Piccole imprese strangolate, lo Stato paga a quattro mesi. «Nel Sud più ritardi»
Il legislatore comunitario l’ha messo nero su bianco già da un anno: la pubblica amministrazione deve provvedere al pagamento dei servizi richiesti alle imprese entro il termine tassativo di 30 giorni, pena sanzioni e diffide. E l’Italia come si sta muovendo per accogliere i desiderata di Bruxelles? Per ora – dopo una gestazione lunga mesi – il disegno di legge che tra le altre misure tenta di recepire il portato comunitario è quello elaborato da Raffaello Vignali e il suo Statuto delle Imprese. Proprio giovedì l’approvazione unanime al Senato e ora l’ultimo – definitivo – passaggio alla Camera prima della promulgazione. Ma al netto dei tempi – spesso biblici – della politica quale situazione si trovano a fronteggiare le oltre 4 milioni di piccole e medie imprese italiane?
IL RAPPORTO – La veneta Fondazione Impresa, nella sua ultima indagine condotta su un campione di oltre 1.200 aziende con meno di venti addetti, lancia l’allarme per il ritardo dei pagamenti di servizi e commesse da parte dello Stato. Problema conclamato, certo, la medicina la si conosce, ma l’imposizione comunitaria sta sortendo gli effetti sperati? Per ora no, anzi. L’Italia, già maglia nera in Europa, continua a proseguire la sua folle corsa a ritroso, accumulando anno dopo anno dati poco lusinghieri. Scrive Fondazione Impresa che nel primo semestre 2011 i tempi medi di pagamento della pubblica amministrazione nei confronti delle pmi si è ulteriormente dilatato di 7,8 giorni raggiungendo, in valore assoluto, poco più di 92 giorni complessivi. Ma il dato che preoccupa di più è quello relativo ai tempi di pagamento nei confronti delle imprese manifatturiere, su cui la nostra economia ha costruito nei lustri passati l’architrave per entrare a pieno titolo tra i Grandi del mondo. Ebbene, qui i tempi medi di solvibilità da parte dello Stato supera persino i 120 giorni, quattro mesi tra la realizzazione di una commessa e la sua effettiva contropartita in denaro.
LA SCURE COMUNITARIA – Ecco perché lo Stato inadempiente nei confronti dei privati potrebbe dar luogo a una spirale negativa nel caso venisse recepita con celerità la direttiva comunitaria 7/2011 che prescrive il limite massimo di un mese tra erogazione di un servizio e corrispettivo pagamento. Se ora in nessuna parte del Paese il limite è rispettato quando il legislatore italiano accoglierà il dettato comunitario il rischio che si staglia dietro l’angolo è un rincorrersi di diffide e sanzioni nei confronti di ministeri ed enti locali. Con un aggravio insostenibile per la spesa pubblica? Alla politica l’onere di trovare il compromesso tra le richieste legittime delle imprese e la tenuta dei conti pubblici, già gravati dal fardello sempre più pesante di interessi crescenti sul debito.