Processo civile: quando è possibile sostituire un teste ammalato? Corte d’Appello Reggio Calabria, sez. civile, sentenza 19.11.2009
Corte d’Appello di Reggio Calabria
Sezione Civile
Sentenza 19 novembre 2009
La Corte di Appello di Reggio Calabria, Sezione Civile, in persona dei sigg.ri magistrati:
1) dott.ssa Concettina Epifanio Presidente;
2) dott. Giuseppe Minutoli Consigliere;
3) dott. Emilio Iannello Consigliere rel.,
letti
gli atti della causa iscritta al n. 663/04 R.G. e sciogliendo la
riserva assunta all’udienza del 22 ottobre 2009 in ordine alla
richiesta- avanzata dal procuratore degli appellati con istanza
depositata in data 16 ottobre 2009 – di sostituzione del teste P. G.
inizialmente indicato e non comparso sebbene regolarmente citato, con
altro teste;
sentito il relatore;
rilevato che a
fondamento della richiesta, l’istante rappresenta che il teste
predetto, giusta quanto attestato da certificato medico allegato,
risulta affetto da “cardiopatia ischemica con esiti di pregressi
interventi cardio-chirurgici in paziente con cefalea subcontinua e
depressione, per cui necessita di riposo assoluto in ambiente
tranquillo” ; ritenuto che la dedotta circostanza appare apprezzabile
quale motivo impeditivo a rendere testimonianza, di tale gravità da
giustificare – considerata anche la mancata opposizione della
controparte- la richiesta sostituzione in applicazione analogica della
disposizione di cui all’art. l04 mma 2 disp. att. c.p.c.;
P.Q.M.
autorizza
la chiesta sostituzione del teste P. G. con il teste D. F. e fissa per
la sua audizione l’udienza di giovedì 18 marzo 2010 ore 9,30, cui
rinvia.
Manda alla Cancelleria per le comunicazioni di rito.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del 19 novembre 2009.
Il Relatore
Il Presidente
In un giudizio civile è possibile sostituire un teste se questi è ammalato e non può testimoniare?
Fino
al 10 dicembre scorso la risposta sarebbe stata no stante la lettera
dell’art. 255 c.p.c. ma la Corte d’Appello di Reggio Calabria, con una
sua ordinanza certamente “innovativa”, ha stabilito il contrario.
E’ ammissibile la sostituzione del teste purché malato ed abbisognevole di “riposo assoluto in ambiente tranquillo”.
Una
recentissima ordinanza della Corte d’Appello di Reggio Calabria (resa
in data 19 novembre 2009 e depositata il 10 dicembre 2009 nel
procedimento n. 663/04 rgac) affronta e risolve in modo che si potrebbe
definire “originale” una questione apparentemente stravagante.
La
premessa di questo breve commento potrebbe generare nel lettore, il
sospetto che si sia di fronte ad una vicenda surreale ( questione
stravagante risolta in modo “ originale”) ma così non è ed incarichiamo
i fatti- che esporremo in forma telegrafica-di farsi carico della
spiegazione del perché.
Tizio propone appello avverso una
sentenza, del Tribunale ed in via istruttoria, tra l’altro, chiede
ammettersi ex art. 345 III comma cpc prova per testimoni.
A propria volta, controparte chiede prova testi indicando i testimoni nei signori A) e B).
Ammessa le prove vengono escussi prima i testi dell’appellante e poi uno solo dei testi dell’appellato: il sig. A).
Per
l’esame del sig. B), intimato per l’udienza fissata per l’esame, ma non
comparso, parte appellata chiede il differimento ad altra udienza.
Ottenuto
il rinvio, alla successiva udienza l’appellato insiste nella propria
istanza- depositata in precedenza in cancelleria e fuori udienza- di
poter sostituire il teste con altro atteso che, a suo dire, il sig. B)
è affetto da gravi patologie e per provare tali patologie produce
certificazione medica.
Parte appellante si oppone invocando
l’applicazione dell’art. 255 cpc e 105 disp att. c.p.c. ma, come
talvolta accade nelle udienze sempre affollatissime della Corte
d’Appello di Reggio Calabria, l’ opposizione non viene verbalizzata .
Sulla richiesta dell’appellato il Collegio si riserva di decidere ed, all’esito, adotta l’ordinanza in commento.
