le restrizioni alla libertà personale devono essere
adeguate all’interesse da tutelare e, quindi, ridotte al minimo
sacrificio possibile per le persone. Nei confronti del ricorrente, la
Corte ha rilevato che ricorrevano esigenze cautelari di eccezionale
rilevanza, posto che costui si era reso latitante all’atto
dell’emissione della misura ed era stato arrestato dopo alcuni mesi a
seguito di una complessa attività di ricerca.