Pubblica Amministrazione, opera, potere amministrativo, modifiche all’autorizzazione
In tema di autorizzazione ed impianti che emettono sostanze inquinanti,
al fine di rimodulare con ulteriori prescrizioni il regime
autorizzatorio dell’impianto a fronte di nuove sopravvenienze, è un
portato coessenziale alla diuturnitas della potestà amministrativa, che
mai si consuma e si esaurisce con l’adozione del provvedimento,
restando sempre aperta la strada del suo motivato riesercizio, fino al
confine più remoto del ritiro in autotutela. dell’atto adottato.
Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 29 aprile 2009, n. 2746
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale,
Quinta Sezione,
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul
ricorso in appello n. 3512/08, proposto da DOVER srl in liquidazione,
già X. s.p.a., in persona del liquidatore, nonché da DIFIN spa, in
persona del legale rappresentante pt, rappresentate e difese dall’avv.
Vincenzo Farnararo ed elettivamente domiciliate in Roma presso lo
studio dell’avv. Monica Scongiaforno alla via Postumia 3;
contro
–
la Provincia di Firenze in persona del vice-Presidente pro tempore,
rappresentata e difesa dall’avv. Alberto Bianchi ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’avv. Fabio Lorenzoni in Roma alla via
del Viminale n. 43;
– il Comune di Calenzano in persona del
Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Felix Hofer ed
elettivamente domiciliato in Roma al Lungotevere Flaminio n.46 presso
lo studio Grez e Associati srl;
– l’Azienda Regionale per la
Protezione Ambientale della Toscana – ARPAT in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Lucia Bora
e Fabio Ciari dell’avvocatura regionale della Toscana, elettivamente
domiciliato in Roma al corso d’Italia 102 presso lo studio dell’avv.
Giovanni Pasquale Mosca;
– l’Azienda Sanitaria Locale 10 di Firenze, in persona del Direttore Generale pro tempore, n.c.;
e con l’intervento ad adiuvandum
della
Società Lenzi Tecnologie srl, in persona del legale rappresentante pt,
rappresentata e difesa in giudizio dagli avv.ti Anton Ugo Serra e
Claudio Gattini ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio
dell’avv. Monica Scongiaforno alla via Postumia n. 3;
per la riforma
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione
seconda, 14 marzo 2008, n. 276, con la quale è stato rigettato il
ricorso di primo grado proposto dalle odierne appellanti avverso
l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera relativa all’impianto
della X. s.p.a. ubicato in Calenzano, via Petrarca 48 rilasciata, ai
sensi dell’art. 269, comma 8, del d. lgs. 152/2006 con atto
dirigenziale della Provincia di Firenze n. 1298 del 12 aprile 2007 e
relativo allegato, nelle parti lesive; nonché avverso la nota del
Dirigente lo Sportello Unico delle Attività Produttive del Comune di
Calenzano in data 16 aprile 2006 avente ad oggetto la trasmissione di
tale autorizzazione; degli atti della conferenza di servizi indetta ai
sensi dell’art. 269, comma 3, del d. lgs. 152/2006 e di ogni atto
conseguente a ridetta autorizzazione e in specie della diffida adottata
con atto dirigenziale della Provincia di Firenze n. 1842 del 30 maggio
2007;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 16 dicembre 2008, il Consigliere Giulio Castriota Scanderbeg;
Uditi
per le parti gli avv.ti Vincenzo Farnararo, Alberto Bianchi, Pasquale
Mosca su delega dell’avv. Lucia Bora nonché l’avv. Felix Hofer;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.
Le odierne appellanti, titolari di un opificio tessile sito nella zona
industriale di Calenzano, impugnano la sentenza in epigrafe, con la
quale il Tar della Toscana ha rigettato l’originario ricorso di esse
appellanti volto ad ottenere, con l’annullamento in parte qua (in
relazione a talune particolari prescrizioni imposte con l’atto
abilitativo gravato) della autorizzazione alla emissione in atmosfera
rilasciata in loro favore dalla Provincia di Firenze, il risarcimento
dei danni consequenziali.
