Privacy- sentenze Mediaset e Tim, vittoria di NoiConsumatori
Sì al risarcimento del danno esistenziale da sms commerciali indesiderati e da pubblicità televisiva occulta. La rivincita di due consumatori qualunque contro colossi del calibro di Tim e Rti/Mediaset ha origine in due controversie parallele condotte dall’Avv. Angelo Pisani Presidente di Noi Consumatori.it risolte da due giudici di pace di Napoli
Addio memoria. Il primo caso riguarda un utente – come tanti ce ne sono – del servizio di telefonia mobile della Tim che lamenta un’invasione di messaggini di carattere pubblicitario e commerciale sul suo cellulare. Il flusso di spamming telefonico parte proprio dal gestore e spesso ha l’effetto, secondo quanto il consumatore ha spiegato al giudice, di intasare la memoria del portatile bloccando la ricezione di altri messaggi. Telecom Italia Mobile, dal canto suo, non riesce a provare di aver preventivamente richiesto – come doveva – uno specifico consenso al trattamento dei dati personali del consumatore e all’uso del numero telefonico per fini pubblicitari.
Ma il bombardamento di messaggini è un vero danno? Il giudice di pace partenopeo è convinto di sì, sostenendo che gli sms «se non graditi e richiesti, costituiscono certamente fastidi e interferenze nella sfera privata dell’individuo causando pregiudizio agli impotenti destinatari», specie considerando le potenzialità di questa forma di comunicazione «per i costi contenuti e la celerità con cui permette di relazionare e influenzare la massa». Un conto, spiega il magistrato onorario campano, è quando il gestore invia messaggi per rendere legittimamente noti eventi legati al servizio telefonico; un altro conto è quando l’sms riguarda pubblicità o nuove offerte commerciali, sottolinea il Gdp, citando il parere del Garante per la protezione dei dati personali pubblicato il 10 giugno 2003. E lo spamming telefonico, ribadisce il giudice, «è assolutamente illegittimo e lesivo».
Reclame e reclami. Veniamo ora al pregiudizio per l’utente. Quei messaggi dai contenuti «inutili, speculativi, promozionali e ripetitivi», si legge nella sentenza, disturbano e innervosiscono il titolare della scheda Tim. Insomma: un’ombra sulla qualità della vita, sia pure della durata pochi secondi. E nel risarcimento del danno esistenziale, liquidato in poco più di 1.000 euro, il giudice tiene conto del tempo perso dall’utente fra reclami, raccomandate e telefonate di protesta (con relativa perdita di chance).
MEDIASET sconfitta. Il secondo caso riguarda un telespettatore che riesce ad avere la meglio nientemeno che sul gruppo del Biscione, dopo due incontri di calcio della Champions league 2002-2003 in cui il telecronista, durante il commento delle fasi di gioco, promuoveva ripetutamente il settimanale sportivo “Controcampo” senza che la segnalazione fosse accompagnata sullo schermo dalla scritta “messaggio promozionale”. Risultato? Addio a due allegre serate fra amici supertifosi, lamenta il consumatore, riunitisi per vedere Milan-Inter e Juventus-Real Madrid ma poi bombardati di messaggi riferiti al numero successivo del settimanale che, prometteva ripetutamente la voce al microfono, avrebbe pubblicato le foto di tutti i gol e delle fasi più entusiasmanti dell’incontro (il tutto a scapito del commento delle azioni che intanto avvenivano sotto gli occhi dei telespettatori). L’utente, in sostanza, domanda il risarcimento dei danni subiti per pubblicità occulta, citando la delibera 538/01/Sp dell’Autorità garante delle comunicazioni. Come si difendono Rti e Mediaset? Sostenendo che il messaggio del cronista fosse l’esplicazione di un’autopromozione così come già evidenziato in un giudizio analogo che riguardava il Maurizio Costanzo Show. Ma il Gdp obietta che si sarebbe trattato di autopromozione se il cronista avesse pubblicizzato il programma televisivo in onda sulle reti Rti che pure si chiama “Controcampo” oppure se avesse promosso un particolare articolo o una particolare iniziativa della rivista settimanale che porta lo stesso nome della trasmissione sportiva. Il danno liquidato per la serata rovinata ammonta a 100 euro.
