Pubblicità del fondo patrimoniale: doppio onere sia per i coniugi che per i terzi
Vita dura per i coniugi che decidono di derogare al regime patrimoniale legale di comunione costituendo un fondo patrimoniale.
Gli
effetti benefici di protezione del patrimonio derivanti dal fondo,
infatti, sono subordinati al compimento di specifiche ed indefettibili
formalità pubblicitarie, previste ex lege a pena di inopponibilità ai
terzi.
Questo è, in estrema sintesi, quanto si evince
dalla sentenza in commento, pronunciata dalle SS.UU. a fronte di
un’ordinanza di rimessione giustificata non già dall’esistenza di un
contrasto giurisprudenziale in seno alla Corte, bensì da un “invito
alla rimeditazione” circa la natura dell’istituto del fondo
patrimoniale e della sua appartenenza o meno al genus delle convenzioni matrimoniali.
Il
caso fa riferimento al fondo patrimoniale costituito dalla moglie, con
l’assenso del marito, su beni personali; l’atto veniva tempestivamente
trascritto nei registri immobiliari, ma annotato sull’atto di
matrimonio successivamente all’iscrizione di ipoteca giudiziale a cura
della banca X sui beni appartenenti al fondo medesimo.
Alla luce
delle motivazioni d’appello, che accolgono la tesi della banca
appellata – in ordine alla necessaria annotazione del atto costitutivo
del fondo ai fini dell’opponibilità ai terzi -i coniugi chiedono la
cassazione della sentenza.
I ricorrenti lamentano in
primo luogo la violazione degli articoli 167 e 162 c.c. sul presupposto
che, in caso di fondo patrimoniale istituìto su beni immobili
personali, non si potrebbe parlare tout court di “convenzione
patrimoniale” trattandosi di atto dispositivo unilaterale, né, per
l’effetto, applicarsi direttamente le norme sulla pubblicità previste
per dette convenzioni.
In secondo luogo, evidenziano la
violazione dei medesimi in rapporto con gli articoli 2647 e 2685 c.c.,
argomentando in ordine alla funzione degli adempimenti pubblicitari del
regime convenzionale: mentre l’annotazione sull’atto di matrimonio
avrebbe la finalità di rendere conoscibile l’esistenza ed il contenuto
del fondo patrimoniale, la trascrizione ex art. 2647 c.c. assolverebbe
ad una funzione dichiarativa generale.
L’ordinanza di
rimessione, invero, sembra in certo modo affascinata dalla
prospettazione offerta dai ricorrenti, al punto che arriva ad affermare
l’incongruenza della sistematica pubblicitaria laddove non consentisse
l’opponibilità dell’esistenza del fondo non annotato al terzo che venga
a conoscenza dell’esistenza del medesimo tramite consultazione dei
registri immobiliari.
Questa impostazione è sconfessata dalla Corte su tutta la linea.
Il
primo motivo, per la verità, non viene affrontato nel merito, ma
velocemente liquidato come inammissibile, trattandosi di questione
nuova e non prospettata nel gradi di merito.
Tuttavia, volendo
brevemente soffermarsi sul punto e valutando la questione alla luce
dell’interpretazione letterale delle norme citate e del contenuto della
sentenza in commento, si può ritenere che la natura dell’atto
costituivo di fondo patrimoniale sia indipendente da quella – personale
o meno – dei beni facenti parte del fondo e ciò perché, anche in caso
di bene personale, il consenso del coniuge non proprietario è comunque
necessario ai fini del perfezionamento dell’atto.
Altrimenti
detto, anche se il conferimento di beni è operato da uno solo dei
coniugi, l’atto è perfetto solo e nella misura in cui anche l’altro
coniuge manifesti volontà adesiva.
La ratio sta nel fatto che il
fondo è finalizzato a vincolare i beni nell’interesse della famiglia,
con la conseguenza che tale vincolo va ad incidere anche sulla sfera
giuridica del marito quale membro dalla famiglia stessa e che,
pertanto, è tenuto ad esprimersi in merito.
Ne deriva, dunque, che l’atto costitutivo di fondo patrimoniale ha sempre natura convenzionale.
Riguardo al secondo motivo – e cioè alle modalità di pubblicità degli atti –
Con argomentare schietto e lineare afferma:
- che il fondo patrimoniale è una convenzione matrimoniale perché come tale espressamente prevista come tale dall’art. 167 c.c.;
- che, pertanto, è soggetta sia all’annotazione ex art. 162 c.c., sia alla trascrizione ex art. 2647 c.c.;
- che
dette forme di pubblicità obbediscono a funzioni diverse e, quindi sono
entrambe necessarie, insostituibili non intercambiabili: in
particolare, mentre l’annotazione è rilevante ai fini dell’opponibilità
ai terzi, la trascrizione svolge una funzione di pubblicità-notizia.
Ne
deriva che, in assenza di annotazione, la conoscenza che il terzo abbia
dell’esistenza del fondo in virtù della consultazione dei registri
immobiliari è insufficiente ai fini dell’opponibilità.