2. Le appellanti ripropongono
sostanzialmente in questa sede le censure, già sottoposte con esito
infausto al vaglio del primo giudice, avverso gli atti gravati in prima
istanza ed insistono per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso
originario, con annullamento per quanto di ragione degli atti impugnati
in totale riforma della sentenza impugnata.
3. Si sono
costituiti in appello la Provincia di Firenze, il Comune di Calenzano e
l’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana – ARPAT
per chiedere la reiezione del gravame, con ogni statuizione
consequenziale anche in ordine alle spese di lite. Ha altresì spiegato
intervento ad adiuvandum la società Lenzi Tecnologie srl, cessionaria
del ramo d’azienda e subentrante, rispetto a DOVER srl in liquidazione,
nella autorizzazione alle emissioni in atmosfera oggetto di scrutinio
giurisdizionale in questo giudizio.
All’udienza del 16 dicembre 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
Con
il primo motivo d’appello la società ricorrente si duole della
erroneità della gravata pronuncia, lì dove la stessa ha ritenuto
pienamente legittimo, ai sensi dell’art. 269 del d. lgs. 3 aprile 2006,
n. 152, il rilascio di nuova autorizzazione ambientale (all’emissione
in atmosfera) con la contestuale imposizione di nuove prescrizioni, a
fronte di una proposta di modificazione di un preesistente impianto di
emissione finalizzato a riunire le emissioni E1 ed E2 in un unico
camino di venticinque metri al posto dei due preesistenti di dieci
metri ciascuno nonché a fronte di << nuove emissioni di
lucidatura a metano e preparazione mescole>>. Nella
prospettazione della ricorrente, la Provincia non avrebbe dovuto
rilasciare una nuova autorizzazione, ma limitarsi ad aggiornare quella
preesistente, senza attivare un nuovo procedimento né imporre nuovi
limiti e prescrizioni.
La censura è infondata e non merita di essere accolta.
E’
da premettere che l’art. 269 comma 8 del d.lgs. 152/06 impone al
gestore che intenda sottoporre un impianto a modifica sostanziale di
presentare una domanda di aggiornamento dell’autorizzazione e richiama,
per il procedimento autorizzatorio della modifica, le stesse
disposizioni contenute nel medesimo articolo in relazione alla
disciplina afferente il rilascio della originaria autorizzazione. Per
modifica sostanziale la stessa disposizione intende quella modifica che
comporti un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni o che
altera le condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse.
Ora
non par dubbio che nella specie la modifica che la odierna appellante
intendeva apportare all’impianto in titolarità avesse carattere
sostanziale nei sensi anzidetti visto che riguardava giustappunto il
sistema di convogliamento delle emissioni funzionale alla loro
dispersione in atmosfera. D’altra parte, come ha ben messo in evidenza
il Tar nella sentenza impugnata, è stata la stessa ricorrente a
riconoscere il carattere sostanziale delle modifiche richieste nella
sua istanza del 19 giugno 2006, nella quale si legge esplicitamente che
“la ditta conviene con la Provincia riguardo alla sostanzialità degli
interventi previsti sulle linee di produzione 30 e 31”. Tale
circostanza fattuale, da ritenersi assolutamente pacifica, vale ad
elidere ogni consistenza giuridica all’argomento incentrato sulla
pretesa irregolarità procedimentale, atteso che a ragione la Provincia
ha dato corso nella specie, in riscontro alla domanda di aggiornamento
del titolo abilitativo proposta dalla società ricorrente, all’apertura
di un nuovo procedimento funzionale alla emanazione di un nuovo
provvedimento finale.
