Processo sommario di cognizione, natura giuridica, cognizione piena, sussistenza
Il procedimento sommario di cognizione ex artt. 702-bis ss. c.p.c. è
un processo a cognizione piena, poiché nella sua destinazione prevale
la funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto
tra le parti. Non si tratta, dunque, di un rito da inscrivere nella
tutela sommaria.
L’istruzione “sommaria” è quella che
consente un processo (in concreto) veloce e snello, a prescindere
dall’eventuale complessità (in astratto) del fascicolo del
procedimento. A tal fine il giudice valuta l’oggetto del giudizio alla
luce delle difese svolte dalle parti.
Nel procedimento sommario
di cognizione il giudice non deve provvedere alla fissazione del
calendario del processo (art. 81-bis disp. att. c.p.c.) atteso che il
suddetto incombente non è compatibile con i procedimenti, anche se in
camera di consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di
semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa.
In dottrina, si vedano:
– BUFFONE, La riforma del processo civile, Buffetti, 2009;
– MENCHINI, L’ultima idea del legislatore per accelerare i tempi della tutela dichiarativa dei diritti: il processo sommario di cognizione, in Il Corriere Giuridico, 2009, 8, 1025;
– SENINI, Ammissibile la domanda riconvenzionale nel processo sommario di cognizione, in Le Società, 2005, 5, 650;
– MINARDI, Il processo sommario di cognizione;
– DAMIANO, Il processo sommario di cognizione: brevi riflessioni pratiche.Tribunale di Varese
Sezione I Civile
Ordinanza 18 novembre 2009
(giudice G. Buffone)
Ordinanza
ex art. 702-ter, comma V, c.p.c.
***
L’attrice
evoca in giudizio la convenuta assumendo di avere versato a favore di
quest’ultima la complessiva somma di euro 8.120,00 ma di non avere
ricevuto, come previsto dal sinallagma pattuito, la controprestazione
pari ad una partita di fornitura di capi di abbigliamento. Chiede, per
l’effetto, il risarcimento del danno (in via equitativa) e la
ripetizione dell’importo versato a titolo di corrispettivo, previa
declaratoria dell’inadempimento del partner negoziale.1. Verifichi preliminari
L’odierna controversia rientra tra quelle indicate nell’art. 702-bis, comma I, c.p.c. e, prima facie, è sussistente la competenza territoriale di questo Tribunale.
Preliminare
alla decisione in ordine alle richieste istruttorie è la previa
qualificazione giuridica del rito sommario di cognizione, nel senso di
procedimento di plena cognitio ovvero nel senso di tutela sommaria.
Come noto, la dottrina sul punto è divisa. Secondo taluni il rito
sommario dovrebbe farsi confluire nei procedimenti sommari non
cautelari, tenuto conto della sua collocazione topografica nel codice
di rito e vista la sua stessa definizione legislativa. Alcuni
commentatori, peraltro, qualificano il suddetto rito come bifasico: il
primo grado sarebbe la fase sommaria del giudizio; il secondo grado
sarebbe la fase a cognizione piena e, dunque, non un appello.Altra
dottrina reputa che il rito sommario sia a tutti gli effetti un rito
ordinario a cognizione piena, atteso che, tra l’altro, si conclude con
un provvedimento che passa in giudicato.A parere di questo giudice, va condivisa l’opinione di quanti in Dottrina hanno ritenuto che il
rito sommario non possa iscriversi nell’alveo dei procedimenti a
cognizione sommaria. Pare, in particolare, da condividere l’opinione di
chi ha parlato di “rito semplificato” di cognizione. Diverse sono le ragioni che conducono a ritenere tale conclusioni l’unica corretta, all’esito del procedimento ermeneutico:a)
in primo luogo, è prevista espressamente la “comunicabilità” tra il
rito sommario di cognizione e quello ordinario, atteso che la
conversione determina il passaggio di una controversia tra binari
paralleli, non ipotizzabile, certo, ove si trattasse di riti
ontologicamente differenziati;b) vi è, poi, che la delega legislativa contenuta nella Legge 69/2009 propone, de jure condendo,
la concentrazione dei procedimenti civili in tre soli riti di
cognizione ove spicca anche il sommario che è collocato nell’ambito dei
procedimenti civili di natura contenziosa nei quali prevalgono
caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione: aver
richiamato, come uno dei tre modelli di riferimento, il procedimento
“sommario” sta a significare che quest’ultimo si colloca al di fuori
delle tutele sommarie;c) l’ordinanza con cui viene definito il
procedimento sommario di cognizione produce gli effetti di cui all’art.
