Promotore finanziario che viola gli obblighi di informazione e diligenza, sanzioni
Consiglio di Stato
Sezione VI
Decisione 27 marzo – 29 maggio 2007, n. 2724
(Presidente Varrone – Relatore Atzeni)
Fatto
Con ricorso al Tribunale Amministrativo per il Lazio, sede di Roma, il sig. M. T. impugnava la delibera n. 11865 in data 9/3/1999 con la quale la Commissione Nazionale per la Società e la Borsa gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della sospensione per tre mesi dall’albo dei promotori finanziari ai sensi dell’art. 16, terzo comma, del regolamento n. 5388/91, lamentando errore nei presupposti, difetto di motivazione e di istruttoria, violazione del D. Lgs. 58/1998, della delibera Consob 1 luglio 1998 e dei principi generali in tema di sanzioni amministrative, chiedendo il suo annullamento.
Con la sentenza appellata i primi giudici accoglievano il ricorso e, per l’effetto, annullavano in provvedimento impugnato.
Avverso la predetta sentenza la parte soccombente propone l’appello in epigrafe contestando gli argomenti addotti dal giudice di prime cure e chiedendo l’annullamento della medesima.
Si è costituito in giudizio l’appellato chiedendo il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del 27 marzo 2007 la causa è stata trattenuta in decisione.
In data 2 aprile 2007 è stato pubblicato il dispositivo (n. 140/2007)
Diritto
L’appello è fondato.
Il ricorrente, promotore finanziario, ha subito la sanzione disciplinare in epigrafe in quanto un praticante, affidato alla sua responsabilità, ha fatto sottoscrivere ad una cliente di età avanzata, che aveva richiesto di sottoscrivere un investimento che poteva essere liquidato in qualsiasi momento, un’assicurazione sulla vita che prevedeva forti penalità in caso di mancato versamento dei premi nei primi tre anni di durata del contratto e di riscatto anticipato.
La Consob, ritenendo che nel caso di specie lo strumento più consono per le necessità della cliente fosse palesemente un piano di accumulo, ed imputando quindi al promotore la perdita di £ 2.000.000, subita dalla cliente, ha ravvisato nel comportamento del promotore la violazione dei doveri di correttezza, diligenza e professionalità di cui all’art. 14, primo comma, del regolamento 2 luglio 1991, n. 5388, del dovere di illustrare al cliente gli elementi essenziali della proposta, con particolare riferimento ai rischi patrimoniali, di cui al quinto comma dello stesso art. 14, del dovere di fornire al cliente le informazioni necessarie per fargli compiere le scelte più aderenti ai suoi interessi, di cui al sesto comma, e del dovere di verificare che il cliente abbia compreso le caratteristiche essenziali ed i rischi delle operazioni proposte, di cui all’ottavo comma, ed ha applicato la sanzione della sospensione per tre mesi dall’albo dei promotori finanziari.
Il Tar ha annullato il provvedimento sanzionatorio ritenendo l’istruttoria basata esclusivamente sulle dichiarazioni della cliente, e quindi insufficiente.
La tesi dei giudici di prime cure non può essere condivisa, mentre appaiono fondate le censure dell’amministrazione.
Invero, appare decisiva l’osservazione secondo la quale l’investimento proposto palesemente era inadatto a far fronte alle necessità della cliente.
È pacifico in causa che la cliente si è rivolta al consulente finanziario ritenendo il precedente investimento, in titoli di Stato a sette – dieci anni “a lunghissimo termine”.
È evidente, quindi, che la cliente, in considerazione dell’età alquanto avanzata (settantadue anni) riteneva necessario un investimento facilmente liquidabile; se anche tale necessità non fosse stata esplicitata, era implicita nel giudizio negativo espresso in relazione al precedente investimento, che il ricorrente non nega essere da lui conosciuto.
Il ricorrente, ovvero il praticante dei cui comportamenti egli era responsabile, ha palesemente violato l’obbligo di diligenza, avendo proposto alla cliente un prodotto che comportava l’indisponibilità totale del capitale investito per un periodo non indifferente, con il rischio di un’ingente perdita nel caso (da non trascurare, nel caso concreto) di una dimenticanza nel pagamento dei premi.
L’evidente contrasto della proposta con le necessità manifestate dalla cliente consente poi di ritenere violato l’obbligo di informazione, in quanto la cliente, adeguatamente informata, non poteva ragionevolmente sottoscrivere un contratto palesemente in contrasto con le sue necessità.
Gli elementi a carico dell’appellato appaiono, quindi, di tale rilevanza da accollargli l’onere di provare il completo assolvimento dei propri doveri.
A tale scopo, l’appellato avrebbe potuto esibire un diverso contratto, più aderente alle necessità della cliente, da lui proposto e rifiutato dalla cliente.
L’andamento della controversia consente, invece, di affermare che quella sottoscritta è stata l’unica proposta formulata.
Essa, come si è visto, è palesemente insufficiente; di conseguenza, la sanzione risulta applicata in presenza dei necessari presupposti.
L’appello deve, in conclusione, essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, respinto il ricorso di primo grado.
Le spese del presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie l’appello e, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa l’appellato al pagamento, in favore dell’appellante, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi € 3.000,00 (tremila/00) oltre Iva e Cpa, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
I MAGISTRATI ORDINARI QUANDO LO CAPIRANNO????? il problema e che i giudici non capiscono nulla di prodotti finanziari…..e la gente dovrà aspettare anni per far capire cosa hanno combinato i promotori dal 1995 al 2003, prima che l’opinione pubblica capisse che costoro non erano veri e propri consulenti ma venditori di polizze……..interessati solo al loro badget ed ai guadagni (in termini di commissioni)a quello del loro istituto di provenienza. ALTRO CHE INFORMATIVA…….VERGOGNA…..