Giudice di pace di Napoli – Sezione settima – sentenza 18-9 2006, n. 18090
Giudice Russo – Ricorrente Chiozzi
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato il sig. Chiozzi Vincenzo conveniva in giudizio per l’udienza del 28 luglio 2003 la Rti Spa e la Mediaset Spa in persona del loro rappresentate legale per sentirle condannare, previa dichiarazione della loro responsabilità, al pagamento della somma di euro 100 a titolo di risarcimento danni.
L’attore esponeva che nel mese di maggio del 2003 si svolsero le sfide di calcio valide per l’accesso alla finale di champions league 2002-03 tra il Milan e l’Inter, nonché tra la Juventus e il Real Madrid. Dichiarava l’istante che essendo tifoso del Milan si era organizzato con amici per guardare in televisione l’incontro di calcio del giorno 13 maggio 2003 tra Milan e Inter.
Assumeva l’attore che sin dall’inizio della partita era continuamente infastidito e seccato dall’intrusione vocale del telecronista di turno che invece di commettere le azioni di gioco, informava in continuazione i telespettatori che al giovedì successivo gli incontri di calcio di champions league, sarebbe stato in vendita in tutte le edicole il settimanale sportivo “Controcampo”, con il film degli incontri e altre sorprese attinenti la champion league. Rilevava l’istante che tali spot non recavano sullo schermo televisivo la scritta “messaggio promozionale”, come previsto dalle normative a tutela dei consumatori, al fine di non ledere la loro libertà negoziale, diritto tutelato dall’articolo 41 Costituzione. Che tale comportamento del cronista appalesa una forma di pubblicità occulta, in suo danno, con conseguente alterazione psichica e stress. Esponeva l’attore che tali spot pubblicitari erano inviati anche durante la partita di calcio del 14 maggio 2003, nonostante i reclami inviati, nonché durante la partita di calcio tra il Milan e la Juventus del 28 maggio 2003.
Instaurato il giudizio, la causa veniva assegnata alla Sezione settima dott. Rachiglio. Entrambe le parti convenute si costituivano, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione, la Mediaset Spa eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, nel merito entrambe chiedevano il rigetto della domanda, poiché non si era in presenza di pubblicità occulta ma di mera autopromozione. Veniva ammessa ed espletata la prova diretta e contraria, così come articolata dalle parti, nonché ammesso l’interrogatorio formale dei legali rappresentanti pro tempore delle società convenute. All’udienza del 17 dicembre 2003, da parte dei procuratori delle società convenute, veniva formulata istanza di modifica e/o revoca dell’ordinanza emessa all’udienza del 3 dicembre 2003 che il Giudicante confermava. Successivamente in seguito a istanza di ricusazione la causa veniva assegnata al dott. Russo della medesima sezione. All’udienza del 15 ottobre 2005 veniva reiterata l’istanza di revoca dell’ordinanza emessa all’udienza del 3 dicembre 2003. Il Giudicante ritenuta matura la causa per la decisione, invitava le parti a precisare le proprie conclusioni e la causa veniva spedita a sentenza.
Motivi della decisione
La domanda è fondata e va accolta.
Preliminarmente sull’eccezione sollevata dalle società convenute, circa il difetto di giurisdizione, il giudicante ritiene la stessa non fondata, poiché trattandosi di richiesta di risarcimento danni, per lesioni di un diritto oggettivo, rientra nella giurisdizione ordinaria.
Sempre preliminarmente sono provate le legittimazioni processuali e sostanziali sia attiva che passive, come da deposito di documentazione cartolare agli atti di causa. In merito alla carenza di legittimazione passiva eccepita dalla Mediaset Spa, comportando l’eccezione sollevata l’inversione dell’onere della prova, poiché si contesta la titolarità del rapporto giuridico dedotto in causa, alcuna prova è stata fornita dalla stessa circa la sua estraneità alle scelte editoriali e dei palinsesti della Spa Rti.