Con il secondo motivo l’appellante
ripropone il tema del preteso difetto di istruttoria da cui sarebbe
inficiato il provvedimento autorizzatorio gravato in primo grado e
lamenta la erroneità della sentenza impugnata, nella parte in cui non
avrebbe congruamente scrutinato tale profilo, anche in relazione al
prospettato sviamento che l’amministrazione procedente avrebbe subito,
in sede di fissazione delle prescrizioni tecniche alle emissioni, dalle
lamentele della popolazione residente e dalle previsioni urbanistiche
di zona, tendenzialmente ostative a localizzazioni di stabilimenti
produttivi di emissioni < odorifere>.
Ma anche tale motivo non merita di essere accolto.
La
ricorrente, infatti, trascura di considerare che la necessità di
fissare limiti alle emissioni odorifere rilasciate in atmosfera
dall’opificio in sua titolarità ha fatto seguito a diversi sopralluoghi
da parte di personale della competente agenzia regionale per l’ambiente
(ARPAT), che si sono conclusi con il rilievo in concreto di emissioni
maleodoranti, aventi per un verso valore di pieno riscontro delle tante
denunce sporte dalla popolazione residente e legittimanti per altro
verso la adozione delle misure precauzionali fissate con il medesimo
provvedimento assentivo. Non appare inoltre senza significato,
contrariamente a quanto sul punto dedotto dall’appellante, che la
stessa società istante nella domanda di aggiornamento dell’impianto
abbia proposto un abbattimento delle emissioni odorigene (nei limiti di
410 U.O./M3), di tal che la determinazione finale della amministrazione
di conservare tale limite massimo alle emissioni, sia pur rapportato
alla nuova altezza del camino (mt 25), non appare di per sé
irragionevole. Né si comprende come possa profilarsi il prospettato
vizio di sviamento di potere, in relazione al fatto che anche le
prescrizioni urbanistiche di zona inducevano a ritenere il territorio
non eleggibile tra quelli destinati ad ospitare opifici industriali
implicanti emissioni; se un incentivo ad una maggiore attenzione al
tema è venuto, da parte delle autorità procedenti in seno alla
conferenza di servizi, dalle ridette previsioni urbanistiche ciò, lungi
dal ridondare in illegittimità provvedimentale per sviamento, si
appalesa al contrario opportuna valutazione concorsuale di tutti gli
interessi pubblici implicati nella pertinente sede procedimentale.
Quanto al terzo motivo, Il Collegio è persuaso che anche in relazione a tale doglianza il gravame non meriti miglior fortuna.
Con
tale motivo la società appellante ha censurato il provvedimento
autorizzatorio, nella parte in cui lo stesso ha riservato all’Ente
provinciale la facoltà di rivedere in qualsiasi momento la
autorizzazione << in caso di maleodoranze, esposti o si ravvisino
problemi di carattere igienico-sanitario od altro>>.
Sul
punto la Sezione osserva, in aggiunta ai pertinenti rilievi del giudice
di prime cure circa la carenza di attuale portata lesiva della
contestata <<riserva di provvedere>> che, anche ove non
esplicitata in autonoma clausola, la facoltà di intervenire, al fine di
rimodulare con ulteriori prescrizioni il regime autorizzatorio
dell’impianto a fronte di nuove sopravvenienze, è un portato
coessenziale alla diuturnitas della potestà amministrativa, che mai si
consuma e si esaurisce con l’adozione del provvedimento, restando
sempre aperta la strada del suo motivato riesercizio, fino al confine
più remoto del ritiro in autotutela dell’atto adottato.
Con il
quarto motivo la ricorrente deduce la erroneità della gravata pronuncia
nella parte in cui la stessa ha disatteso il motivo di ricorso
incentrato sulla illegittima apposizione di un limite in unità
olfattometriche pari a 410 U.O. per metro cubo. Insiste l’appellante
nel prospettare la incongruità di tale parametro, deducendola in
particolare dalla inusualità di tale limitazione per gli impianti
industriali civili. Rileva sul punto il Collegio che, come dedotto
dalla Provincia di Firenze nella memoria conclusiva del 3 dicembre
2008, inusualità non è di per sé sinonimo di illegittimità e che, in
ogni caso, per altri impianti (sia pur esercenti discariche di rifiuti)
sono state adottate misure recanti analoghe limitazioni alle emissioni
odorifere, aventi base giuridica nell’art. 269 4° comma del d.lgs.
