Proprietà della casa coniugale, regime di separazione dei beni, “comunione di fatto”
L’ex coniuge non può rivendicare la proprietà di una quota della
casa abitativa edificata su un terreno di esclusiva proprietà
dell’altro coniuge se, in costanza di matrimonio, i coniugi hanno
optato per il regime di separazione dei beni. In tal senso si è
espressa la Seconda Sezione della Corte di Cassazione con la Sentenza
n. 21637 del 12 ottobre 2009.
La questione nasce dalla
domanda di una ex moglie volta a vedersi riconoscere appunto la
proprietà di un mezzo della casa di civile abitazione, essendo
quest’ultima edificata su un terreno formalmente intestato all’altro
coniuge ma in realtà (a dire della ex moglie) acquistato in “comunione
di fatto” da entrambi i coniugi.
Il Tribunale adito in
primo grado rigetta la domanda rilevando in particolare che, durante il
matrimonio, i coniugi erano in separazione dei beni e che comunque la
parte attrice non aveva dato prova della presunta simulazione del
contratto di acquisto del terreno in favore del solo ex marito.
La
Corte d’appello investita del gravame conferma la pronuncia di primo
grado, rilevando che, incontestata la scelta dei coniugi in favore del
regime patrimoniale di separazione dei coniugi, l’appellante non aveva
dato prova della presunta “comunione di fatto” intervenuta tra i
coniugi, non avendo fornito prova scritta (stante il divieto di prova
orale della simulazione ex art. 1417 c.c.) della asserita simulazione
relativa per interposizione fittizia di persona all’atto di acquisto
del terreno (su cui poi era stata costruita la casa) in favore del solo
ex marito, non potendo assolvere a tale onere la mancata risposta del
convenuto all’interrogatorio formale deferitogli. Né la circostanza che
l’ex moglie godesse della casa e pagasse le relative tasse, aggiunge la
Corte territoriale adita, consentiva di rivendicare l’acquisto della
proprietà in comunione, attenendo le dette circostanze al regime di
vita dei coniugi e al relativo contributo economico per le esigenze
familiari.
La ex moglie ricorre in Cassazione osservando
che, pur potendosi sostenere che la costruzione della casa abitativa su
suolo di esclusiva proprietà di uno dei coniugi non rientra nella
comunione di cui all’art. 159 c.c., tuttavia l’ex marito aveva
attribuito la proprietà di un mezzo della detta casa tramite
dichiarazione resa in forma scritta in sede di ricorso per separazione,
circostanza poi comprovata dal contegno processuale dell’ ex marito
(non essendo comparso all’interrogatorio formale deferito, ex artt. 116
e 232 c.p.c.).
La Suprema Corte rigetta il ricorso affermando
che, in ordine alla dimostrazione della dissimulazione della
cointestazione ai coniugi del terreno su cui era stata costruita la
casa abitativa, la Corte d’appello si è attenuta correttamente al
principio già espresso dal Giudice di legittimità (da ultimo,
Cassazione civile, sez. II, sentenza 19.02.2008, n° 4071)
secondo cui la prova della simulazione relativa per interposizione
fittizia di persona in un contratto per il quale è prevista la forma
scritta ad substantiam, incontra non solo i limiti legali
dell’ammissibilità della prova testimoniale (artt. 2721 e ss. c.c.) ma
anche i più rigorosi limiti di cui all’art. 1414, II comma, c.c. (se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purchè ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma) nonché dell’art. 2725 c.c. (Quando secondo la legge o la volontà delle parti, un
contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è
ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3 dell’articolo precedente (smarrimento incolpevole del relativo documento). La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità.).
Pertanto,
trattandosi di prova della simulazione di un contratto di compravendita
immobiliare, la mancata risposta della parte all’interrogatorio formale
deferito non poteva supplire alla mancanza della prova scritta.
E’
opportuno evidenziare peraltro che la ricorrente, come si è detto,
aveva censurato anche la mancata considerazione, da parte della Corte
d’appello, del ricorso per separazione, con il quale l’ex marito aveva
riconosciuto alla ex moglie (in forma scritta) appunto il 50% della
proprietà della casa abitativa, ma tale doglianza viene ritenuta
inammissibile dalla Corte di Cassazione, non avendo osservato la
ricorrente l’onere di riportare specificamente nel motivo di censura il
contenuto del ricorso per separazione (ben potendo quest’ultimo
contenere l’atto negoziale di trasferimento immobiliare a causa
atipica, cfr. Tribunale Salerno, Sez. I, 4 luglio 2006, in Redazione Giuffrè, 2006; Cass. Civ., Sez. I, 12 aprile 2006, n. 8516 in Guida al Diritto, 2006), violando così il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 9 luglio – 12 ottobre 2009, n. 21637
Svolgimento del processo
1.
– Con atto di citazione notificato il 16 dicembre 1998, R.d. M.M.G.
convenne innanzi al Tribunale di Tempio Pausania l’ex coniuge,
K.G.G.W., al fine di rivendicare la proprietà di un mezzo di una casa
di civile abitazione edificata su un terreno fittiziamente intestato al
predetto, ma in realtà acquistato in comunione da entrambi i coniugi.
Nella
resistenza del convenuto, il Tribunale adito, con sentenza in data 20
agosto 2002, rigettò la domanda dell’attrice, rilevando:
che, durante il matrimonio, i coniugi erano in separazione dei beni;
che
le risultanze catastali concernenti l’intestazione della casa non
potevano considerarsi probanti in merito alla effettiva proprietà
dell’immobile; e che la prova della simulazione dell’originario
contratto di acquisto del terreno non poteva considerarsi raggiunta.
