Per l’interpello istanza preventiva al comportamento del richiedente
Interpello (ordinario) al nodo della preventività del comportamento del contribuente. L’agenzia delle Entrate ha infatti “in cantiere” una nuova circolare su questo aspetto cruciale dell’istituto. In questi anni l’interpello è stato spesso utilizzato dai contribuenti per avere una conferma del proprio comportamento, quando questo era già stato posto in essere, non tenendo conto della finalità “preventiva” indicata nello Statuto del contribuente (articolo 11 della legge 212/2000). Vale a dire della necessità, da parte del contribuente, di essere informato riguardo l’effettiva portata degli obblighi tributari e, soprattutto, di conoscere in modo certo le conseguenze di carattere fiscale del proprio operato.
Una caratteristica che dovrà essere ripristinata se si vorrà ottenere che l’interpello diventi a tutti gli effetti uno degli istituti principali di deflazione delle liti con il Fisco.
La portata fortemente innovativa dell’interpello si deve al fatto che è stata riconosciuta la possibilità a ciascun contribuente, senza limitazione alcuna, di richiedere preventivamente all’amministrazione finanziaria un “parere” circa il suo operato. All’epoca dello Statuto esistevano già degli interpelli, che però potevano definirsi “elitari”, in quanto riguardavano solo specifiche situazioni, in particolare a carattere antielusivo.
Nella relazione di accompagnamento allo Statuto si legge che l’istituto deve garantire «certezza e sicurezza a tutti: al piccolo contribuente che non può pagarsi costose consulenze, all’imprenditore che non sempre trova nella consulenza le ragioni di certezza, all’investitore straniero che considera l’incertezza dell’ordinamento tributario italiano una delle remore più grandi al radicamento nel nostro Paese». Dalla lettura della norma (e dal Dm 209/2001), si colgono quali sono gli elementi caratterizzanti la richiesta di interpello. In particolare, viene stabilito che il contribuente può rivolgersi all’amministrazione finanziaria: in relazione a una difficoltà interpretativa connessa all’applicazione di una disposizione normativa a un caso concreto e personale; prima di porre in essere il comportamento giuridicamente rilevante ovvero prima di dare attuazione alla norma oggetto dell’interpello; solo qualora sussistano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione della disposizione tributaria ritenuta applicabile al caso concreto e personale.
Con riguardo alla questione della preventività, questa risulta legata a una presunta conflittualità con l’istituto del ravvedimento operoso. Secondo le “premesse” al regolamento attuativo, il carattere preventivo dell’interpello si deve al fatto che se l’istituto non avesse questo carattere, il contribuente, una volta acquisito il parere dell’amministrazione finanziaria, potrebbe sempre correggere il proprio comportamento dopo avere presentato la dichiarazione, fruendo delle sanzioni ridotte del ravvedimento. Peraltro, nel tempo queste riduzioni sono state ulteriormente diminuite, fino ad arrivare a un decimo del minimo per l’ipotesi di infedeltà della dichiarazione (in sostanza, la sanzione ridotta da ravvedimento risulta oggi pari al 10%, in caso di correzione di un’infedeltà).
Gli effetti dell’interpello non sono stati sempre compresi. La risposta dell’amministrazione è vincolante, infatti, solo per quest’ultima. La norma prevede che risulta nullo qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità della risposta espressa o tacita dell’amministrazione. Occorre anche ricordare che se quest’ultima non risponde nei termini si crea silenzio assenso e che la norma stabilisce che non possono essere irrogate sanzioni nei confronti del contribuente che non abbia ricevuto risposta in relazione alla questione oggetto dell’istanza (se valida).