Con la quale:
L’ordinanza costituisce una novità assoluta nella
materia della deduzione della prova testimoniale e, pertanto, merita di
essere segnalata quale precedente di indubbio interesse sia per la
motivazione che per l’interpretazione “originale” che viene data delle
norme portate dall’art. 244 e 255 del codice di rito.
Com’è
noto, infatti, per l’art. 244 :<<La prova per testimoni deve
essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da
interrogare e dei fatti, formulati in articoli separati, sui quali
ciascuna di esse deve essere interrogata>>.
Tale testo
risulta dalla modifica introdotta dall’art. 89 della 353 del 1990
essendo anteriormente alla modifica prevista l’indicazione tardiva dei
testi da interrogare.
L’abrogazione della norma introdotta dalla
citata novella del 1990 non rende più possibile la concessione del
detto “ beneficio” (Si veda in termini Tribunale Torino, sez. III,
sentenza 11 dicembre 2006, FTF c. Sunebo Giur. merito 2007, 9 2275 ).
La
Cassazione civile (sez. III, sentenza 6 marzo 2007, n. 5082 – Papa c.
in Guida al diritto 2007, 37) da parte sua ha chiarito come nel
processo civile come disciplinato dalla l. n. 353 del 1990 – che ha
abrogato gli ultimi due commi dell’art. 244 c. p. c. – il potere
riconosciuto al giudice istruttore è solo quello di assegnare un
termine, ai sensi del comma 1 dell’art. 184 c.p.c., per deduzioni
istruttorie concernenti la prova testimoniale e ciò riguarda sia la
formulazione dei capitoli, che l’indicazione dei testi.
Una
volta che il giudice abbia provveduto sulle richieste avanzate dalle
parti non è più possibile effettuare tale indicazione di testimoni o
integrare la lista dei testi già prodotta, in quanto l’unica attività
processuale ancora giuridicamente possibile circa le prove ammesse,
consiste nell’assunzione delle medesime.
Ciò si comprende
tenendo particolarmente conto del fatto che la deduzione della prova
testimoniale incide anche sul diritto di difesa dell’altra parte con l’
obbligo, per chi voglia avvalersi in giudizio di tale mezzo di prova,
di indicare specificamente sia i capitoli di prova sia le persone da
interrogare dato che, In difetto, si realizzerebbe una lesione del
diritto di difesa dell’altra parte a tutela della quale è prevista l’
inammissibilità di una prova irritualmente dedotta o carente di uno dei
suoi elementi essenziali (in termini si veda Cass. 191/90).
L’assunzione
di testi non indicati in lista è ammissibile ma solo nei limiti
previsti dall’att. 257 c.p.c. la cui enunciazione deve ritenersi
tassativa [1].
Fedele a tale impostazione il S.C. ha stabilito, tra l’altro, che l’obbligo della rituale indicazione dei testi è inderogabile avendo la preclusione ex art. 244 cpc il suo fondamento nel sistema del Codice di Procedura Civile e si inquadra << nel
principio, espresso dal successivo art. 245, secondo il quale il
giudice provvede sull’ammissibilità delle prove proposte e sui testi da
escutere con valutazione sincrona e complessiva delle istanze che tutte
le parti hanno sottoposto al suo esame >> con l’ ulteriore ineludibile conseguenza che :<…
la parte non può pretendere di sostituire i testimoni deceduti prima
dell’assunzione con altri che non siano stati da essa stessa indicati
nei modi e nei termini previsti dal comma 1 dell’art. 244 c.p.c.>>[2]
Per l’art. 255 cpc se
il testimone regolarmente intimato non si presenta, il giudice
istruttore può ordinare una nuova intimazione oppure disporne
l’accompagnamento all’udienza stessa o ad altra successiva e prevede
che , con la medesima ordinanza il giudice, in caso di mancata
comparizione senza giustificato motivo, possa condannarlo ad una pena
pecuniaria non inferiore a 100 euro e non superiore a 1.000 euro.
Se
però il teste si trova nell’impossibilità di presentarsi o ne è
esentato dalla legge o dalle convenzioni internazionali e la parte che
ha indicato il teste impossibilitato a deporre non rinunci alla prova,
col consenso dell’altra, il giudice non può far altro- sempre per la
norma citata- che recarsi nella sua abitazione o nel suo ufficio e, se
questi sono situati fuori della circoscrizione del tribunale, delegare
all’esame il giudice istruttore del luogo.
Nessun’altra possibilità è concessa tranne questa.