152/06. Né si coglie la portata lesiva della prescrizione in oggetto se
si considera che la stessa società ricorrente, nel prospettare la
congruità del suddetto limite ( sia pur con riguardo alla originaria
altezza dei camini di smaltimento), ha indicato in sede procedimentale
di essere nelle condizioni di rispettare senza particolari oneri il
suddetto limite emissivo.
Non merita miglior sorte il quinto
motivo. Con questo le ricorrenti contestano una serie di prescrizioni
imposte in relazione alle emissioni in atmosfera nonché l’obbligo di
organizzare forme di autocontrollo, da riassumere in un manuale
contenente le caratteristiche ottimali di utilizzo degli impianti di
abbattimento. Esse però non provano l’incoerenza scientifica di tali
prescrizioni, che la Provincia ha stabilito utilizzando correttamente
la propria discrezionalità tecnica.
I limiti alle emissioni E/1
ed E/2 appaiono ampiamente giustificate dall’accertata presenza di
sostanze tossiche (formaldeide, ammoniaca ed acrinolitrile) la cui
presenza è ammessa dalla stessa X. s.p.a., ed altrettanto giustificata
appare la limitazione alle emissioni E7, anch’essa ammessa dalla
ricorrente. Anche in questo caso non viene fornito un principio di
prova circa l’incoerenza di tali prescrizioni sotto il profilo tecnico
scientifico.
La prescrizione di un manuale per l’autocontrollo
infine è coerente con il carattere della produzione svolta, e non
appare misura sproporzionata a fronte della necessità di tutelare la
salute pubblica dall’emissione di inquinanti in atmosfera.
Da
ultimo vanno brevemente esaminate le censure dedotte a mezzo dei motivi
aggiunti. Con i primi motivi aggiunti le appellanti hanno esteso
l’impugnazione alla diffida adottata dalla Provincia di Firenze con
atto dirigenziale n. 2225 del 28 giugno 2007, per illegittimità
derivata, e con i secondi motivi aggiunti lamentano che il Comitato per
l’ambiente dell’area ex Roller sarebbe stato ammesso a partecipare al
procedimento senza verifica della sua legittimazione.
Per i
motivi dedotti con il primo ricorso per motivi aggiunti, a dimostrare
la evidente infondatezza anche di tale impugnativa valgano ( atteso il
carattere < derivato> dei vizi fatti valere ) le considerazioni
già svolte a confutazione delle censure articolate col mezzo principale.
Quanto
al motivo dedotto con il secondo ricorso per motivi aggiunti le
appellanti sono prive di interesse poiché non risulta che la
partecipazione del Comitato abbia influito sulle prescrizioni
contestate, che ben avrebbero potuto essere stabilite anche in assenza
di qualsivoglia apporto procedimentale esterno.
In definitiva, alla luce dei rilievi che precedono, l’appello non merita di essere accolto.
Le spese di lite del grado possono essere compensate tra le parti, in considerazione della particolarità della materia trattata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese del presente grado giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso a Roma, in Palazzo Spada, nella Camera di Consiglio del 16 dicembre 2008, con l’intervento dei signori magistrati:
Domenico La Medica Presidente
Vito Poli Consigliere
Gabriele Carlotti Consigliere
Adolfo Metro Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg Consigliere est.
IL PRESIDENTE
f.to Domenico La Medica
L’ESTENSORE
f.to Giulio Castriota Scanderberg
IL SEGRETARIO
f.to Gaetano Navarra
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29/04/09.