Par Condicio nei programmi TV: la pronuncia del Consiglio di Stato
Con la sentenza 30 marzo 2011, n. 1943 il Consiglio di Stato, sezione III, si è pronunciato in merito alle disposizioni sulla comunicazione politica nei programmi televisivi.
La vicenda riguardava Sky Italia che, presentato ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio avverso le deliberazioni n. 24 e 25 del 24 febbraio 2010 dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nonché avverso la nota 1° marzo 2010, n. 12334 con contestuale domanda di risarcimento dei danni, lamentava che in esse vi era un’ equiparazione illegittima, ai fini degli spazi attribuiti a ciascun soggetto politico, dei programmi di “informazione” e di “approfondimento informativo” con le trasmissioni di “comunicazione politica”, ed inoltre, le aspettative dei politici in relazione alla loro partecipazione alle diverse tipologie di programmi erano qualificate come “diritti”.
Il T.A.R. Lazio (ordinanza 12 marzo 2010, n. 1180), pur accogliendo la domanda incidentale di sospensione delle delibere impugnate, nel merito ha respinto il ricorso proposto da Sky, nonché la relativa istanza risarcitoria.
Proposto appello, il Consiglio di Stato si è pronunciato condividendo le deduzioni espresse dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in quanto le modifiche apportate alla già citata delibera n. 25 con quella successiva n. 31/10, sono state dettate per realizzare una netta differenziazione della disciplina dettata per i programmi di informazione da quelli della comunicazione politica.
Il Collegio ha osservato, come ritenuto in precedenza dal TAR, che le disposizioni relative ai programmi di “comunicazione politica”, di “informazione” e di “approfondimento informativo”, anche con i correttivi di cui alla delibera n. 31, sono conformi alla legge. Tali regolamentazioni, sono distinte da quelle destinate ai programmi di comunicazione politica, ove vige la regola della “par condicio” delle forze politiche, titolari di tale “diritto”.
Inoltre, la peculiarità della disciplina dei programmi di informazione impone agli stessi il rispetto delle regole, volte a garantire l’equilibrio del sistema radiotelevisivo, il pluralismo delle forze politiche, l’imparzialità dell’ informazione. Tra l’altro, come sostenuto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 155/2002, non possono essere imposti ai programmi di informazione limiti derivanti da motivi collegati alla comunicazione politica, limiti che non comunque non sussistono nel caso in esame.
I Giudici di Palazzo Spada hanno poi concluso sostenendo che le espresse argomentazioni sono state enunciate per contestare la censura avverso il comma 5 dell’art. 5 della delibera n. 24 relativo ai “programmi di approfondimento informativo”, posto che il richiamato articolo 1, comma 5, della legge 515/1993 contempla la presenza di soggetti politici durante la campagna elettorale, “esclusivamente all’esigenza di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione”.
Per tali motivi, il collegio ha giudicato manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate da parte ricorrente, rigettandone il ricorso.