Pensioni e investimenti: dieci quesiti (e altrettante risposte) per stare tranquilli
Pensioni e investimenti. Sono due dei cardini della manovra appena approvata dal Parlamento per mettere in sicurezza i conti italiani. Le modifiche al sistema previdenziale sono numerose e riguardano sia i requisiti, che i tempi di attesa (le finestre) che il meccanismo di indicizzazione. Per chi ha titoli in banca viene introdotto un maxi bollo, o meglio una piccola patrimoniale. Ecco 10 domande e 10 risposte per risolvere alcuni dei dubbi più diffusi.
PENSIONI
Il limite di 40 anni per andare in pensione è stato innalzato dalla manovra? No. La recente manovra ha anticipato al 2013 la norma che aggancia i requisiti pensionistici alle statistiche demografiche (speranze di vita), ma questo meccanismo non si applica al limite dei 40 anni. Si potrà continuare ad andare in pensione d’anzianità, indipendentemente dall’età, avendo maturato 40 anni di contributi, ma dal 2012 si allungheranno i tempi di attesa. Oggi, dopo aver raggiunto i 40 anni bisogna attender 12 mesi, se dipendenti, e 18 mesi, se autonomi, prima che si apra la finestra, cioè prima che l’ente previdenziale cominci a pagare la pensione. Per chi matura i requisiti dal 2012 l’apertura della finestra viene spostata in avanti di un altro mese: bisognerà attendere, quindi, 13 e 19 mesi (invece di 12 e 18). Analogo aumento nel 2013 (si salirà a 14 e 20 mesi di attesa) e nel 2014 (15 e 21).
Raggiungo i 40 anni di contributi nel 2011. Che cosa cambia per me? Nulla. Resta confermata la finestra attuale. Lo spostamento in avanti delle finestre di 1, 2 e 3 mesi riguarda chi maturerà, con 40 anni di contribuzione, i requisiti dal 2012 in poi.
La revisione automatica dei requisiti pensionistici in base alle speranze di vita si applica anche al meccanismo delle quote? Sì. Dal 2013 ci sarà uno scatto di 3 mesi a cui ne seguirà un altro di 4 mesi a partire dal 2016 e un altro, sempre di quattro mesi, nel 2019. Nel triennio 2013/2015 per andare in pensione di anzianità i lavoratori dipendenti dovranno quindi raggiungere, sommando gli anni di età e quelli di contribuzione, quota 97,3 con un minimo di 61 anni tre mesi di età. Per gli autonomi la quota salirà a 98,3, con età minima di 62 anni e tre mesi. Nel triennio successivo ci sarà un altro aumento di quattro mesi. Per i dipendenti la quota salirà a 97,7 (età minima 61 anni e 7 mesi) e per gli autonomi a 98,7, minimo all’anagrafe 62,7. Dal 2019 altri quattro mesi in più. Per il raggiungimento della quota contano anche le frazioni d’anno. Aumento di 3 mesi nel periodo 2013/2015 anche dell’età pensionabile per la vecchiaia: i nuovi limiti sono di 65 anni e 3 mesi per gli uomini e 60 e mesi per le donne. Quattro mesi in più nel triennio successivo. Ricordiamo che una volta raggiunti i requisiti bisogna aspettare anche 12 mesi prima che si apra la finestra se dipendenti e 18 se autonomi.
Ho una pensione di 3.000 euro. Come mi verrà rivalutata? La recente manovra ha previsto, oltre una certa soglia, il blocco della rivalutazione delle pensioni, il meccanismo che annualmente le adegua, in tutto o in parte, all’inflazione. Diciamo subito che non cambia praticamente nulla per chi prende, all’incirca 2.340 euro al mese. Nel 2012 e 2013 gli aumenti Istat si applicheranno con le seguenti regole:
a)al 100% fino a tre volte il trattamento minimo (circa 1.404 euro al mese). Nessuna variazione rispetto ad oggi
b)al 90% tra tre e cinque volte il trattamento minimo (quindi tra 1.404 e 2.340 euro). Nessuna variazione rispetto alla situazione attuale;
c)al 70% ma solo sui primi 1.404 euro se la rendita supera cinque volte il trattamento minimo Inps. Con una pensione di 3.000 euro, quindi, recupererà tutta l’inflazione solo sui primi 1.404 euro,. E poi stop. Il meccanismo è penalizzante. L’aumento sarà davvero minimo. E’ probabile che la norma venga rivista.
Che cosa succede a chi è titolare di più pensioni inferiori ai limiti previsti, ma cumulandole le supererebbe? Grazie al casellario delle pensioni il calcolo dell’adeguamento spettante verrà fatto come se si trattasse di una sola pensione.
