Per i marchi tutela penale dal deposito
Non si torna indietro. Gli strumenti di difesa dalla contraffazione
possono essere azionati non solo a riconoscimento avvenuto del
copyright, ma anche appena si richiede la registrazione di un marchio o
di un segno distintivo. La Cassazione ha definitivamente abbandonato i
vecchi bizantinismi in base ai quali la tutela penale del marchio
avrebbe bisogno del passaggio formale dell’avvenuta registrazione.
Circostanza che in passato ha segnato le sorti di molti procedimenti,
con buona pace dei titolari di brand.
Difesa più facile
Oggi è sufficiente aver depositato la richiesta di registrazione
per attingere all’armamentario normativo posto a difesa della proprietà
industriale (in primo luogo il codice penale). Non solo. Prima di
dichiarare l’eventuale nullità del marchio, per sostenere
l’insussistenza del reato, è necessario procedere a una profonda e
completa istruttoria. A ribadirlo è la II sezione penale della
Cassazione che, con l’ordinanza 4217/2010, ha rispedito al tribunale di
Novara gli atti del procedimento a carico di una Srl che produce un
giocattolo simile al cubo di Rubik.
I giudici piemontesi del riesame avevano infatti annullato il
sequestro di circa 25mila articoli ritenendo insussistente la
violazione non tanto per l’assenza della contraffazione, quanto per la
nullità del marchio. Secondo il procuratore della Repubblica presso il
tribunale di Novara, che ha proposto ricorso per cassazione contro
l’annullamento, i giudici del riesame non avrebbero verificato la
sussistenza del fumus commissi delicti – che può giustificare o meno il
sequestro –, ma avrebbero anticipato, in sostanza, la decisione di
merito ritenendo insussistente il fatto contestato sulla base di una
valutazione incidentale di nullità del marchio.
Inoltre, la Seven Towns Ltd, che produce il cubo di Rubik, è
intervenuta nel procedimento depositando una memoria e ha sottolineato
come il tribunale di Novara non abbia tenuto conto di due importanti
decisioni prese dall’Ufficio armonizzazione del mercato interno.
L’Uami, infatti, nell’ottobre del 2008 e nel settembre del 2009 aveva
rigettato, in primo e secondo grado, la richiesta di nullità del
marchio in questione avanzata proprio dalla ditta che avrebbe
contraffatto il gioco. Di fatto, l’autorità amministrativa ha ribadito
la regolarità del marchio. Ma, nonostante questo, il tribunale di
Novara ne ha sostenuto la nullità perché la registrazione in sede
comunitaria del cubo di Rubik come «marchio di forma» sarebbe
illegittima.
Valutazioni amministrative
Secondo la Cassazione, invece, per ritenere insussistente la
configurabilità del reato ipotizzato non è sufficiente la valutazione
sommaria della disciplina vigente effettuata dal tribunale del riesame.
Proprio perché dovevano essere presi in considerazione ulteriori
elementi. In primo luogo la procedura amministrativa davanti all’Uami
che aveva respinto la richiesta di nullità del marchio. Ma, a
prescindere dall’esito del ricorso all’Uami, il semplice fatto di non
averlo neanche considerato è indice della «intrinseca lacunosità» della
valutazione operata dal tribunale.
La tutela penale dei marchi, ha ribadito la Cassazione, mira a
garantire l’interesse preminente della fede pubblica, oltre a quello
privato dell’inventore. Per questo le norme incriminatrici scattano
sempre che il marchio che si presume falsificato sia stato depositato,
registrato o brevettato nelle forme di legge. La giurisprudenza,
tuttavia, ha ampliato tale concetto e ha anticipato la tutela penale al
momento della presentazione della domanda di registrazione. Nel caso in
esame, invece, il tribunale sembra aver instaurato una sorta di
“processo nel processo”. Non si è limitato a verificare la sussistenza
del fumus commissi delicti, ma ha tentato di verificare la fondatezza
dell’ipotesi accusatoria mettendo peraltro in discussione questioni
tecniche, quali la nullità del marchio di forma, sulle quali l’autorità
amministrativa di riferimento aveva dato il proprio parere.
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L’ULTIMA SENTENZA Un decreto di sequestro di prodotti ritenuti
contraffatti non può essere annullato dal tribunale del riesame
argomentando in via incidentale, e senza considerare tutti i necessari
elementi di valutazione, che il marchio comunitario non è valido perché
non soddisfa le condizioni richieste per la registrazione. Nel caso di
specie si trattava del sequestro di «cubi di Rubik» contraffatti
(Cassazione penale, sentenza 4217/10).
che il marchio ritenuto contraffatto sia stato depositato, registrato o
brevettato. La falsificazione dell’opera dell’ingegno può aversi
soltanto se essa sia stata formalmente riconosciuta come tale. La
Cassazione (sentenza 6418/98) ha così annullato la condanna nei
confronti di un gioielliere che aveva esposto bracciali in oro identici
a quelli descritti in un brevetto (non ancora riconosciuto all’epoca
dei fatti).
GLI INDIRIZZI PIÙ RECENTI Più recentemente la Cassazione ha
anticipato la tutela penale al momento della presentazione, nelle forme
di legge, della domanda di registrazione o di brevetto accompagnata
dalla descrizione dei modelli di cui si rivendica l’esclusiva. Ad
esempio, la Cassazione (sentenza 6323/07) ha respinto la richiesta di
riesame del sequestro di varie paia di calzature che imitavano modelli
originali
IL MADE IN ITALY Integra il reato di vendita di prodotti
industriali con segni mendaci la messa in vendita con la dicitura «made
in Italy» di un prodotto che non può considerarsi di origine italiana,
in quanto la disciplina di settore considera tale marchio posto a
tutela di merci integralmente prodotte sul territorio italiano o
assimilate ai sensi della normativa europea in materia di origine
(Cassazione penale, sentenza 34103/05)
LA TUTELA DEL BREVETTO L’articolo 473 del codice penale punisce
la contraffazione o l’alterazione di segni distintivi di opere
dell’ingegno o di prodotti industriali tali da ingenerare confusione
nei consumatori e da nuocere al generale affidamento, mentre ricorre il
reato previsto dall’articolo 127, comma 1, del Dlgs 30/05 nel caso in
cui l’abusiva utilizzazione di un prodotto leda solo lo specifico
interesse patrimoniale di chi lo ha brevettato (Cassazione penale
37553/08).