Parmalat, Tanzi:”Sono sereno”
“Sono sereno con la mia coscienza”. Così ha risposto ai cronisti Calisto Tanzi, presente in aula al processo di Milano che lo vede imputato di aggiotaggio insieme ad altre 20 persone nel processo per la vicenda Parmalat. Alla domanda se ha qualcosa da rimproverarsi, l’ex patron di Parmalat ha risposto: ” Ho da rimproverarmi molte cose, più di una”.
Infine a chi gli chiedeva come vede la nuova Parmalat rimessa in sesto da Enrico Bondi ha risposto:” Continuo a comprare i prodotti”. Tanzi non si è voluto sbilanciare, e con una battuta ha sottolineato però: “Anche perché sono buoni e sono i migliori” ma poi non ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano che cosa pensasse del lavoro di risanamento del gruppo Parmalat fatto da Enrico Bondi ora presidente e già commissario straordinario. Rispondono invece i suoi legali Giampiero Biancolella e Fabio Belloni: “L’apprezzamento per il lavoro svolto da Bondi è pacifico”. Biancolella ha spiega di sperare ancora “in un processo unitario a Parma, perché‚ non è possibile separare le responsabilità degli amministratori da quelle di soggetti esterni. Qui a Milano ormai sembra non più possibile una riunificazione delle vicende processuali, ma a Parma sì”, ha concluso.
Al processo anche Bondi: “Le banche sapevano”Anche l’attuale ad di Parmalat Enrico Bondi è giunto a palazzo di giustizia a Milano per una deposizione in qualità di testimone nell’ ambito della vicenda relativa al crac Parmalat. Bondi è entrato in aula con una grossa borsa blu piena di documenti. “Sono venuto a testimoniare” ha detto. L’ad di parmalat è arrivato in aula mentre i giudici sono in camera di consiglio su un problema procedurale concernente l’esclusione o meno di alcuni documenti che secondo le difese non dovrebbero far parte del procedimento.
E’ “fuori dubbio” che le banche fossero a conoscenza della reale situazione di Parmalat, ha detto Bondi. Per capire la situazione che ha portato all’insolvenza, aveva spiegato Bondi in precedenza prima di arrivare alla conclusione del suo ragionamento sul fatto che senza dubbio le banche erano a conoscenza della situazione, “bastavano semplici confronti sull’ indebitamento dichiarato a bilancio”. Tant’è che, ha aggiunto, “il livello del debito segnalato dalla centrale dei rischi e il debito a bilancio mostrava una differenza di 700 milioni nel ’97, poi diventato un miliardo nel 2002”.