Ciò
a comprova della funzione non più solo privata che il teste, una volta
indicato in lista, è chiamato ad assolvere; circostanza queste che
rende ragione, altresì, della impossibilità della sua sostituzione.
Tale principio non viene scalfito da una recente pronuncia della S.C. di Cassazione[3]
( alla quale pare fare implicito riferimento l’ordinanza in commento,
nel momento in cui invoca l’art. 104 disp. Att. cpc per la sua
applicazione definita “analogica” al caso sottoposto all’esame della
Corte) che ha stabilito che solo nel caso in cui sopravvenga il decesso
di uno dei testi ammessi e la parte deducente non abbia provveduto alla
sua intimazione per l’udienza di assunzione, tale parte non incorre
nella decadenza prevista dal comma 1 dell’art. 104 disp. att. c.p.c.,
potendo in tal caso trovare applicazione analogica – rispetto a questa
ipotesi non disciplinata dal codice di rito – la norma contemplata nel
comma 2 di detta disposizione che consente di ritenere giustificata
l’omissione e legittima il giudice a fissare, con successiva ordinanza,
una nuova udienza per l’assunzione della prova previa sostituzione del
teste deceduto, dato che anche in
tal caso, si impone l’esigenza di evitare la decadenza determinata da
un inadempimento processuale della parte che sia stato causato da un
suo giustificato impedimento.
Nella specie, però, si trattava
di un giudizio già pendente al 30 aprile 1993 e, quindi, non soggetto
alla applicazione della legge n. 353 del 1990.
Da quanto
esposto si può cogliere, in tutta la sua dimensione“innovativa” la
portata dell’ordinanza in commento, la quale, inoltre, consente anche
di formulare un’ulteriore giudizio prognostico – senz’altro favorevole
per chi volesse invocarne l’applicazione – in ordine ai casi di
ammissibilità della sostituzione del teste dato che, a leggere la
motivazione dell’ordinanza sul punto, è da ritenersi di particolare
gravità la patologia di chi provi, con certificazione medica:
–
di soffrire di cuore (la cardiopatia ischemica, al di là della formula
esoterica può, anche tradursi con il più comune termine di infarto,
patologia tanto diffusa, quanto curata ma può riferirsi anche ad eventi
patologici meno gravi dell’infarto);
– di aver subito nel
passato (anche remoto) un intervento cardochirurgico senza necessità di
specificare la natura (anche l’installazione di un pacemaker-
intervento ormai quasi ambulatoriale- potrebbe essere ritenuto,
pertanto, sufficiente);
– di avere anche solo di tanto in tanto mal di testa;
– di avere un po’ di depressione ( è certamente più difficile al giorno d’oggi trovare chi risulti immune da tale patologia);
– di avere necessita di riposo assoluto in ambiente tranquillo,
e l’esenzione dalla testimonianza non potrà d’ora in poi essere negata a nessuno.
Sempre
in merito- e concludendo- va rilevato come, riconosciuta alle patologie
prima descritte la gravità tale da rendere il soggetto impossibilitato
a testimoniare ( equiparandolo “in via analogica” al morto), non può
escludersi che un soggetto affetto da altre patologie, come dire, di
“pari gravità” possa d’ora innanzi invocare legittimamente l’ esenzione
dall’obbligo di testimoniare mettendo così il difensore della parte che
l’aveva indicato quale teste nelle condizioni di chiedere ed ottenere
la propria sostituzione.
Sempre, s’intende, che sia certificata la necessità di “ riposo assoluto in ambiente tranquillo”.
_________________
[1] Articolo
257 c.p.c. – Assunzione di nuovi testimoni e rinnovazione dell’esame:
“Se alcuno dei testimoni si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad
altre persone, il giudice istruttore può disporre d’ufficio che esse
siano chiamate a deporre”.
Il
giudice può anche disporre che siano sentiti i testimoni dei quali ha
ritenuto l’audizione superflua a norma dell’articolo 245 o dei quali ha
consentito la rinuncia; e del pari può disporre che siano nuovamente
esaminati i testimoni già interrogati, al fine di chiarire la loro
deposizione o di correggere irregolarità avveratesi nel precedente
esame>>.
[2] Cassazione civile, sez. I, sentenza 29 maggio 1992, n. 6515, Com. Molfa c. Calamuneri Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 5.
[3] Cassazione civile, sez. III, sentenza 21 luglio 2006, n. 16764, Testa c. Taurisano Giust. civ. Mass. 2006, 7.