Passa per ben 28 volte il casello autostradale senza pagare il pedaggio
Poiché l’art. 176, comma 17, del codice stradale, il quale punisce con la sanzione pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale, espressamente e inequivocabilmente stabilisce la sussidiarietà di tale illecito amministrativo rispetto alle fattispecie penali eventualmente concorrenti, nei cui confronti, pertanto, non si pone in rapporto di specialità, nell’ipotesi di omesso adempimento, da parte dell’utente, dell’obbligo di pagamento del pedaggio autostradale, ben può configurarsi, ove ne sussistano in concreto gli elementi costitutivi, il delitto di insolvenza fraudolenta o di truffa. E’ il principio ribadito dalla Cassazione con la Sentenza n. 44140/2012.
Il caso in esame riguarda un camionista che per ben 28 volte aveva passato il casello autostradale senza pagare il pedaggio. Il Tribunale di Pistoia dichiarava il camionista responsabile dei reati di truffa aggravata continuata e insolvenza fraudolenta continuata. Avverso tale pronuncia, il camionista ha promosso ricorso per Cassazione, ma, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso. Infatti, il giudice di appello ha evidenziato correttamente tutti gli elementi acquisiti che portano a una piena attribuibilità delle condotte contestate al ricorrente, il quale per ben 28 volte ha dichiarato all’addetto del casello autostradale, all’uscita, di aver perso il biglietto, di non aver soldi per pagare e quindi non ha pagato (reato di insolvenza fraudolenta per un ammontare complessivo di Euro 1.366,93) e per ben sette volte si è accodato a veicoli dotati di telepass riuscendo così a sfilare sulla scia dell’automobile che lo precedeva prima che la sbarra di blocco si fosse abbassata (reato di truffa aggravata per Euro 314,11). L’insolvenza fraudolenta si distingue dalla truffa perché la frode non viene attuata mediante i mezzi insidiosi dello artificio o del raggiro ma con un inganno rappresentato dello stato di insolvenza del debitore e della dissimulazione della sua esistenza finalizzato all’inadempimento dell’obbligazione, in violazione di norme comportamentali. Ora, il giudice di appello con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria ben evidenzia in cosa consistano gli artifici e raggiri, l’imputato ha imboccato la corsia che conduce alle porte riservate a chi è dotato di Telepass, poi si è posto sulla scia dell’autovettura che lo precedeva riuscendo a uscire dal casello prima che la sbarra si abbassasse. Il giudice di appello ha anche rilevato quale è l’atto di disposizione patrimoniale pregiudizievole per la parte offesa, consistente nel consentire l’uscita dalla sede autostradale a un veicolo il cui conducente non ha assolto, all’obbligazione di pagamento assunta e in che modo l’atto di disposizione patrimoniale pregiudizievole sia in evidente relazione causale diretta con gli artifici e raggiri sopra delineati. Anche per quanto riguarda gli episodi di insolvenza fraudolenta la Corte ritiene che il giudice di appello abbia fatto corretta” applicazione di principi consolidati, secondo cui l’art. 176 C.d.S., comma 17, che punisce con la sanzione pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale, si pone in rapporto di sussidiarietà e non già di specialità rispetto ad altre fattispecie penali eventualmente concorrenti. In particolare il reato di insolvenza fraudolenta, in ipotesi di mancato adempimento, da parte dell’automobilista, dell’obbligazione di pagamento del pedaggio autostradale, inerente al negozio di utilizzo della relativa rete, non è escluso né dalla coesistenza di una figura integrante un illecito amministrativo, stante la sua funzione sussidiaria della norma penale, né dalla natura del pedaggio, che ha funzione di corrispettivo e non di tassa. Spetta al giudice di merito verificare di volta in volta se, nella fattispecie sottoposta al suo esame, sussistano gli elementi dell’insolvenza fraudolenta, sia sotto il profilo materiale che psicologico. Il che nel caso di specie risulta puntualmente avvenuto, posto che la il giudice di appello ha delibato con riguardo a tutti i profili rilevanti nella fattispecie con argomentazioni immuni da rilievi logici o giuridici. Con specifico riguardo all’atteggiamento psicologico, vale a dire al dolo generico, rappresentato dalla consapevolezza dello stato di insolvenza e dall’elemento volitivo, costituito dal preordinato proposito di non adempiere, la sentenza impugnata da conto della consapevolezza da parte del ricorrente di non poter adempiere, desumendola da elementi induttivi seri e univoci, quali sono quelli ricavati dalla reiterazione delle condotte dissimulatorie e dal persistente inadempimento, che lasciano intendere che fin dal momento della stipula del contratto fosse già maturo, nel soggetto, l’intento di non far fronte agli obblighi conseguenti Risulta, pertanto, correttamente colto il discrimine tra il mero inadempimento di natura civilistica e la commissione del reato, che poggia sull’elemento ispiratore della condotta, poiché il comportamento consistente nel tenere il creditore all’oscuro dello stato di insolvenza in cui si versa al momento di contrarre l’obbligazione ha rilievo, agli effetti della norma penale, quando sia legato al preordinato proposito di non effettuare la dovuta prestazione, mentre l’inadempimento contrattuale non preordinato non costituisce il delitto di cui all’art. 641 c.p. e ricade, normalmente, solo nell’ambito della responsabilità civile. Relativamente alla prova dello stato di insolvenza, il giudice di appello ha correttamente rimarcato non solo la circostanza del mancato pagamento, ma anche il fatto che, già all’epoca, il ricorrente avesse accumulato debiti per Euro 1.366, 93 per mancati pagamenti di pedaggi autostradali e che neppure in epoca successiva abbia provveduto al pagamento dei corrispettivi indicati nel capo di imputazione, dimostrando chiaramente di trovarsi nell’impossibilità di pagare le somme dovute.