Precari pubblici, il giudice apre al riconoscimento dell’anzianità di servizio
Spiraglio per il riconoscimento dell’anzianità di servizio dei precari
pubblici. Ad aprirlo è il tribunale ordinario di Torino, sezione
lavoro, che, con la sentenza n. 4148, depositata il 9 novembre (giudice
Paliaga), ha applicato direttamente le disposizioni contenute nella
direttiva Ue 1999/70 (a cui fa riferimento la normativa italiana sul
contratto a termine) e ha accolto la richiesta di una dipendente di un
ente di ricerca (difesa dagli avvocati Roberto Bausardo e Angelica
Savoini) che – assunta a tempo indeterminato a seguito di concorso
pubblico dopo alcuni contratti a termine – aveva chiesto il
riconoscimento dell’anzianità pregressa.
Il riconoscimento dell’anzianità, nel caso deciso dal tribunale di
Torino, era anche previsto nel contratto individuale di lavoro
stipulato al momento dell’assunzione. Tanto che, in un primo momento,
dopo l’assunzione, l’ente aveva attuato questa clausola e riconosciuto
l’anzianità pregressa. Ma poi, ritenendo di aver contravvenuto le
disposizioni normative e contrattuali, aveva riconosciuto l’anzianità
di servizio solo dalla data della conversione del contratto a termine
in contratto stabile. L’ente aveva infatti ritenuto di applicare al
caso della ricorrente l’interpretazione delle disposizioni sulla
stabilizzazione dei contratti a termine nella Pa, fornita dal
dipartimento della Funzione pubblica con la circolare 5/2008, in base
alla quale l’assunzione a tempo indeterminato, quale momento conclusivo
della procedura di stabilizzazione, è priva di continuità rispetto al
precedente rapporto di lavoro, «con la conseguenza che il periodo non
di ruolo non è utile neppure ai fini dell’anzianità di servizio».
Il
giudice del lavoro ha però osservato che questa conclusione altro non è
che la formale applicazione, alle assunzioni derivanti dalla
stabilizzazione del rapporto di lavoro, della regola propria di tutte
le nuove assunzioni. Quello che il tribunale è chiamato a decidere è,
quindi, se sia possibile derogare a questa regola con una clausola del
contratto individuale.
Secondo il tribunale di Torino non solo, nel
caso esaminato, la deroga è ammissibile ma è addirittura doverosa,
perché altrimenti si andrebbe contro il divieto di discriminazione tra
lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato, stabilito
dalla clausola 4 dell’accordo quadro recepito con la direttiva Ue
1999/70 sul contratto a tempo determinato.
Questa clausola fissa il
divieto di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno
favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, comparabili per il
solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo
determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive. In
particolare, i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a
particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi, sia per i
lavoratori a tempo determinato, sia per quelli a tempo indeterminato,
eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano
giustificati da motivazioni oggettive.
Per sostenere l’applicabilità diretta della clausola, il tribunale
di Torino richiama la giurisprudenza della corte di giustizia Ue e, in
particolare, la sentenza emessa il 13 settembre 2007 (nella causa
C-307/05), con la quale i giudici europei si sono pronunciati sulla
vicenda di una dipendente dell’amministrazione sanitaria spagnola: che,
assunta dopo 12 anni di contratti a termine, aveva chiesto il
riconoscimento degli scatti di anzianità triennali maturati durante gli
anni di precariato, mentre una legge nazionale della Spagna riconosce
questi scatti solo per i contratti a tempo indeterminato. E la corte Ue
ha ammesso il riconoscimento degli scatti di anzianità maturati durante
il contratto a termine proprio applicando la clausola quattro
dell’Accordo quadro sui contratti a termine. Se le “retribuzioni” – ha
spiegato la corte Ue – sono (in base all’articolo 137 n. 5 Ce) escluse
dalla materia che può essere regolata dagli accordi Ue, questa
esclusione non può però impedire a un lavoratore a tempo determinato di
chiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una
condizione di impiego riservata ai lavoratori a tempo indeterminato,
quando comporta una differente retribuzione.
Pertanto, conclude il
giudice di Torino, la diretta applicabilità della clausola quattro
dell’accordo quadro impone di considerare del tutto legittima la
previsione del contratto individuale di lavoro. Non solo. Il giudice
arriva a precisare che, in virtù della diretta applicabilità della
clausola dell’accordo quadro, anche se la previsione del contratto
individuale non ci fosse o fosse in contrasto con il diritto interno,
la lavoratrice avrebbe avuto comunque il diritto di chiedere il
riconoscimento, al momento dell’assunzione, dell’anzianità di servizio
maturata per il pregresso periodo di lavoro a tempo determinato.