Relativamente all’istanza di revoca del dott. Rachiglio, il giudicante ritiene superfluo pronunciarsi, in quanto il fatto storico non è contestato, anzi è ammesso da controparte.
Nel merito, oggetto della domanda è il risarcimento dei danni subiti per pubblicità occulta, in dispregio della delibera dell’Agcom 538/01/Sp, emanata in attuazine della potestà regolamentare concessa dalla legge 249/97 articolo 1 comma 6 lettera b) n. 5. Quindi bisognerà solo distinguere se gli annunci effettuati dal cronista televisivo siano esplicazione di una autopromozione, ovvero rivestano la forma di un messaggio pubblicitario. Sicuramente si sarebbe trattato di autopromozione se avesse il cronista “pubblicizzato” il programma televisivo sempre denominato “Controcampo” ed in onda sulle reti Rti ovvero se avesse “promosso” un particolare articolo o una particolare iniziativa della rivista “Controcampo”, come nell’ipotesi riportata dalla stessa difesa delle convenute società a proposito di un giudizio analogo al programma televisivo “Maurizio Costanzo Show”. Secondo il parere del giudicante, nel caso de quo si è trattato di vera iniziativa pubblicitaria finalizzata a sollecitare l’acquisto di una rivista di cui si indicava precisamente anche il prezzo (oltremodo particolarmente concorrenziale). Tale condotta è contraria alla normativa testé citata e precisamente all’articolo 3 commi 1-3-4-7.
In ordine alla richiesta di risarcimento danni, l’attore chiede il riconoscimento di un danno “esistenziale”, da stress, inteso nell’accezione di emotivo e nervoso, causato dai messaggi “pubblicitari” del cronista. È evidente che nel seguire una partita di calcio trasmessa da una televisione privata e/o commerciale, l’attore accettava implicitamente il passaggio di messaggi pubblicitari (senza il supporto dei quali ovviamente non avrebbe avuto il piacere di poter seguire la partita in Tv), ma è altrettanto vero che tali messaggi debbono essere inviati secondo delle modalità ben precise e devono essere in qualche modo rilevabili dall’utente, secondo le normative vigenti, ut supra citate. È chiaro che nel caso che si occupa non vi è stata la necessaria evidenza dei messaggi pubblicitari, come ad esempio segnali sonori e/o soprascritte.
Per quanto attiene il danno “esistenziale” sia la dottrina che la giurisprudenza si sono orientate nel ricomprendere in tale voce di danno tutti quei casi in cui si arreca all’individuo una lesione attinente ad aspetti strettamente legati alla sua quotidianità – agevolmente annoverabili nell’ambito delle attività realizzatrici della persona umana. Per quanto sopra si accoglie la domanda.
Le spese processuali seguono la soccombenza della parte convenuta e si liquidano come in dispositivo.
PQM
Il GdP di Napoli, Sezione settima definitivamente pronunciando sulla domanda del sig. Chiozzi Vincenzo così provvede.
Rigetta l’eccezione del difetto di giurisdizione.
Rigetta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Mediaset Spa.
Condanna solidalmente le società convenute, al pagamento in favore del sig. Chiozzi Vincenzo della somma di euro 100.
Condanna solidalmente le società convenute, al pagamento delle spese processuali che liquida in complessive euro 500 (di cui 30 per spese) oltre il 10% di spese generali, Iva e Cpa con attribuzione ai procuratori anticipatari.