Quella
di ordine storico prende le mosse dall’abrogazione dell’comma 4
dell’art. 2647 ad opera della legge di riforma del diritto di famiglia
n. 151/75.
Se è vero che la norma abrogata faceva dipendere
l’opponibilità ai terzi del fondo dalla formalità della trascrizione,
allora l’abrogazione di detta norma rende altrettanto evidente
l’intento del legislatore di affidare alla trascrizione del fondo la
funzione di mera pubblicità notizia, riservando all’annotazione ex art.
162 c.c. l’opponibilità del vincolo.
L’argomentazione di
ordine sistematico, invece, si ispira alla sentenza della Corte
Costituzionale n. 111/95 che ha dichiarato manifestamente infondata la
questione di illegittimità costituzionale degli artt. 162 u.c., 2647 e
2915 rispetto agli articoli 29 e 3 della Costituzione nella parte in
cui non che l’opponibilità ai terzi del fondo sia determinata
unicamente dalla trascrizione dell’atto costitutivo.
Spiega
che la duplice forma di pubblicità trova fondamento da un lato nel
rigore necessario alle deroghe al regime patrimoniale legale e,
dall’altro, nell’esigenza di evitare che l’intento di tutelare del
patrimonio familiare in favore dei figli fino alla loro maggiore età,
possa portare ad un uso distorto dell’istituto e tale da recare mero
pregiudizio ai creditori.
Pertanto la costituzione di fondo patrimoniale è sottoposta ad una “pubblicita’ cumulativa, a fini diversi” la
quale determina doppi oneri, sia in capo ai coniugi costituenti – che
saranno tenuti all’annotazione nei registri dello stato civile
(funzione dichiarativa) ed alla trascrizione (funzione di pubblicità
notizia) -, sia in capo ai terzi creditori, che saranno tenuti alla
consultazione vuoi dei registri immobiliari, vuoi dei registri dello
stato civile.
Insegna
“il
terzo interessato deve, non solo consultare i registri immobiliari al
fine di verificare la situazione relativa ad un determinato bene
immobile, ma anche verificare se il titolare è coniugato e, in caso
positivo, controllare se a margine dell’atto di matrimonio sia stata
annotata una convenzione derogatoria… la necessità di effettuare
ricerche sia presso i registri immobiliari, sia presso i registri dello
stato civile (questi ultimi meno accessibili e sia pur meno affidabili,
infatti, costituisce un onere che, sebbene fastidioso, non può dirsi
eccessivamente gravoso”.SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 13 ottobre 2009, n. 21658
Svolgimento del processo
I
coniugi F.G. e S.R. convenivano in giudizio la BCI (Banca Commerciale
Italiana) per ottenere l’accertamento dell’inefficacia delle iscrizioni
ipotecarie accese dall’istituto di credito sui beni costituiti da essi
coniugi in fondo patrimoniale con atto del 20/4/1990.La BCI,
costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda deducendo che la
costituzione del fondo patrimoniale era inopponibile ad essa banca
essendo stata annotata a margine dell’atto di matrimonio, ex art. 162
c.c., in data successiva all’iscrizione ipotecaria.Gli attori
chiedevano ed ottenevano di chiamare in causa il Comune di Nocera
Superiore in quanto responsabile della mancata annotazione pur avendo
il notaio rogante notificato l’atto costitutivo del fondo in data
4/5/1990.Il Comune si costituiva chiedendo il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti.
Con
sentenza 486/00 l’adito tribunale di Nocera Inferiore rigettava la
domanda nei confronti della BCI poichè l’atto costitutivo del fondo
patrimoniale non era stato annotato a margine dell’atto di matrimonio
come prescritto dall’art. 162 c.c. ed essendo irrilevante la conoscenza
dello stesso altrimenti (per effetto delle trascrizioni) conseguita dal
terzo. Il tribunale dichiarava poi inammissibile la chiamata in causa
del Comune in quanto non richiesta alla prima udienza.Avverso la detta decisione i coniugi F.- S. proponevano appello al quale resistevano la BCI ed il Comune di Nocera Superiore.
