Prescritte troppe medicine «Deve pagarle il medico»
MILANO— Il medico di famiglia che prescrive più farmaci
mutuabili del necessario oppure senza gli esami preventivi imposti dal
Servizio sanitario nazionale deve rimborsare la spesa all’erario, anche
se dal punto di vista clinico la ricetta era corretta. La Corte dei
conti condanna un medico di base «iperprescrittore» aprendo uno
scenario nuovo nel contrasto agli sprechi delle ricette facili nella
spesa sanitaria, che nel 2009 ha fagocitato 102,6 miliardi di euro. È
la chiusura della «vertenza» aperta dalla Procura della Corte dei Conti
della Lombardia nel 2005, quando sotto la lente di ingrandimento della
Guardia di Finanza di Milano finirono 564 medici sospettati di
prescrivere troppi farmaci. L’indagine nasceva dal sospetto che alcune
aziende farmaceutiche facessero «comparaggio», la pratica di elargire
viaggi gratis in località esotiche con la scusa di fantomatici
convegni, computer, telefonini e regalie varie a medici che poi
prediligevano nelle ricette i prodotti delle stesse aziende. Grazie ai
sistemi informatici delle Regioni, che memorizzano le ricette «rosse»
staccate dai dottori (quello della Lombardia è all’avanguardia), la Gdf
si concentrò su 277 medici che per due anni avevano sforato del doppio
la media statistica delle prescrizioni e non erano rientrati nei limiti
nonostante gli ammonimenti delle Asl. Il danno ipotizzato era di 12,3
milioni.
Dopo che i nomi finirono in un fascicolo del vice procuratore generale
Paolo Evangelista, 56 medici hanno risarcito volontariamente l’erario
per 121 mila euro, 6 sono stati citati in giudizio, 108 sono sotto
indagine, i restanti lo saranno presto. Contro l’inchiesta si schierò
una sigla sindacale autonoma che organizzò una forte protesta durante
la quale alcuni medici si incatenarono di fronte agli uffici della
Corte per dire «no al risparmio sulla pelle dei malati». Nella
sentenza, i giudici (Vetro, presidente, Massa, Tenore, relatore) non
nascondono che si tratta di un «delicato problema». Imedici prescrivono
i farmaci seguendo «scienza e coscienza», ma contemporaneamente devono
rispettare le norme sull’impiego delle medicine fissate dal Ssn anche
per il contenimento della spesa pubblica. «Medico e paziente devono
essere consapevoli del fatto che le risorse disponibili per la sanità
sono relativamente limitate».
Il criterio da seguire è quello della «appropriatezza» dei farmaci in
relazione alle malattie e ai pazienti. Ogni medico di base ha a
disposizione un prontuario e altra documentazione dove sono riportate
le caratteristiche dei farmaci rimborsati dal Servizio sanitario e le
procedure per la loro prescrizione. Un medico che ritiene di dover
prescrivere un farmaco, ma non può farlo perché le norme vietano di
addebitarlo al Ssn, può trovarsi di fronte a un « conflitto con quello
che la sua scienza e la sua coscienza gli dettano per il bene del
paziente», se quest’ultimo non è in grado di pagare di tasca propria le
medicine. Per questo, secondo i giudici contabili, il medico deve
potersi muovere con un certo «margine di discrezionalità».
Per condannarlo, cioè, non basta il solo sforamento dei parametri.
Il collegio si è rivolto a tre periti di fama per verificare i 9 casi
presi a campione dalla Procura. Le conclusioni, però, non sembrano
avere nulla a che fare con «scienza e coscienza». In sei episodi,
infatti, ci sarebbero stati comportamenti «ingiustificati e gravemente
colposi». Talvolta il farmaco era corretto dal punto di vista clinico,
ma non lo erano le procedure seguite prima di arrivare alla
prescrizione. In certi casi, invece, sono stati prescritti 4 o 5 cicli
di somministrazione, quando ne sarebbe bastato solo uno. Il medico
dovrà risarcire al Ssn 2.840 euro con gli interessi e, assieme al
sindacato che ha voluto affiancarlo nella causa, pagare i costi dei
periti.