Parmalat: 13 anni di pena richiesti per Calisto Tanzi
Non ha usato mezzi termini Francesco Greco, il procuratore aggiunto di Milano nel corso dell’ultima parte della requisitoria proposta dall’accusa per gli otto imputati al processo per il crac Parmalat, tra i quali l’ex patron del gruppo industriale che si è conclusa con la richiesta a 13 anni di pena per Calisto Tanzi. Durante l’udienza che si è tenuta oggi, il procuratore ha paragonato il crac del gruppo industriale a “una brutta vicenda di mafia”.
Il procuratore Greco ha fatto il paragone riprendendo quanto detto nel 2003 da un analista di Bank Of America (BoA), una delle banche coinvolte nel tracollo del gruppo industriale che aveva dichiarato il crac “una brutta vicenda di mafia”. Il pm milanese ha fatto inoltre dei parallelismi con il crollo della finanza internazionale di questi giorni. “E’ la migliore dimostrazione – ha detto Greco – che l’intuizione della procura di Parma e Milano era giusta e cioè che le banche erano corresponsabili del crac di Parmalat. Senza il concorso degli istituti di credito – ha aggiunto Greco – la grande frode ai danni dei cittadini risparmiatori non sarebbe stata possibile. Parmalat non aveva nemmeno i soldi per pagare la mungitura delle vacche e le banche lo sapevano”.
Il magistrato ha ricordato inoltre come un altro analista di Citybank aveva scritto, in una e mail che “Parmalat è una gallina dalle uova d’oro marce”. Quanto basta per far ribadire a Greco che “le banche sapevano che Parmalat non aveva una lira, che non aveva i soldi per pagare i debiti”.
Tra i vari passaggi Greco ha sottolineato inoltre che le banche hanno venduto al gruppo industriale quei titoli tossici di cui oggi parlano i giornali, rifilati a Parmalat con grande spregiudicatezza”
“Le banche – ha sottolineato Greco – aiutarono Parmalat a spacciare prodotti finanziari tossici, titoli che non avrebbero dovuto avere nemmeno il diritto di esistere. Sicuramente non sarà possibile accertare tutte le responsabilità di chi architettò la truffa e incassò stock option finite poi nei paradisi fiscali”. Poi l’affondo: “Qui si parla solo di soldi e non di regole, e da allora nulla è stato fatto per evitare che un altro caso Parmalat si ripeta in futuro”, ha aggiunto Greco definendo in un altro passaggio il mondo della finanza “ipocrita, arrogante e omertoso”.
Per il rappresentante dell’accusa il “rapporto perverso” che legava il gruppo di Collecchio alle banche era chiaro fin da subito: “Non c’era bisogno di una consulenza di centinaia di pagine per accertare la reale situazione del gruppo”.
La pubblica accusa ha proseguito puntando il dito contro il comportamento di BoA in tutta la vicenda che ha condotto al crac, sottolineando che il management ha inventato e ha distrutto dati, coperto le comunicazioni false che venivano rilasciate al mercato e sapeva perfettamente in che condizioni versava Parmalat.
“Gli istituti bancari hanno consapevolmente mantenuto in vita un titolo che doveva essere messo in défault da molto tempo, continuando a foraggiare una società decotta e senza un euro, che non era trasparente nelle comunicazioni”, ha aggiunto il procuratore. In pratica, le banche sapevano che Parmalat ricorreva a derivati speculativi nel 2003, per far fronte all’enorme indebitamento.
“La logica che ha guidato la Finanza in questi anni – ha concluso Greco – è quella che sta portando il mondo alla rovina e il prezzo lo pagano i cittadini, perché i responsabili hanno occultato invece i loro tesori in Liechtenstein o alle Bahamas. I soldi per ripianare i buchi del mercato saranno presi invece ai cittadini, per coprire le spalle a chi ha venduto carta in cambio di stock option.
Le richieste di condanna per gli imputati nel processo Parmalat (13 anni di reclusione nei confronti di Callisto Tanzi), è considerata a caldo una pena per certi versi record. Per l’ex patron di Collecchio l’accusa ha chiesto infine di negare qualsiasi attenuante generica.