Primi «paletti» all’utilizzo degli occhiali 3D
Niente Avatar o Alice in 3D per i bambini con meno di sei anni. E stop
agli occhiali multiuso. Gli esperti del Consiglio superiore di sanità
(Css), organo consultivo del ministero della Salute, hanno espresso il
loro parere: l’uso delle lenti per la visione tridimensionale dei film
al cinema (la grande scommessa partita da Hollywood) è «controindicato»
per i più piccoli, va «limitato nel tempo» per gli adulti e dev’essere
garantito con «fornitura di tipo monouso».
Il verdetto, restrittivo
come nessuno al mondo, è stato inviato ieri ai Dipartimenti di
prevenzione delle Asl, al ministero dell’Economia, al comando dei Nas
(che in un mese hanno già sequestrato 7mila paia di occhiali) e al
Codacons. Che per primo ha raccolto e denunciato le segnalazioni di
spettatori che accusavano vertigini, mal di testa e nausea. L’ultima
“vittima” proprio ieri: una bambina milanese di tre anni finita al
pronto soccorso oftalmico con l’occhio gonfio come una noce per
un’«infiammazione acuta» cominciata poche ore dopo la visione di “Alice
in the Wonderland” di Tim Burton. I genitori hanno già annunciato che
faranno causa al gestore.
La tesi del Css è chiara: le lenti 3D non
sono dannose e non ci sono «controindicazioni cliniche» all’uso, purché
per brevi periodi. Ma il rischio di infezioni (come sembra capitato
alla bimba milanese) rende necessari gli occhiali monouso. Comunque non
sufficienti per i più piccoli, ritenuti più a rischio di «disturbi di
ordine funzionale». Come mai? La spiegazione sta nel funzionamento
dell’illusione stereoscopica, basata sull’uso di lenti e proiettori
polarizzati, che filtrano i fasci luminosi in modo selettivo: uno in
senso orizzontale e uno in verticale. «Ogni occhio, con le lenti, vede
solo il filmato girato dalla relativa telecamera ed è questa visione
binoculare a far percepire la terza dimensione», spiega Mario Stirpe,
presidente dell’Irccs oftalmologico Fondazione Bietti, che ha fornito
agli esperti del ministero una relazione ad hoc. «Nei bimbi in tenera
età la visione binoculare può non essere ancora presente o non del
tutto consolidata o possono esserci difetti visivi non diagnosticati. E
poi c’è la preoccupazione che questa tecnologia dilaghi nei videogiochi
per l’infanzia».
La decisione del Css suona dunque come un argine
cautelativo. «Mi sembra solo un eccesso di zelo tutto italiano»,
commenta critico Paolo Protti, presidente Anec (Associazione nazionale
esercenti cinematografici), che ricorda come siano «già 14 milioni gli
italiani che tra il 2009 e il 2010 hanno visto un film in 3D».
Paletti
a parte, Matteo Piovella, presidente della Società oculistica italiana,
invita a seguire il buon senso: «Chi avverte malessere deve sospendere
la visione e riprenderla solo se il disturbo è passato. La
tridimensionalità è una vera finzione ottica che comporta un lavoro
extra per occhi e cervello». Non tutti riescono a sopportarlo.