Privacy del dipendente e tutela di un interesse giuridicamente rilevante
La sentenza n. 15327/2009 pronunciata dalla Suprema Corte in tema di
privacy, più specificatamente di privacy nel rapporto di lavoro
dipendente, pur avendo ad oggetto una fattispecie ante Decreto Legislativo 30 Giugno 2003 n. 196
(Codice in materia di protezione dei dati personali) appare del tutto
attuale; ovvero l’evoluzione normativa della privacy (dalla Legge n.
175 del 1996 all’attuale D.Lgs. n. 196/2003),
nella situazione concreta (cioè prospettata nella sentenza), non poteva
in nessun modo inficiare il diritto del datore di lavoro di eseguire i
dovuti accertamenti sulla documentazione di un lavoratore dipendente al
fine di tutelare l’interesse legittimo degli altri dipendenti.
Si
tratta, pertanto, del caso di alcuni lavoratori dipendenti di
un’azienda i quali avevano ricevuto degli scritti pesantemente
ingiuriosi ed anonimi, ed in virtù dei quali era stata promossa
un’azione rivolta all’individuazione dell’eventuale o degli eventuali
responsabili, mediante perizie grafologiche. Oggetto di tali indagini è
stato un lavoratore dipendente il quale, a suo giudizio, è stato leso
il diritto alla propria riservatezza nel luogo di lavoro proprio a
causa di tali accertamenti.
La pretesa del lavoratore dipendente “…diretta
ad ottenere il risarcimento del danno derivatogli dall’avere, il datore
di lavoro, messo a disposizione di terzi documenti con la sua
sottoscrizione o da lui scritti a mano, al fine di rendere possibile
una perizia grafica volta ad accertare se egli fosse o meno l’autore di
scritti ingiuriosi anonimi inviati ad alcuni colleghi”, non può
essere fondata in quanto più che di una violazione della normativa
sulla privacy a danno del dipendente, si tratta di un’esatta
applicazione, da parte del datore di lavoro, dell’articolo 2087 del
Codice Civile, intitolato della “Tutela delle condizioni di lavoro”, il
quale sancisce che: “L’imprenditore è tenuto ad adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del
lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare
l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
O per meglio dire, la normativa sulla privacy va coordinata con quanto sancito dell’articolo 2087 del Cod. Civ..
tema di trattamento dei dati personali, l’interesse alla riservatezza,
tutelato dall’ordinamento positivo, recede quando quest’ultimo sia
esercitato per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante e nei
soli ovvi limiti in cui esso sia necessario alla tutela. La L. n. 675
del 1996, infatti, non configurando uno “statuto generale della
persona”, non si applica generalizzatamente ad ogni situazione
soggettiva comunque riconducibile al novero dei diritti della persona,
ma soltanto a quelle tra le predette situazioni soggettive che
rientrano nell’ambito di applicazione della L. n. 675 del 1996 come
normativamente delineato in relazione al fenomeno del “trattamento dei
dati personali”, precludendo l’accesso solo per quei documenti relativi
ai dati sensibili della persona (vita privata, riservatezza sullo stato
di salute, fede religiosa, difesa della dignità umana) (Cass. 24 maggio
2003 n. 8239).