>Giudice di pace di Napoli – Sezione nona – sentenza pubbl. ottobre 2006
Giudice IANNETTONE – attore DI PINTO ALDO – convenuta Telecom Italia Mobile Spa
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato, prima dell’entrata in vigore del Codice della privacy, l’istante o ha convenuto in giudizio la Telecom Italia Mobile Spa, nella persona del legale rappresentante pro tempore, innanzi al GdP di Napoli, al fine di sentir accertare e dichiarare la responsabilità, inadempimento e violazioni perpetrate dalla Tim Spa a suo danno per aver inviato spot sms senza consenso, sfruttato e bloccato la sua utenza telefonica di linea mobile attivando sul suo numero un servizio informatico di pubblicità e spot commerciali senza autorizzazione dell’utente unico titolare dei propri dati personali, per veder riconoscere il diritto dell’attore a non subire ulteriori abusi e violazioni alla sua riservatezza, privacy e vita relazionale, sentir dichiarare la Tim Spa obbligata al rispetto della normativa vigente ed all’adozione delle opportune misure e cautele a tutela dei diritti personali dell’istante, come quello alla privacy, serenità e riservatezza, salute e vita relazionale, nonché all’invio di certificazione di quanto gestito e trattato con i dati dell’istante disponendo il blocco del trattamento dei dati personali con rilascio di dichiarazione circa la cancellazione ed eliminazione dei dati personali dalla banca‑dati informatica pubblicitaria Tim, e sentir accertare la responsabilità della convenuta per aver attivato un servizio informatico di pubblicità e promozione sul numero telefonico dell’istante senza autorizzazione o consenso dell’utente, titolare della scheda sms, per scopi pubblicitari e speculativi e per aver causato il blocco della memoria del cellulare impedendo di ricevere altri messaggi; con condanna della convenuta Tim Spa al risarcimento di tutti i danni subiti, personali e patrimoniali, nessuno escluso, da liquidarsi, secondo giustizia o equitativamente nel limiti di euro 1100,00; con pubblicazione, a spese della convenuta, del dispositivo della sentenza su almeno cinque quotidiani e due settimanali; con vittoria di spese di lite.
Istante dichiarava di essere titolare di un numero di telefono mobile n. 333/3631817, personale e riservato per contratto concluso con la convenuta Tim Spa, che, illegittimamente negli ultimi due anni invadeva di spot-sms la sua utenza telefonica senza alcun consenso o autorizzazione al trattamento dati personali per scopi diversi dal servizio di telefonia da parte dell’istante, che subiva ad ogni ora del giorno l’indesiderato “trillo” della suoneria del proprio telefonino rimanendo vittima di indesiderate e fastidiose “piogge” di avvisi e messaggi promozionali sms, che causavano la visione, selezione e cancellazione degli stessi, con perdite di tempo e stress, per non far bloccare la memoria del telefonino. Secondo l’assunto attoreo il trattamento dei dati personali dell’istante non era effettuato sulla base dell’obbligatoria e necessaria autorizzazione come previsto dalla normativa vigente e stabilito dal Garante della Privacy e nonostante reclami, diffide al 119 e raccomandata a.r., rimasti inevasi, l’istante. continuava a ricevere su proprio numero telefonico fastidiosi sms pubblicitari a causa dello scorretto operato della convenuta.
Si costituiva, depositando propria comparsa di costituzione e risposta, la società convenuta, che tramite il suo difensore, impugnava integralmente la domanda attorea perché inammissibile ed improponibile nonché, infondata in fatto ed in diritto e ne chiedeva il rigetto, con vittoria di spese.
La causa a seguito di completa ed accurata istruzione tramite espletamento dei mezzi di prova documentali e testimoniali richiesti dalle parti ed interrogatorio formale deferito, con valutazione della specifica normativa, documentazione e precedenti giurisprudenziali relativi ai fatti di causa, risultava matura per la decisione, pertanto, all’udienza del 18 febbraio 2005, previa precisazione delle conclusioni e la discussione dei rispettivi procuratori veniva assegnata a sentenza.
Motivi della decisione
Preliminarmente va riconosciuta la legittimazione attiva e passiva delle parti in causa, dimostrata sia dall’esibizione della scheda sim in possesso dell’istante, che dal rapporto contrattuale in corso come confermato anche nelle difese della convenuta. Quindi disattesa l’eccezione di inammissibilità della domanda per cessata materia del contendere perché carente di specifica prova, contraria alle difese attoree e per l’implicita ammissione da parte della società convenuta d’invio dei messaggi sms sull’utenza dell’attore almeno fino ai reclami dello stesso. La domanda attorea, infatti, mira all’accertamento del diritto dell’istante alla tutela della sua tranquillità, riservatezza e privacy violate e pregiudicate da intrusioni ed interferenze nella sfera privata mediante l’invio di messaggi pubblicitari sms non richiesti ed indesiderati, oltre che alla cessazione trattamento e cancellazione dei propri dati personali dalla banca dati informatica pubblicitaria della convenuta per scopi diversi dal servizio di telefonia, con richiesta di relativa certificazione e conseguente risarcimento per ogni danno subito.
