Pillola abortiva Ru486: in Francia è in commercio dal 1988
La pillola “della discordia” è approdata
in Francia per la prima volta oltre 20 anni fa tra le proteste del
fronte antiabortista. Correva l’anno 1988. L’alternativa farmacologica
all’intervento chirurgico per l’interruzione volontaria della
gravidanza – nome in codice Ru486 – è stata ad oggi somministrata a
oltre un milione e mezzo di donne in Europa, più di 650 mila negli Usa.
Nel 2005, l’Organizzazione mondiale della sanità l’ha inserita nella
lista dei farmaci essenziali. L’Europa, su questo fronte, è un
Continente a due velocità. Se a far d’apripista fu la Francia, ci sono
Paesi, oltre all’Italia almeno fino ad oggi, dove la pillola non è
ancora approdata. Manca infatti in Islanda, Irlanda, Repubblica Ceca,
Polonia, Slovacchia, Bulgaria, Bielorussia, Moldavia, Bosnia
Erzegovina, Serbia, Macedonia, Albania, Turchia. Mentre è disponibile
in Austria, Belgio, Danimarca, Svezia, Norvegia, Estonia, Lettonia,
Finlandia, Ucraina, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna,
Svizzera e Grecia.
Nella procedura di mutuo riconoscimento avviata dall’azienda
produttrice, l’Exelgyn Laboratoires, oltre all’Italia sono coinvolte
anche Portogallo, Romania, Ungheria e Lituania.
Le ricerche per mettere a punto il farmaco abortivo iniziarono negli
anni ’70 in Francia, nei laboratori Roussel-Uclaf. Etienne-Emile
Baulieu, considerato il papà della Ru486, presentò per la prima volta i
risultati clinici del mifepristone nell’82, all’Accademia delle
scienze, come alternativa all’aborto per aspirazione.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della determina – sulla
quale oggi si è abbattuta lo stop del ministro del Welfare Maurizio
Sacconi, che ha sottolineato la necessità di un parere del Governo
sulla compatibilità tra la legge 194 e la Ru486 seguito da una nuova
determina Aifa – le donne che in Italia decidono di interrompere la
gravidanza potranno scegliere fra due procedure: quella tradizionale,
che prevede ricovero, anestesia, intervento da effettuare entro le
prime 12 settimane di gestazione; e quella farmacologica, che consiste
nella somministrazione in ospedale di due pillole: il mifepristone,
appunto, seguito dalla prostaglandina, una molecola che provoca
contrazioni uterine ed espulsione dei tessuti embrionali.
La Determina che oggi ha avuto lo stop del ministro oltre a quella
della Commissione Sanità del Senato, rimandava a Stato e Regioni le
disposizioni per il corretto percorso di utilizzo clinico del farmaco
all’interno del servizio ospedaliero pubblico, come previsto dagli
articoli 8 e 15 della legge 194. In Italia, comunque, il farmaco è già
stato testato in diversi ospedali.
La prima sperimentazione, finita subito al centro delle polemiche, al
Sant’Anna di Torino, dove nel settembre del 2005 l’allora ministro
della Salute Francesco Storace inviò gli ispettori, per poi sospendere
e imporre il ricovero alle donne che intendevano interrompere la
gravidanza avvalendosi del farmaco. A novembre dello stesso anno lo
studio clinico nell’ospedale torinese riprende, mentre all’ospedale
Lotti di Pontedera (Pisa) iniziano a usare il farmaco importandolo caso
per caso.
Nel 2006 alcuni ospedali di Toscana, Emilia Romagna, Puglia e Trentino
ne seguono l’esempio. Sia l’Europa che l’Organizzazione mondiale della
sanità danno certezze sulla sicurezza del farmaco. Ma i dubbi, al
riguardo, non mancano. A sollevarli in Italia, nei mesi scorsi, un
documento che il ministero del Welfare, alla luce dei dati richiesti e
ottenuti dall’azienda produttrice Exelgyn, aveva inviato al Comitato
tecnico scientifico dell’Aifa per avere ulteriori chiarimenti sul
farmaco. Stando alla documentazione, sarebbero almeno 29 le morti
causate dalla Ru486, a fronte dei 16 decessi attribuiti ufficialmente
alla pillola abortiva.