Peggiora la qualità della vita, tiene il Nord. Ambiente: Val d’Aosta prima, Lazio ultima
La qualità volano dello sviluppo. E’ per promuovere la certificazione di qualità come motore della crescita che nasce l’Osservatorio Accredia, che stamane viene presentato a Roma dal presidente dell’ente, Federico Grazioli, e dal presidente del Censis Giuseppe De Rita. E poiché gli indici di qualità non sono applicabili solo alle imprese, ma a qualunque tipo di attività, l’Osservatorio ha messo a punto anche quattro indicatori delle dinamiche economiche e sociali del Paese, che “misurano” il sistema produttivo, l’offerta di servizi pubblici, la qualità della vita e la tutela e conservazione ambientale.
Indici dai quali emergono alcuni dati prevedibili, ma anche qualche sorpresa. Per esempio, il nostro sistema produttivo dal 2005 a oggi è migliorato: l’indice sintetico di qualità misurava 61,8 nel 2005, ma nel biennio 2009-2010 è passato a 69,8, valore certo, “apprezzabile ma non eccellente”, commentano gli analisti Censis-Accredia, ma comunque in consistente rialzo. Al primo posto la Lombardia, “notoriamente con un tessuto produttivo ed un’economia forte ed orientata all’innovazione”; in buona posizione anche il Piemonte, l’Emilia Romagna, il Veneto e il Lazio.
Il Lazio riserva invece una sorpresa sotto il profilo dell’indice di qualità dell’ambiente: è all’ultimo posto. Mentre ci sono alcune regioni meridionali che si segnalano in positivo: il Molise è al terzo posto e la Basilicata al quinto. In generale, l’indice di qualità dell’ambiente, che sintetizza 13 differenti variabili statistiche, presenta un andamento piuttosto discontinuo negli ultimi anni, ma dopo un “crollo” nel 2008, quando era sceso a 37,8, è risalito tra il 2009 e il 2010 a 48,7, valore massimo degli ultimi sei anni. Al primo posto c’è la Valle d’Aosta, seguita (a una certa distanza) dal Trentino Alto Adige.
L’indicatore della qualità della vita, frutto della sintesi di 18 variabili statistiche (tra le quali hanno un peso notevole i dati sul reddito e sui consumi delle famiglie e quelli relativi ai livelli occupazionali), mostra sicuramente un livello medio-alto, sottolineano gli autori del rapporto, più alto di quelli riguardanti il sistema produttivo e l’ambiente, ma in decrescita negli ultimi anni (è passato dal 75,3 del 2005 al 73,8 del biennio 2009-2010). In testa ci sono le regioni del Nord, in particolare, a pari merito, Lombardia e Friuli Venezia Giulia, seguiti dal Trentino Alto Adige. A una certa distanza (ma comunque ancora a un livello piuttosto elevato) ci sono poi il Lazio, l’Emilia Romagna e il Veneto.
In decrescita anche l’indice di qualità dell’offerta dei servizi pubblici, passato dal 75,3 del 2005 all’attuale 73,8. La performance migliore spetta alla Lombardia, seguita da tutte le regioni del Nord-Est; seguono le restanti regioni del Nord e quelle del Centro, con un livello comunque superiore alla media; in coda le regioni del Mezzogiorno, al di sotto della media.
Questa la qualità “pubblica”. Sulla qualità privata, c’è ancora molto da fare, ma ne vale la pena, assicura Giuseppe De Rita: “Pur in un momento così difficile dal punto di vista economico, resto dell’opinione che il sistema produttivo mostri una propria forza intrinseca sulla quale dobbiamo ricominciare a investire. Se la finanza distrugge valore, la nostra economia reale, fatta di piccole e medie imprese, ha ancora capacità di respiro forte, ha una sua riconoscibilità solida all’estero, grazie alla qualità dei propri prodotti”. Il che vale in particolare, sottolinea il rapporto Accredia, per le quattro A del made in Italy: abbigliamento moda, alimentare, arredamento mobili e apparecchiature meccaniche, settori che coprono il 45% dell’export nazionale, con un “incremento delle vendite all’estero continuo negli ultimi anni”.
Nel campione di aziende analizzato da Censis-Accredia oltre il 60% dispone della certificazione di qualità, e il 90% delle aziende certificate ritiene che il sistema di gestione della qualità consenta all’azienda di migliorare effettivamente le proprie prestazioni e di razionalizzare l’organizzazione interna. Il contributo delle certificazioni di qualità è sostanziale, assicura Grazioli, anche per la credibilità delle nostre aziende all’estero: “Le certificazioni rappresentano un vero e proprio passaporto per le nostre imprese, che vedono riconosciuta la propria qualità a livello internazionale e soprattutto sono una leva importante per snellire la burocrazia e semplificare il rapporto tra imprese e pubblica amministrazione”.
La qualità non è il guizzo di un momento, conclude il presidente del Censis, ma qualcosa di molto più solido: “L’originalità improvvisata, lo abbiamo visto un po’ ovunque ultimamente, genera stupore e fa pensare a qualcosa di originale, ma dopo un po’ è destinata a consumarsi; la cura del dettaglio, la capacità di visione del futuro, l’organizzazione aziendale efficiente, in una parola “la qualità” con la “q” maiuscola, sono i mattoni con cui abbiamo costruito questo Paese e sono fattori su cui occorrerebbe ritornare a puntare seriamente”.