Nel merito, la domanda introduttiva del giudizio risulta legittima, fondata e provata e pertanto va accolta per quanto di ragione. A seguito dell’espletamento della prova testimoniale e del deferito interrogatorio formale è emerso: che l’attore titolare di un numero di telefono mobile Tim, pur senza mai aver rilasciato alcuna autorizzazione, consenso o richiesta, arbitrariamente riceveva dalla Tim vari e numerosi messaggi sms di carattere commerciale e pubblicitario sul proprio cellulare, subendo continui fastidi, disagi e disturbi, oltre l’onere in ogni momento della giornata di visionare i diversi messaggi ricevuti cancellando quelli inutili per non intasare ‑la memoria del telefono ed evitare di bloccare la ricezione di nuovi messaggi. La convenuta ‑non ha dato prova di aver preventivamente richiesto, come dovuto, uno specifico consenso al trattamento dati personali ed uso del numero per fini pubblicitari, preceduto dalla prescritta: informativa, disattendendo i vari tentativi dell’utente al fine di ottenere la cessazione dell’invio dei messaggi pubblicitari e commerciali indesiderati, nonché la cancellazione dei propri dati personali dalla banca dati della società.
Come da giurisprudenza costante, nell’ambito della tutela dei diritti fondamentali dell’individuo, dei diritti soggettivi e della persona e della sua vita privata, senza dubbio è opportuno assicurare e garantire l’utente vittima di avvisi, chiamate o comunicazioni non desiderate, pregiudizievoli, importune o che gli rechino disturbo, riconoscendo allo stesso un equo ristoro e la dovuta tranquillità.
Per legge soprattutto a seguito delle recenti modifiche e riforme della normativa in materia di
privacy va tutelata e protetta la sfera privata dell’individuo ed il suo diritto alla riservatezza riconoscendogli il ruolo di unico “sovrano” dei dati e delle informazioni che lo riguardano. Nella fattispecie, appare evidente la violazione del diritto al riposo, alla riservatezza ed alla privacy dell’istante, inteso come diritto di costruire liberamente e difendere la propria sfera privata, di scegliere il proprio stile di vita senza influenze ed intrornissioni indesiderate da parte di terzi, proprio, tramite l’invio di sms pubblicitari. Proprio i denunciati e contestati spot commerciali sms lamentati dall’attore, modalità di comunicazione globale oramai preferita dai mittenti per i costi contenuti e per la celerità con cui permette di relazionare ed influenzare la massa, se non graditi e richiesti, costituiscono certamente fastidi ed interferenze nella sfera privata dell’individuo causando pregiudizio agli impotenti destinatari, specie se predisposti, come spesso accade, attraverso sistemi automatici di inoltro che impediscono a chi riceve l’avviso o il messaggio ogni difesa e prevenzione, non riscontrando alcun interlocutore a cui riferire‑ il suo desiderio di rifiuto della comunicazione commerciale. È chiaro che ogni gestore del servizio di telefonia mobile può utilizzare dati e numero dell’utenza mobile del cliente per scopi legati al servizio di telefonia richiesta dal consumatore oppure per scopo commerciale ma solo se l’utente abbia manifestato preventivamente il proprio consenso scritto, validamente prestato, espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, salvo rappresentazione all’interessato delle informazioni prescritte. Il trattamento dei dati personali, inteso come qualsiasi‑ operazione concernente la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione, la selezione, l’estrazione, l’utilizzo, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione dei dati, è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato pena ristoro danni, sanzioni e condanne di carattere penale. Nel caso di specie la società convenuta, alla quale incombeva l’onere, non ha fornito alcuna prova circa il rilascio del consenso dell’istante al trattamento dei dati personali e, segnatamente, all’utilizzo del numero di telefono dell’istante per scopi commerciali e diversi dal servizio di telefonia, precisando che il consenso occorre sia se il fornitore