Parte la protesta degli avvocati
Sono oltre 2mila gli avvocati attesi questa mattina in piazza Montecitorio, a Roma, per inaugurare la settimana di sciopero (da oggi sino al 22 marzo) contro la mediaconciliazione «incostituzionale» e contro il disegno di legge che affida a 600 ausiliari, magistrati e avvocati dello Stato in pensione, lo smaltimento dell’arretrato civile. La controffensiva dell’Oua (l’Organismo unitario dell’avvocatura) si fa serrata a meno di una settimana dall’entrata in vigore del decreto sulla conciliazione obbligatoria che debutterà lunedì 21 marzo. I 2mila partecipanti sono previsti in rappresentanza di oltre 130 Ordini di tutta Italia e della quasi totalità delle associazioni forensi. Primo step, l’assemblea nazionale alle 10 al teatro Capranica e la manifestazione alle 13 davanti a Montecitorio. In migliaia, da oggi sino a martedì 22, si asterranno, poi, per protesta, dalle udienze. Nel mirino dei legali c’è soprattutto la riforma che rende obbligatorio il tentativo extragiudiziale di soluzione delle liti, con l’obiettivo di deflazionare il contenzioso civile. Riforma che l’Oua ha già impugnato davanti al Tar del Lazio e di cui denuncia l’incostituzionalità, anche per la lesione del diritto di difesa. «La mediaconciliazione obbligatoria – ha ribadito il presidente dell’Oua, Maurizio De Tilla – viola ben sette punti della Costituzione. Il legislatore europeo, in conformità con la direttiva, aveva stabilito che dovesse essere introdotto un meccanismo di conciliazione, ma non ne aveva affatto previsto né l’obbligatorietà, né che fosse condizione di procedibilità». In discussione c’è, innanzitutto, l’obbligatorietà della conciliazione, che impedisce l’accesso immediato alla giustizia, ma anche la mancanza di criteri selettivi per assicurare professionalità e indipendenza agli organismi di mediazione. Si contestano anche i maggiori oneri e le spese che dovrà sostenere il cittadino e il fatto che sia facoltativa l’assistenza di un avvocato. «Con il risultato che – spiega il presidente dell’Oua, Maurizio De Tilla, – chi è in grado di pagare, potrà farsi rappresentare da fior di avvocati, consulenti di parte, esperti, professionisti di grido, e chi è povero no, dovrà arrangiarsi da solo, perché, non essendo obbligatoria la presenza di un avvocato, non sarà possibile ricorrere al patrocinio a spese dello Stato». Con la scusa di voler snellire i tempi dei processi, rincara De Tilla, «l’Esecutivo ha consentito che alcune “caste” di questo Paese, con i poteri forti, mettessero le loro mani sulla giustizia pubblica, nonché sul grande business della formazione dei conciliatori». Condividono le ragioni della protesta, Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, e l’Unione delle camere penali, che però non sciopererà, in polemica con l’Oua di cui non riconosce il ruolo di rappresentanza politica dell’avvocatura. Lo sciopero è giusto, infine, per la Cassa forense, secondo la quale la conciliazione «avrà un impatto particolarmente pesante sui redditi degli avvocati, già colpiti dalla crisi economica».