2909 c.c. (art. 702-quater, comma I, c.p.c.) e, dunque, come si è
autorevolmente scritto, è un processo di cognizione speciale,
alternativo al processo a cognizione piena ed idoneo ad impartire
tutela dichiarativa nella stessa identica misura di quest’ultimo.Ne
segue – come si è abilmente sostenuto in dottrina – che il procedimento
sommario di cognizione ex artt. 702-bis ss. c.p.c. “è in realtà un
processo a cognizione piena, poiché nella sua destinazione prevale la
funzione di accertare definitivamente chi ha ragione e chi ha torto tra
le parti, rispetto alle funzioni che sono proprie dei procedimenti
sommari, ma sono completamente assenti dal profilo legislativo di
questo istituto”.2. Istruzione sommaria
Reputa,
preliminarmente, questo giudice, che le difese svolte dalle parti non
richiedano una istruzione non sommaria e che, per l’effetto, l’attuale
controversia possa essere decisa con le forme del processo sommario di
cognizione.Si badi: se il giudice deve decidere sulle
sorti del sommario alla prima udienza (fissata ex art. 702-bis, comma
III, c.p.c.), ciò vuol dire che la piattaforma probatoria deve essersi
per tale momento processuale già stabilizzata, quanto fa ritenere che
la natura fisiologica del rito e la sua auspicata celerità impongano
alle parti di individuare il thema probandum già negli scritti
introduttivi del giudizio, seppur nelle forme snelle del sommario e,
dunque, senza le solennità tipiche del giudizio ordinario (ad es.,
articolazione dei capitoli per i testi). Si vuol dire che l’ultimo
momento utile per delimitare il ventaglio delle richieste istruttorie è
l’udienza di prima comparizione, ove le parti possono specificare le
prove già richieste nei propri atti o formulare istanza per quelle
determinate dall’altrui difesa; si può dubitare circa l’articolazione –
solo all’udienza di prima comparizione – di “nuove prove” dirette,
diverse da quelle già previste negli atti introduttivi, atteso che il
sommario, se è snello nell’istruzione, è formale e procedimentalizzato
nell’introduzione. E, però, ragioni di ordine sistematico e di coerenza
con il rito, impongono di ritenere che le parti possono formulare
richieste istruttorie sino alla pronuncia del giudice in ordine alla
decidibilità della controversia con le forme del sommario (art.
702-ter, comma V, c.p.c.) e, dunque, sino all’ordinanza che provvede
sulle richieste di prova indicando gli atti di istruzione ritenuti
rilevanti. Oltre tale sbarramento, alle parti non è consentito dedurre
nuovi mezzi di prova poiché si incorrerebbe nel rischio di favorire
atteggiamenti difensivi secundum eventum litis, ovvero meramente
orientanti a provocare una conversione del rito ove al percorso scelto
dal giudice per l’istruzione del sommario si ritenga di preferire il
procedimento ordinario. Resta salvo il potere di provvedere a nuovi
mezzi di prova ex officio, anche su impulso delle parti, dopo o durante l’istruzione probatoria, ove il giudice lo ritenga necessario, ma senza che possa più provvedersi alla conversione del rito.Quanto
alla valutazione in ordine alla decidibilità nelle forme del sommario,
questo giudice reputa di dovere aderire ai suggerimenti dei primi
commentatori della riforma (legge 18 giugno 2009 n. 69), secondo i
quali il giudice è chiamato a valutare nell’ordine:a. l’oggetto “originario” del processo ed i fatti costitutivi della domanda (anche in relazione al valore della causa);
b.