pubblicizza mediante un sms un “servizio” o un “prodotto” altrui, sia se lo stesso fornitore promuove un “servizio” o un “prodotto” della propria società. Tale principio opera anche quando il gestore si rivolga, con sms commerciali o pubblicitari, ad utenze collegate a schede telefoniche prepagate: ciò sia in ragione di quanto disposto dal Garante a proposito della raccolta e del successivo trattamento dei dati personali sia dell’ampia definizione di “abbonato” utilizzata dal Legislatore. Tali principi non possono essere elusi da parte del fornitore con la prospettazione:degli sms pubblicitari come asseriti “messaggi di servizio”, che tra l’altro di fatto sono palesi spot pubblicitari con scopo di lucro. Infatti, è diverso il caso in cui il gestore del servizio di telefonia mobile invii un sms per rendere legittimamente noti alcuni eventi legati strettamente al servizio prestato (funzionalità del servizio di assistenza o informazioni di emergenza) dal caso in cui il messaggio sms riguardi pubblicità o nuove offerte commerciali, servizi aggiuntivi legati alle modalità di gestione dei messaggi, all’offerta di loghi e suonerie, (cfr. parere del 10 giugno 2003 del Garante per la protezione dei dati personali), come accaduto a danno dell’attore. Alla luce della normativa vigente quindi e di quanto risultante dai fatti di causa può ritenersi provato il nesso di causalità tra il comportamento, violazioni ed inadempimenti della Tim spa ed i pregiudizi tutti lamentati dall’istante per le continue interferenze e danni subiti nella sua sfera privata. Pertanto, la società convenuta, tenuta al risarcimento dei danni subiti dall’istante ai sensi dèll’articolo 2043 Cc e dell’articolo 2050 Cc, richiamato dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. A tal proposito, si osserva che la presunzione di responsabilità può essere vinta solo con una prova particolarmente rigorosa, essendo posto a carico dell’esercente l’attività l’onere di dimostrare l’adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno: pertanto, non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l’evento dannoso.
In ogni caso, la convenuta non ha provato di aver trattato in modo lecito e secondo correttezza i dati dell’istante e di aver adottato idonee e preventive misure onde eliminare o ridurre i rischi del trattamento con particolare riguardo alle interferenze nella sfera privata con comunicazioni di carattere commerciale, gestite mediante sistemi automatici di chiamata. Dunque è assolutamente illegittimo e lesivo quello che può ormai definirsi come lo spamming telefonico, ossia il predetto trattamento e sfruttamento dei dati personali dell’utente eseguito attraverso l’invio di corrispondenza informatica ed elettronica a scopo di lucro e pubblicitario effettuato senza la preventiva ed espressa autorizzazione o consenso informato dell’attore come previsto tassativamente dalla normativa vigente (articolo 10, 11, 12 legge 675/96, articolo 10 Dl 171/98,articolo 10 Dl 185/99) e già stabilito dal Garante della Privacy (24-30/03/2003 e 20-26/05/2002) in recenti pronunce sul blocco dei messaggi pubblicitari elettronici senza consenso. Come avviane in internet anche il cosiddetto “spamming telefonico”, oltre a violare e disturbare la serenità, privacy e tranquillità dell’utente, provoca fastidi, danni e disagi, nonché continue distrazioni, stress ed ansie, infatti i predetti messaggi sms, quotidianamente inviati anche più volte al giorno, propongono notizie e contenuti inutili, speculativi, promozionali, ripetitivi e fastidiosi atti solo disturbare e innervosire notevolmente l’utente, usurpando il suo tempo, distogliendo la sua attenzione e minando la sua concentrazione nel corso della giornata, causa di seri e danni personali e patrimoniali, esistenziali e da perdita di chance, di conseguenza, il danneggiato matura un indiscutibile diritto al risarcimento di tutti danni subiti, personali e patrimoniali, anche a causa dell’intasamento della memoria del telefono cellulare che non permette di ricevere importanti sms relativi alla propria vita sociale.
