PRIVACY. Garante vieta ad una casa editrice schedatura di mamme e bambini per fini di marketing
Il Garante per la protezione dei dati personali ha vietato ad una casa editrice di proseguire la “schedatura” di decine di migliaia di nominativi di neo mamme e neonati raccolti e utilizzati in modo illecito a fini di profilazione e marketing. La società è risultata infatti inadempiente rispetto a numerose disposizioni del Codice della Privacy. La casa editrice, che pubblica alcuni periodici su tematiche relative alla gravidanza e alla prima infanzia, è finita sotto la lente del Garante dopo la segnalazione di una coppia che lamentava di aver ricevuto, senza consenso, riviste omaggio in occasione della nascita dei figli. Per promuovere i suoi prodotti la società si avvaleva anche di “referenti” esterni alla stessa società scelti tra medici e infermieri di strutture ospedaliere pubbliche o private che avevano il compito di distribuire coupon con i quali venivano raccolti una serie di dati (nome e cognome della mamma e del bambino, professione, data di nascita, numero di telefono ecc.). Per svolgere questo compito il personale ospedaliero era remunerato con regali di valore proporzionale al numero di nominativi raccolti.
Nel corso delle ispezioni disposte dal Garante sono stati accertati numerosi illeciti.E’ emerso infatti che i “referenti” svolgevano l’attività di raccolta dei dati senza esserne formalmente incaricati, senza adottare particolari cautele a protezione dei dati e, per di più, senza alcuna autorizzazione o convenzione con le strutture sanitarie. In alcuni casi compilavano direttamente i coupon con i nominativi all’insaputa delle donne presenti in reparto. I coupon, distribuiti anche presso studi ginecologici, pediatrici e farmacie sono risultati, tra l’altro,privi di una corretta informativa e formulati in modo da non consentire di manifestare validamente il consenso. Il Garante, oltre all’uso dei dati, ha vietato alla casa editrice di effettuare altre operazione di raccolta e utilizzazione dei dati avvalendosi di “referenti” con modalità non conformi al Codice della privacy. La società, inoltre, dovrà riformulare l’informativa inserita nel coupon e nominare responsabili del trattamento le società di cui si avvale per la gestione del data base e la ricerca dei dati a fini di marketing. Dovrà infine adottare idonee procedure che le permettano di garantire un immediato e preciso riscontro alle richieste di accesso e cancellazione dei dati da parte degli interessati.
“Abbiamo posto fine a questa “caccia alle mamme” e all’invasione della loro vita privata conpubblicità sgradita – ha commentato Giuseppe Fortunato, relatore del provvedimento. Un evento felice non deve mai trasformarsi in un’occasione per promuovere prodotti e raccogliere dati su abitudini, scelte, consumi e propensione a spendere di donne ignare”.