2.
– La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con
sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 26 settembre
2003, ha rigettato il gravame della R.d.M., confermando la pronuncia
impugnata e ponendo a carico dell’appellante le spese processuali
sostenute dall’appellato.
2.1. – A tale conclusione la Corte territoriale è giunta sulla base delle seguenti argomentazioni:
certo
ed incontestato che i coniugi ebbero a scegliere il regime patrimoniale
della separazione dei beni, la “comunione di fatto” invocata
dall’appellante non è circostanza che valga a mutare il regime degli
acquisti in costanza di matrimonio;
il godimento della casa ed
il pagamento di tasse attengono al regime di vita dei coniugi, per cui
la moglie poteva sicuramente godere della casa e, nell’ambito del
contributo economico alle esigenze familiari, anche sostenere le spese,
senza che ciò importasse l’acquisto della proprietà in comunione;
stante il divieto di prova orale della simulazione stabilito dall’art.
1417 cod. civ., in difetto della stessa prospettazione dell’intervenuto
accordo simulatorio la mancata risposta del convenuto
all’interrogatorio formale deferitogli non consente di ritenere
raggiunta la prova della simulazione inter partes.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la R. d.M. ha proposto ricorso, sulla base di un unico motivo.
L’intimato ha resistito con controricorso.
In prossimità delle parti entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1.
– Con l’unico mezzo, la ricorrente censura omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Con
esso di censura che la Corte d’appello abbia ritenuto che l’attrice
avrebbe dovuto dimostrare, con una convenzione scritta, la simulazione
o interposizione fittizia di persona all’atto di acquisto del terreno
su cui poi è stata realizzata la causa.
La ricorrente osserva
che, se è vero che la costruzione realizzata da entrambi i coniugi sul
suolo di proprietà esclusiva di uno di essi non rientra nella comunione
dei beni di cui all’art. 159 cod. civ., tuttavia il coniuge formalmente
titolare esclusivo dei manufatto così realizzato ben può attribuire
all’altro coniuge, con atto unilaterale risultante da scrittura
privata, il diritto di proprietà sul 50% della casa, sulla base del
contestuale riconoscimento dell’averlo costruito insieme.
Orbene,
nel caso in esame, la dichiarazione resa in forma scritta in sede di
ricorso per separazione (in cui il marito attestava e riconosceva il
diritto di proprietà della moglie nella misura del 50%) ed il contegno
processuale (mancata risposta all’interrogatorio formale)
consentirebbero di affermare che vi è stato un riconoscimento
costitutivo del diritto di proprietà dell’immobile in questione in
ragione della metà. 2. – Il motivo – da esaminare nei limiti in cui è
proposto nel ricorso, senza che possano avere rilievo censure ulteriori
(attinenti alla dedotta instaurazione di un regime di comunione
convenzionale in virtù di una intesa tacita tra i coniugi) avanzate con
la memoria illustrativa – è infondato, per la parte in cui non è
inammissibile.
Nel negare l’idoneità, ai fini della
dimostrazione della dissimulata cointestazione ad entrambi i coniugi
del terreno su cui è avvenuta la costruzione, della mancata risposta
del convenuto all’interrogatorio formale deferitogli, la Corte
territoriale si è attenuta al principio – costante nella giurisprudenza
di questa Corte (da ultimo, Sez. 2^, 19 febbraio 2008, n. 4071) –
secondo cui, nel caso di allegazione della simulazione relativa per
interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la
forma scritta ad substantiam, la dimostrazione della volontà delle
parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra
non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilità della prova
testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa,
derivante dal disposto dell’art. 1414 c.c., comma 2 e art. 2725 cod.
civ., di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e di forma
del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l’esistenza,
quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l’intento
comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente
diverso da quello apparente: di conseguenza, e con riferimento alla
compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente
effettivo e l’apparente compratore non può essere risolta, fatta salva
l’ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (art. 2724
c.c., n. 3), con l’interrogatorio formale, non potendo la mancata
comparizione della parte all’interrogatorio deferitole supplire alla
mancanza dell’atto scritto.
Quanto, poi, alla censura di omessa
od insufficiente motivazione, per non essersi la Corte territoriale
data carico dell’esistenza di un atto unilaterale – il ricorso per
separazione coniugale – nel quale il marito avrebbe attribuito alla
moglie il diritto di proprietà sul 50 per cento della casa, sulla base
del contestuale riconoscimento dell’averla costruita insieme, si tratta
di doglianza inammissibile.
Difatti, la ricorrente è venuta meno
all’onere, imposto dal principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, di riportare specificamente nel motivo dell’atto di
impugnazione il contenuto della risultanza – il ricorso per separazione
contenente il dedotto atto negoziale a causa atipica, non liberale ma
corrispettiva, dall’effetto costitutivo – asserita come decisiva e non
valutata o insufficientemente valutata.
In definitiva, la
sentenza impugnata si fonda su una motivazione congrua ed esente da
vizi logici e giuridici; essa, pertanto, sfugge alle doglianze
articolate dalla ricorrente.
3. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio per cassazione seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La
Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle
spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in
complessivi Euro 1.700, di cui Euro 1.500 per onorari, oltre a spese
generali e ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 luglio 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2009.