Più costruzioni rurali non comportano la residenzialità dell’insediamento
Una pluralità di costruzioni rurali, rispettose delle
prescrizioni di p.r.g., non può confondersi con un insediamento
residenziale, tipicamente segnalante un abusivo progetto lottizzatorio
in via di concretizzazione: in tale prospettiva, acquista un rilievo
predominante la circostanza che l’uso dei singoli lotti non possa
implicare uno stravolgimento della zona agricola in senso residenziale,
malgrado la presenza dei c.d. conduttori in economia di fianco ai
coltivatori diretti.
Secondo i Giudici di Palazzo
Spada, di fronte ad una serie di disposizioni urbanistiche locali che
qualificano una porzione di territorio come “agricola” e che,
pertanto, ammettono l’esistenza di fabbricati per civile abitazione
aventi carattere rurale, non è possibile inferire che la destinazione
dell’area medesima sia de facto mutata in residenziale solo perché vi
siano più fabbricati rurali. Rispondendo, dunque, a chi teorizzava la
residenzialità di una porzione di territorio a fronte della formale
destinazione urbanistica ad uso agricolo, il Collegio ha precisato che
quando i fabbricati sono destinati non a mera civile abitazione ma ad
abitazione di tipo rurale (connessa, pertanto, alla conduzione del
fondo agricolo, in economia o con azienda di coltivazione diretta) non
si realizza alcun mutamento urbanistico della destinazione dell’area.