Pompe funebri: truffa in camice bianco Indagati medici, infermieri e impresari
NAPOLI (21 maggio) – In alcuni casi li
hanno trovati con il camice addosso, perfettamente mimetizzati e a loro
agio tra le corsie di un ospedale e il via vai di infermieri e
barellieri. Non erano dottori, né assistenti sanitari: erano uomini
legati al presunto «sistema» delle pompe funebri , su cui da qualche
mese si sono concentrate le indagini della polizia.
Uomini di un probabile «cartello» in grado di far quattrini in modo
rapido, lucrando su un evento naturale e trasversale: il decesso, la
morte, il trapasso. È l’ultima frontiera investigativa sul business del
caro estinto, che punta ad accertare l’esistenza di un «sistema»
organizzato, strutturato grazie a ruoli e contributi ben definiti. È
l’ultima indagine sugli affari illeciti che ruotano attorno a cimiteri
e sale mortuarie.
Detto in soldoni, l’ultima inchiesta sul caro estinto ha uno schema
elementare: quando in un ospedale si registra il decesso di un
paziente, scatta in automatico il «sistema». C’è chi, dall’interno,
avverte un amico delle pompe funebri. C’è, per dirla tutta, chi – tra
medici o infermieri – si precipita ad avvisare il proprio contatto, che
a sua volta non perde tempo e si presenta al cospetto dei parenti del
defunto per chiudere un contratto, per piazzare un nuovo affare.
Inchiesta condotta dalla Mobile, coordinata dal pool mani pulite del
procuratore aggiunto Francesco Greco e dal pm Henry John Woodcock.
Mesi di indagine, ascoltate decine di potenziali testimoni, ci sono i
primi riscontri: una decina di indagati, tra medici e infermieri e,
neanche a dirlo, rappresentanti delle pompe funebri. Associazione per
delinquere, corruzione, concussione, falso, i reati ipotizzati. C’è un
sospetto su tutti, che punta ad accertare l’esistenza di un cartello di
imprese funebri, in grado di piazzare i propri rappresentanti negli
ospedali di Napoli e provincia.
Presìdi illegali, perfettamente mimetizzati, quasi invisibili.
Decisivi, comunque, ad ottenere le informazioni giuste, con il più
classico dei metodi illegali: corrompendo con vere e proprie dazioni di
denaro medici e infermieri. Soldi contro favori, mazzette in cambio
delle soffiate giuste. E non si tratta di pochi spiccioli, stando a
quanto emerge dall’inchiesta.
Tanto che l’ultimo step riguarda la «mappatura» dei principali ospedali
del capoluogo napoletano, per accertare la presenza (e il volume
d’affari) di questa o quella impresa funebre in una determinata realtà
territoriale. Sono sei le ditte finite nel mirino della magistratura.
Mesi di indagine, arrivano conferme sulle ipotesi di corruzione, sulla
disponibilità di medici o infermieri di porsi al servizio della ditta
di riferimento.
Soffiate, tangenti per violare la privacy di un intero nucleo
familiare, per dimenticare le regole della propria deontologia, ma non
solo. Sul tavolo degli inquirenti, c’è anche l’ipotesi di falso: alcuni
referti di avvenuto decesso sarebbero stati infatti falsificati dal
medico di turno. A partire dall’orario della morte di un degente, un
espediente evidentemente usato per consentire alla ditta «amica» di
muovere le proprie fila e presentarsi lì, valigetta in mano, al momento
giusto. Meccanismi in automatico, un «sistema» che sembra abbastanza
rodato.
Dall’ospedale al cimitero, una filiera studiata a tavolino. Dolore,
debolezza, solitudine fanno da cornice. Raccolte testimonianze,
inchiesta sotto traccia, che si avvale di metodi classici: dal cimitero
all’ospedale dove è avvenuto il decesso, si procede a ritroso, sul
tavolo degli inquirenti una mappa di ospedali e di ditte. Poi, nomi di
professionisti e attestati di morte da decifrare: così l’inchiesta sul
business cimiteri prende decisamente il volo.