Pendolari, un treno su tre è in ritardo
MILANO – In Italia, un treno pendolare ogni tre arriva in
ritardo. A Milano succede più spesso, oltre un convoglio su due infatti
tarda più di 5 minuti (59% a Milano Cadorna-Ferrovie Nord e 57% a
Milano Centrale), ma a Roma le cose non vanno molto meglio e a tardare,
sempre più dei 5 minuti considerati accettabili dalla Carta dei servizi
sottoscritta dalle associazioni dei consumatori, sono il 54% dei treni
pendolari. È il risultato di una indagine di Legambiente per la
campagna “Pendolaria”, realizzata grazie al monitoraggio effettuato dai
volontari in 13 stazioni di undici città capoluogo di provincia tra il
23 e il 27 novembre, nella fascia oraria 7-9, per tre giorni
consecutivi (leggi il testo completo in pdf).
MILANO E ROMA LE PEGGIORI – Su 1.216 treni monitorati, 430 (pari
al 35% del totale) hanno registrato un ritardo dai 5 minuti in su, 410
sono arrivati con un ritardo compreso tra 1 e 4 minuti, mentre solo 374
treni (31% del totale) sono arrivati al momento giusto. Dopo Milano e
Roma, nella poco onorevole classifica dei treni pendolari maggiormente
in ritardo, c’è Palermo, con solo il 16% dei treni monitorati in
orario, il 41% in ritardo di pochi minuti e il 43% in ritardo dai 5 in
su, seguita da Salerno (37% dei convogli con ritardi dai 5 minuti),
Torino (32% dai 5 minuti) e Messina (30%). Chiude la classifica la
stazione di Genova Principe, con il 18% dei treni pendolari in ritardo
di più di 5 minuti ma ben il 44% comunque fuori orario anche se entro i
5 minuti. Il ritardo medio registrato è di 11 minuti anche se la media
sale a 15 a Salerno e alla stazione di Genova Principe e a 16 a
Messina. Più fortunati a Roma, Palermo, Bari e Torino, dove il ritardo
medio ammonta a 9 minuti. Dati ancor più inquietanti se si considera
che il numero dei pendolari è in netto aumento: 2,63 milioni i
cittadini che si spostano ogni giorno in treno da e per le città.
Duecentomila viaggiatori (+8,2%) in più rispetto al 2007. In molte
Regioni neppure lo 0,1% del bilancio è investito per migliorare la vita
dei pendolari: il Veneto ha la “maglia nera”, la Campania quella che ha
investito di più nel 2009 (1,52%).
SPOSTARE INVESTIMENTI – Legambiente ritiene dunque urgenti nuovi
investimenti per il trasporto pendolare. Gran parte dei ritardi, indica
l’organizzazione, sono causati dal sovraffollamento delle carrozze.
Servono anche binari dedicati ai treni pendolari nelle grandi città e
nuovi convogli che permettano di aumentare le velocità potenziando il
servizio. Per fare questo è necessario spostare le priorità
d’investimento dalla strada alla ferrovia e puntare sui nodi urbani: a
oggi il 70% dei finanziamenti della Legge Obiettivo
è destinato a strade e autostrade, mentre solo il 30% dovrebbe
garantire lo sviluppo di Tav, ferrovie e metropolitane. «Nella
Finanziaria in corso di approvazione ci sono ben 400 milioni di euro
per gli autotrasportatori e 470 milioni per il Ponte sullo Stretto,
oltre a 1,2 miliardi già stanziati dal Cipe – spiega Edoardo Zanchini,
responsabile trasporti di Legambiente -. Mentre opere necessarie per
decongestionare i grandi centri urbani come l’anello ferroviario di
Roma, i passanti ferroviari di Torino e Palermo, il potenziamento dei
binari a Milano, Bologna, Bari, vengono rinviate».
MORETTI – Alla presentazione dell’indagine era presente anche
l’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, che lancia una
proposta: un centesimo in più a chilometro per ogni pendolare, pari a
un euro ogni 100 chilometri, per un totale di un miliardo di euro, il
tutto conservato in un fondo da destinare rigorosamente a investimenti
a favore del trasporto regionale. «Ci impegniamo a conservarli in un
fondo, non serviranno per pagare gli stipendi o coprire le spese – ha
assicurato Moretti -, ma per migliorare i treni pendolari di anno in
anno». In tre anni le Ferrovie hanno risparmiato un miliardo tra tagli
agli sprechi e misure di efficientamento, ha ricordato. Inoltre, è già
partita la gara per i nuovi treni pendolari pari a un investimento di
due miliardi, di cui 1,5 miliardi dalle Ferrovie e 500 milioni dallo
Stato. La proposta di un centesimo in più sarà al vaglio delle Regioni
che hanno firmato i contratti di servizio con Fs: sono infatti le
amministrazioni regionali a decidere eventuali adeguamenti delle
tariffe.