Per le banche ricerca difficile sulla causale dei bonifici
Cammino a ostacoli per l’applicazione della ritenuta in relazione alle spese per ristrutturazioni e risparmio energetico. L’articolo 25 del decreto legge 78/2010 ha introdotto, a decorrere dal 1° luglio 2010, un nuovo obbligo in capo alle banche: operare la ritenuta d’acconto del 10% dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari all’atto dell’accredito dei pagamenti di talune tipologie di bonifici.
Le indicazioni di carattere operativo sulle tipologie di pagamenti e le modalità di esecuzione dei versamenti, della certificazione e della dichiarazione delle ritenute operate, sono arrivate, con notevole ritardo, solo lo scorso 30 giugno, con provvedimento n. 94288/2010 e risoluzione n. 65/E. Gli operatori si trovano ora a gestire un adempimento che richiederà importanti interventi (da tre a sei mesi) sulle procedure. Non si comprende, perciò, il motivo per cui non sia stato concesso un congruo differimento dell’entrata in vigore.
La norma dispone che la ritenuta sia applicata all’atto dell’accredito dei bonifici, senza chiarire da parte di quale banca: se quella del disponente o quella del beneficiario. La questione è stata risolta ufficialmente solo con il provvedimento n. 94288/2010, benché nella relazione al decreto, vi fosse l’ufficiosa indicazione che la ritenuta è «operata dalla banca del beneficiario del bonifico all’atto di accreditamento (…)». Il provvedimento ha confermato quanto indicato nella relazione.
Il provvedimento n. 94288/2010 chiarisce, inoltre, che i bonifici soggetti a ritenuta sono quelli relativi a spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio, ex articolo 1, della legge 449/1997 (con bonus del 36%) e spese per interventi di risparmio energetico ex articolo 1, commi 344, 345, 346 e 347, della legge 296/2006 (con beneficio del 55%).
Per le banche, il principale problema è “come” intercettare i bonifici in arrivo relativi alle spese per interventi di recupero e risparmio energetico. A oggi, gli operatori non possono fare altro che cercare nelle causali dei bonifici alcune “parole chiave” (per esempio 449, 296, recupero, energetico). Ma è una soluzione poco sicura: a volte, oltre a tutto, l’informazione nel passaggio “informatico” da banca a banca si perde. Forse sarebbe stato meno complicato gestire il prelievo sulla banca disponente, ma questa soluzione avrebbe incontrato difficoltà nel reperire i dati del beneficiario per la certificazione delle ritenute imposta dalla legge e dal provvedimento.
Sarebbe più pratico se l’agenzia delle Entrate chiarisse che la certificazione è sostituita dall’evidenza della ritenuta nell’estratto conto del beneficiario, come accade per le ritenute sugli interessi dei conti correnti e delle obbligazioni (nota 15/81 del 1979).
La norma presenta comunque altri aspetti discutibili. Per esempio, se il bonifico viene accreditato su un conto aperto presso una banca non residente, questa non è, ovvimente, obbligata a operare la ritenuta. Per contro, un operatore non residente privo di stabile organizzazione in Italia che riceva il bonifico su un conto italiano sarà soggetto a ritenuta anche in assenza del presupposto impositivo, dato che i redditi d’impresa sono tassabili in Italia solo se prodotti per mezzo di una stabile organizzazione. Il beneficario dovrebbe essere messo in condizione di essere esonerato dal prelievo, certificando alla sua banca di non avere una stabile organizzazione in Italia.