PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – ITALIA SPENDACCIONA MA CALANO LE SPESE PER LA SICUREZZA
La Cgia di Mestre lo certifica in queste ore ponendo, nero su bianco, i dati a confronto sulla spesa delle Pubbliche Amministrazioni in Eurolandia: l’Italia spende troppo per l’acquisto di beni e servizi. Lo si rileva dal rigoroso confronto sulla spesa per consumi intermedi sostenuta dalle principali PA europee. Spendiamo infatti per questa voce circa 90 miliardi di euro, pari al 5,6 per cento del PIL, un dato più elevato rispetto a tutti nostri i principali competitor. In Spagna – rileva ad esempio la Cgia – la spesa per l’acquisto di beni e servizi si ferma al 5,3 per cento del PIL, in Francia al 5,2 per cento, mentre in Germania ad appena il 4,8 per cento. Ciò significa, viene dettagliato nel Rapporto, che al netto degli stipendi, esistono pesanti inefficienze in buona parte della spesa per garantire il funzionamento della macchina amministrativa italiana. E va precisato che i consumi intermedi presi in considerazione per il raffronto includono ad esempio le spese di manutenzione ordinaria, gli acquisti di cancelleria, le spese energetiche e di esercizio dei mezzi di trasporto, i servizi di ricerca e sviluppo e di formazione del personale acquistati all’esterno, la quota parte annuale di acquisto di macchinari ecc.; sono altresì compresi i farmaci utilizzati all’interno delle strutture sanitarie.
Ed è proprio la sanità il punto dolente della nostra PA spendacciona. Con 30,5 miliardi di euro spesi per l’acquisto di beni e servizi nel 2014, pari all’1,9 per cento del Pil, la sanità italiana fa registrare un valore più che doppio rispetto agli altri Paesi dell’area euro (0,9 per cento). Al secondo posto per spese elevate ecco arrivare i 15,8 miliardi di spese per “Servizi generali della PA” (costi di funzionamento e di amministrazione di tutti i livelli di governo, escluse le spese che possono essere ricondotte ad altre funzioni specifiche) e con 10,8 miliardi di euro quelle per la “Protezione Ambientale” (quali manutenzione idro-geologica, asporto, e smaltimento rifiuti, trattamento acque reflue, fognature, etc.).
In sostanza, per la CGIA, se nell’ultimo decennio la spesa per consumi intermedi in Italia è cresciuta del 25 per cento, le cause vanno individuate soprattutto nella sanità e nella protezione ambientale.
Spendiamo troppo, più dei partner europei, dunque. Ma è possibile tagliare gli sprechi? E dove vanno esattamente individuati?
«Dal 2004 al 2014 – si legge nel dossier degli artigiani di Mestre – la spesa per consumi intermedi nella sanità è esplosa (+61,5 per cento) passando da 18,9 a 30,5 miliardi di euro del 2014, mentre quella per la protezione ambientale, ascrivibile per la larga maggioranza alla gestione dei rifiuti, è salita del 78,9 per cento. Risultano invece in calo le spese intermedie per i servizi generali della PA (-7,7 per cento in 10 anni)».
La spesa per “Servizi ospedalieri” che ha toccato quasi i 16 miliardi di euro nel 2014, salendo del 38 per cento rispetto al 2004. Seguono le spese di Gestione dei rifiuti (quasi 9,1 miliardi di euro nel 2014) che sono quasi raddoppiate in 10 anni (+95,6 per cento), scavalcando così quelle per i Servizi ambulatoriali che sono comunque salite del 70,1 per cento. In sensibile crescita anche la spesa per la voce “Prodotti medicinali, attrezzature ed apparecchi terapeutici” che passa da poco più di 1 miliardo di euro del 2004 a quasi 4 miliardi di euro nel 2014); tuttavia, come indicato dalla Ragioneria Generale dello Stato, questo dipende sia dalla continua introduzione di farmaci innovativi (specie in campo oncologico), caratterizzati da un costo elevato che dalle politiche di incentivazione della distribuzione diretta dei farmaci attuate in diversi Servizi Sanitari Regionali, con conseguente rimodulazione della spesa dalla farmaceutica convenzionata (market, che non rappresenta un costo intermedio) alla farmaceutica ospedaliera (in effetti, in compensazione, negli ultimi 10 anni la spesa farmaceutica convenzionata è scesa di 3,6 miliardi di euro passando da 12 a 8,4 miliardi di euro).
«Dalla lettura attenta dell’interessante Rapporto CGIA 2016 sulla spesa pubblica in Italia – commenta il presidente di ww.noiconsumatori.it Angelo Pisani – rileviamo alcuni dati allarmanti, ad esempio quello sulle spese per i servizi di polizia: in 10 anni sono scese del 16 per cento, passando da 3 miliardi di euro a poco più di 2,5 miliardi di euro. Insomma si abbonda in alcune voci di spesa e si tagliano servizi essenziali come quello per la difesa della pubblica incolumità, che in alcuni territori a rischio del Paese, e penso soprattutto alle periferie partenopee infestate dalla criminalità organizzata, debbono invece rappresentare una priorità assoluta».