le eventuali domande riconvenzionali e quelle nei confronti di terzi e
le difese svolte in sede di costituzione dal convenuto e dai terzi;c.
l’impostazione complessiva del sistema difensivo del convenuto (e dei
terzi), da cui desumere le questioni, di fatto e di diritto,
controverse tra le parti, tenendo anche conto di singole eccezioni di
rito e di merito, nonché delle richieste istruttorie già formulate o
comunque prospettate quale thema probandum.Il parametro valutativo da assumere quale primario riferimento per il giudizio di “decidibilità” nelle forme del sommario è, dunque, sicuramente l”oggetto”
della causa ed il complesso articolato di difese ed eccezioni
introitate nel giudizio, passando, anche, per le richieste istruttorie
articolate dalle parti e le eventuali istanze per la estensione del
contraddittorio ad altri soggetti. Non è un caso che l’art. 702-ter,
comma III, c.p.c. richiami espressamente “le difese svolte dalle parti”, ai fini della eventuale conversione.All’esito
delle valutazioni che precedono, il giudice, tenuto conto della
complessità oggettiva e soggettiva della causa, deve prefigurarsi il
percorso che, a suo giudizio, si prospetta per la decisione e, dunque,
verificarne la sua compatibilità con le forme semplificate. La
compatibilità va esclusa ove venga meno uno degli assi portanti del
giudizio sommario e, cioè: I) celerità dei tempi e II) snellezza delle
forme.Sulla scorta delle osservazioni dell’autorevole dottrina, il giudice, però, può anche valutare tout court l’eventuale
manifesta fondatezza/infondatezza della domanda (detto a contrario, la
manifesta infondatezza/fondatezza della difese del convenuto) ove, ad
esempio, nonostante la complessità globale del giudizio, una questione
di diritto sia idonea a risolvere la lite.Alla luce delle
argomentazioni sin qui svolte, l’istruzione sommaria è quella che dà la
stura ad un processo (in concreto) veloce e snello, a prescindere
dall’eventuale complessità (in astratto) del fascicolo del procedimento.Orbene,
applicando le regole di diritto sin qui illustrate al caso di specie, è
chiaro che sia non solo possibile ma anche opportuna una istruzione
sommaria. Ed, infatti, va in primo luogo osservato che l’azione
esperita può beneficiare di un riparto degli oneri probatori di favore
per il creditore (art. 1218 c.c. come interpretato dalle SS.UU.
13533/2001), cosicché l’istruzione è circoscritta ad una verifica del
titolo negoziale (documentale) e dell’esatto adempimento (onere
probatorio gravante sul debitore). Va, poi, rilevato che il processo
presenta un indice minimo di complessità soggettiva (due parti) e che
non è stato esteso il perimetro del procedimento, vuoi in senso
soggettivo (vocatio in ius di terzi), vuoi in senso oggettivo (domande riconvenzionali).Per
tali motivi, non va disposta la conversione ex art. 702-ter, comma III,
c.p.c. e può provvedersi alla decisione in ordine agli atti di
istruzione cui provvedere.3. Atti di istruzione
L’attore
ha dedotto ed allegato documentalmente il proprio adempimento, avendo
fornito prova scritta del bonifico effettuato nei confronti della
convenuta. Ha, poi, dato prova documentale del rapporto intercorso tra
le parti, anche allegando la corrispondenza in itinere
intervenuta trai contraenti ed avente, essenzialmente, ad oggetto le
ragioni per cui, a fronte del pagamento anticipato della merce, il
debitore non provvedesse ad eseguire la sua prestazione.La convenuta non si è costituita
Orbene,
in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore
che agisca ai sensi dell’art. 1218 c.c. deve soltanto provare la fonte
(negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di
scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza
dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è
gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa,
costituito dall’avvenuto adempimento (Cass. civ., Sez. Unite,
30/10/2001, n. 13533 in Corriere Giur., 2001, 12, 1565; Cass. civ.,
Sez. Unite, 24/03/2006, n. 6572). Ed, infatti, la disciplina dell’onere
della prova assume un rilievo particolare nell’ambito
dell’inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ove il Codice
civile (art. 1218) introduce una presunzione – definita dalla dottrina
– “semplificante”, in deroga alla regola generale dell’art. 2697 c.c.,
accollando al debitore, che non abbia eseguito esattamente la
prestazione dovuta, l’onere di provare che l’inadempimento o il ritardo
siano stati provocati da impossibilità della prestazione derivante da
causa a lui non imputabile (salvo, ovviamente, provare fatti estintivi,
modificativi o impeditivi dell’altrui pretesa; es. l’avvenuto esatto
adempimento).Alla luce delle considerazioni che precedono, va
rigettata la richiesta di prova orale formulata dall’attrice atteso
che, fornita prova documentale del rapporto ed allegato l’altrui
inadempimento, è onere del debitore fornire prova liberatoria ex art.
1218 c.c.4. Calendario del processo
La
Legge 18 giugno 2009 n. 69 ha introdotto nelle disposizione di
attuazione al codice di rito, l’art. 81-bis c.p.c., in virtù del quale,
il giudice, quando provvede sulle richieste istruttorie, sentite le
parti e tenuto conto della natura, dell’urgenza e della complessità
della causa, fissa il calendario del processo con l’indicazione delle
udienze successive e degli incombenti che verranno espletati. Reputa
questo Tribunale che il calendario del processo non sia applicabile al
rito semplificato di cognizione. La funzione della calendarizzazione
delle udienze, infatti, risponde all’esigenza di “programmare”, con le
parti, la durata del procedimento civile, con indicazione dei singoli
arresti procedimentali che si andranno a seguire nel tempo e tanto al
fine di garantire un tempo ragionevole di definizione del giudizio. Se,
allora, questa è la ratio essa non si rileva sintonica con il
giudizio sommario ove, come già si è detto, il rito è già per sua
natura celere e snello. Ma vi è di più: l’introduzione del calendario
andrebbe a vulnerare la stessa natura ontologica del rito sommario. Si
andrebbe, infatti, ad introdurre un elemento di rigidità
nell’istruttoria deformalizzata del procedimento semplificato (“il
giudice provvede nel modo che ritiene più opportuno”). Non va
sottaciuto, poi, che l’art. 81-bis cit. segue all’art. 81 il quale è
chiaramente modellato sul processo ordinario di cognizione atteso che
regola la fissazione delle singole udienze di istruzione.Per i
motivi illustrati, nel giudizio sommario il giudice non deve provvedere
alla fissazione del calendario del processo, atteso che il suddetto
incombente non è compatibile con “i procedimenti, anche se in camera di
consiglio, in cui sono prevalenti caratteri di semplificazione della
trattazione o dell’istruzione della causa” (secondo la dizione della
delega legislativa conferita per la riorganizzazione dei riti civili,
v. legge 69/2009).Ad ogni modo, non essendovi istruttoria nel
caso di specie, il calendario, comunque, non dovrebbe essere annesso
alla odierna pronuncia.La causa va rinviata per la discussione
finale, abilitando il difensore a produrre, entro quella data, uno
scritto difensivo conclusivo e riepilogativo delle richieste.P.q.m.
letto ed applicato l’art. 702-ter, comma V, c.p.c.
rinvia
la causa per la discussione all’udienza del 18 dicembre 2009 ore 10.30.
Ordinanza letta in udienza
Varese, lì 18 novembre 2009
Il Giudice
dott. Giuseppe Buffone