Infine sia i principi costituzionali, che le attuali leggi ordinarie, come anche la normativa
.gi europea, prevedono l’introduzione dei limiti e seria attenzione nell’utilizzo e gestione di dati personali degli utenti che mal gestiti o senza consenso possono arrecare danni all’individuo, quindi, può riconoscersi che il gestore di servizi telefonici esercita, comunque, un’attività pericolosa, ai sensi dell’articolo 2050 del Cc, per la ragione che i dati trattati contengono in sé una potenziale carica di pericolo e pregiudizio per la privacy dell’utente, ossia per uno dei beni primari dell’uomo, tutelato come diritto fondamentale, perciò lo stesso gestore di servizi telefonici è obbligato a usare ogni cautela per evitare che il rischio si tramuti in danno concreto,
Pertanto l’attore ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale e personale. In ordine al primo, vanno considerate le attività compiute, con dispendio di tempo e di energie e le spese sostenute dall’istante, prima del giudizio, per opporsi al trattamento non consentito dei dati personali, mediante richieste e reclami (cfr. raccomandata a/r in atti.) al fine di ottenere la cessazione delle intrusioni, nella sua vita privata mediante l’invio di messaggi Sms invasivi.
Sotto il profilo del danno personale si considera il turbamento della qualità della vita ed i disturbi delle attività relazionali, il danno esistenziale, lo stress ed i patemi morali causati dalle continue e indesiderate interferenze e violazioni nella sfera privata e proprie abitudini. La società convenuta è obbligata, inoltre, al blocco dei dati personali dell’istante, trattati in modo non consentito e per scopi diversi dal servizio di telefonia, alla cessazione di ogni attività lesiva dei diritti dell’attore, nonché, al rilascio delle informazioni ed attestazioni richieste dall’istante ai sensi della normativa vigente. Riguardo al quantum debeatur, considerati i fatti e le circostanze del caso, valutati i vari pregiudizi e danni subiti dall’istante, sia personali, che patrimoniali, appare equo, liquidarsi, in favore dell’istante, ai sensi dell’articolo 1226 Cc, la somma di euro 1.032,00, oltre interessi dalla domanda all’effettivo soddisfo. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate, come in dispositivo, in favore dell’avvocato Angelo Pisani per dichiarazione di fattone anticipo.
Disattesa o assorbita ogni ulteriore domanda anche in merito a pubblicazione della sentenza sui quotidiani e settimanali è opportuno disporre l’invio di copia della presente sentenza al Garante per la privacy per ogni altro provvedimento del caso.
La sentenza è provvisoriamente esecutiva per legge.
PQM
Il GdP di Napoli, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta come in narrativa, respinta ogni altra richiesta ed eccezione, così provvede:
a) accoglie, per quanto di ragione, la domanda attorea e, per l’effetto, riconoscendo il diritto dell’’istante-utente a non dover subire alcun abuso, vessazione, violazione e danno alla sua privacy, salute e riservatezza, nonché di veder cancellato ed inibito il possesso e l’utilizzo a Tim Spa di ogni suo dato personale per fini e scopi diversi da quelli del servizio telefonico, condanna la Telecom Italia Mobile Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di Di Pinto Aldo, della somma di euro 1.032,00, a titolo di risarcimento danni personali e patrimoniali, esistenziali e da turbamento della qualità della vita, oltre interessi legali della domanda al soddisfo;
b) dispone il blocco dei dati personali dell’istante trattati per fini pubblicitari ed in modo non consentito in violazione della legge ovvero per finalità diverse dal servizio di telefonia nonché, il rilascio delle informazioni e dell’attestazione richieste dall’attore, a cura e spese della società convenuta;
c) condanna la convenuta al pagamento delle spese e competenze di giudizio, in favore dell’attrice, che liquida in complessivi euro 960, di cui euro 80 per spese ed euro 880 per diritti ed onorario, oltre rimborso spese generali, nonché Iva e Cpa come per legge, con attribuzine all’avvocato Angelo Pisani anticipatario.