DEPOSITO TITOLI
Da quando si applica l’aumento del bollo sul deposito titoli? La norma si dovrebbe applicare dagli estratti conto inviati dal primo luglio, anche se la disposizione lascia qualche dubbio perché la tariffa si riferisce generalmente al 2011. Una conferma indiretta dell’applicazione del bollo solo per sei mesi, per quest’anno, è data dalla relazione tecnica al decreto che indica per il 2011 un gettito pari a poco più della metà di quello previsto per il 2012. Quindi per i primi sei mesi del 2011 tutti pagheranno 17,10 euro indipendentemente dal valore dei titoli custoditi. E sui successivi sei mesi si pagherà il 50% degli importi previsti dalla manovra. Solo dal 2012 la nuova tariffa dovrebbe essere pienamente in vigore.
Come si calcola il valore del deposito titoli ai fini dell’applicazione del nuovo maxi-bollo? Per prima cosa va detto che la nuova imposta assomiglia più a una patrimoniale che a una vera e propria imposta di bollo. Per capire come il nuovo tributo si applica bisogna attendere una circolare esplicativa. Per ora si possono fare solo alcune interpretazioni. La norma prevede che siano tassate le comunicazioni relative al deposito titoli. Viene stabilito un importo annuale che varia a seconda della consistenza del deposito. E poi questo importo viene ripartito tenendo conto della periodicità della comunicazione, che può avvenire su base mensile, trimestrale, semestrale o annuale. Interpretando la disposizione a rigor di logica, quindi, la banca dovrebbe applicare l’imposta di bollo relativa al valore del deposito titoli indicato nella comunicazione inviata al cliente. Ipotizzando un’unica comunicazione a fine anno dovrebbe pertanto contare il valore al 31 dicembre. Ricordiamo che per il 2011 e 2012, è previsto un bollo di 34,20 euro (immutato) per i depositi con valore nominale inferiore a 50.000 euro, di 70 euro oltre i 50.000 e fino a 149.999 euro, di 240 euro da 150.000 euro e fino a 499.999, di 680 da 500.000 euro in su. Dal 2013 il bollo rimarrà invariato per i depositi con valore inferiore a 50.000 euro e poi salirà, rispettivamente, a 230, 780 e 1.100 euro. In alternativa potrebbe essere applicato il criterio del valore medio del deposito nel periodo oggetto della comunicazione. Ma per le banche è una complicazione ulteriore.
Che bollo si applica se ci sono più depositi titoli presso lo stesso istituto? E quali se il patrimonio mobiliare è suddiviso, invece, tra più banche? La legge stabilisce espressamente che conta il valore nominale o di rimborso dei depositi titoli detenuti presso ciascun intermediario finanziario. Quindi si farà la loro somma. In caso di dossier titoli aperti in più banche, ogni istituto applicherà il bollo sul valore del deposito.
Se il valore del proprio capitale supera di poco le varie soglie, oltre le quali scattano gli aumenti, ha senso liquidare parte dei titoli per non pagare un bollo maggiorato? La vendita di un titolo dovrebbe avvenire dopo una valutazione sulle sue prospettive, sulla performance ottenuta o in base alle proprie necessità economiche. Detto questo, se il valore del dossier è poco sopra le varie soglie, può essere conveniente riportarlo al di sotto. Facciamo un esempio, proiettandoci al 2013. Un deposito titoli fino a 49.999 euro pagherà lo stesso bollo di oggi: 34,20 euro. Se il deposito ammonta a 50.100 euro il bollo, però salirà a 230 euro, quasi 196 euro in più. Vuol dire che per pareggiare la maggiore tassa dovuta quei 100 euro di sforamento dovrebbero rendere in un anno il 195,8%. Un assurdo. Ma anche a quota 55.000 potrebbe essere conveniente riportare il dossier sotto i 50.000 mila. In questo caso, infatti, i 5.000 euro eccedenti la soglia dovrebbero rendere il 3,97% netto, che non è poco. Stesso discorso per chi sta poco sopra quota 150.000 euro o 500.000 euro. Una possibile strategia è quella di investire l’eccedenza in strumenti finanziari che non rientrano tra quelli da inserire nel deposito titoli, ad esempio i pronti contro termine, i fondi monetari. O mettere l’eccedenza su un deposito a parte e ben remunerato. E’ probabile che le banche arrivino ad offrire prodotti di questo tipo.
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Se il capitale supera certe dimensioni, ha senso dividerlo su più banche? Ragionando solo in termini di convenienza economica sì, tenendo però conto che si pagheranno maggiori commissioni bancarie. E, comunque, non in tutti i casi. Il discorso vale soprattutto dal 2013 perché, ad esempio, due dossier titoli su due banche diverse ognuno di 145.000 euro, totale 290.000 euro, pagheranno complessivamente un bollo di 460 euro invece di 780 euro: 320 in meno. Oppure per due da 40 mila si pagheranno 68,40 euro invece di 230. Oltre i 500 mila euro il giochetto non ha senso.