Con
sentenza 12/3/2003 la corte di appello di Salerno rigettava il gravame
osservando per quel che ancora rileva in questa sede: che, con atto
notarile del 20/4/1990, S.R., con l’assenso del marito, aveva
costituito in fondo patrimoniale ex art. 162 c.c., per far fronte ai
bisogni della famiglia, alcuni beni immobili mantenendone la proprietà;
che l’atto, trascritto presso la Conservatoria dei RR.II. di Salerno in
data 26/4/1990, era stato notificato dal notaio rogante all’ufficio
dello stato civile di Nocera Superiore in data 4/5/1990 ed era stato
poi annotato a margine dell’atto di matrimonio in data (OMISSIS); che,
emessi due decreti ingiuntivi a carico dei coniugi F.- S. e a favore
della BCI, quest’ultima aveva iscritto ipoteca giudiziale anche sui
beni costituiti in fondo patrimoniale; che gli appellanti avevano
reiterato la domanda di inefficacia dell’iscrizione ipotecaria sui beni
della S. costituenti il fondo patrimoniale sostenendo la prevalenza
della trascrizione dell’atto di costituzione pur se non annotato a
margine dell’atto di matrimonio; che il gravame era infondato alla
stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità
e di merito, con il conforto anche della Corte Costituzionale; che
tutti i rilievi al riguardo svolti dagli appellanti trovavano puntuale
risposta nel detto orientamento giurisprudenziale; che la stipulazione
del fondo patrimoniale, essendo una tipica convenzione matrimoniale,
doveva essere annotata ex art. 162 c.c., ad istanza del notaio rogante,
a margine dell’atto di matrimonio dei coniugi in favore dei quali il
fondo era stato costituito; che detta convenzione era soggetta al terzo
comma del citato articolo che condizionava l’opponibilità ai terzi alla
annotazione del relativo contratto a margine dell’atto di matrimonio;che
la trascrizione, pure prevista dall’art. 2647 c.c., per effetto
dell’abrogazione dell’u.c. di tale art., doveva intendersi degradata a
mera pubblicità notizia del vincolo inidonea ad assicurare la detta
opponibilità derivante solo dall’annotazione a margine dell’atto di
matrimonio; che pertanto, avendo la BCI iscritto ipoteca sui beni
immobili della S. quando non era stata ancora annotata a margine
dell’atto di matrimonio la convenzione costitutiva del fondo
patrimoniale, il vincolo di destinazione non era opponibile alla
creditrice pur essendo stata trascritta la convenzione nei RR.II. di
Salerno; che la domanda di risarcimento non poteva trovare accoglimento
alla cuce dei principi di correttezza e buona fede in quanto, non
essendo la costituzione del fondo patrimoniale opponibile per legge al
creditore, l’iscrizione ipotecaria non poteva costituire comportamento
valutabile alla stregua dei detti principi; che non potevano essere
accolti i motivi di gravame relativi alla pretesa responsabilità del
Comune per la tardiva annotazione della convenzione a margine dell’atto
di matrimonio agendo il Sindaco, nell’esercizio della funzione di
tenuta dei registri dello stato civile, quale organo dello Stato con
conseguente legittimazione passiva di questo nella controversia in
esame.La cassazione della sentenza della corte di appello di
Salerno è stata chiesta dai coniugi F.- S. con ricorso affidato a
quattro motivi.Con il primo motivo di ricorso i citati coniugi
denunciano violazione degli artt. 167 e 162 c.c., nonchè vizi di
motivazione, deducendo che la costituzione di fondo patrimoniale in
questione riguarda solo immobili di proprietà esclusiva di essa S.R. e
che essi coniugi avevano già in precedenza optato per il regime
patrimoniale di separazione dei beni. Pertanto – a prescindere dalle
impostazioni teoriche che escludono dal novero delle convenzioni
matrimoniali il negozio costitutivo del fondo patrimoniale – difetta
nella specie la natura di “convenzione matrimoniale” trattandosi di
atto unilaterale di uno solo dei coniugi relativo a beni di sua
esclusiva proprietà.Con il secondo motivo i ricorrenti
denunciano violazione degli artt. 2647, 2685, 1175 e 1375 c.c., nonchè
del rapporto tra i primi due articoli con gli artt. 162 e 167 c.c.,
sostenendo che è errata la ricostruzione operata dalla corte di appello
in ordine ai rapporti intercorrenti tra la trascrizione nei registri
immobiliari e l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio ai fini
dell’opponibilità ai terzi dell’atto di costituzione di beni immobili
in fondo patrimoniale. Ad avviso dei coniugi F.- S. “le due forme di
pubblicità conservano una natura complementare avendo un diverso campo
di applicazione: l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio ha ad
oggetto il regime patrimoniale diverso da quello della comunione legale
oppure la modifica del regime scelto al matrimonio ……..; la
trascrizione di cui all’art. 2647 c.c. è invece necessaria al fine di
rendere opponibile ai terzi l’atto costitutivo del fondo patrimoniale
avente ad oggetto beni immobili”. L’annotazione di cui all’art. 162
c.c. ha quindi la finalità di rendere conoscibili l’esistenza ed il
contenuto del fondo patrimoniale, mentre la trascrizione di cui
all’art. 2647 c.c. assolve la funzione dichiarativa generale svolta da
detto istituto. Inoltre, pur qualificando la pubblicità della
iscrizione come mera “pubblicità notizia”, ha errato la corte di
appello nel non censurare il comportamento della banca che – conoscendo
la finalizzazione del patrimonio alla realizzazione degli interessi
della famiglia evincibile dalla trascrizione dell’atto di costituzione
del fondo patrimoniale – in violazione dei principi di buona fede e
correttezza, oltre che di normale prudenza, ha fatto gravare sui beni
immobili iscrizione ipotecaria rendendo in tal modo gli stessi
inutilizzabili per i bisogni della famiglia. La banca era a conoscenza
non solo del vincolo di destinazione sui beni, ma anche della origine
del credito azionato non generato per gli interessi della famiglia.Con
il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 170 c.c. e
vizi di motivazione rilevando che il credito posto a base dei decreti
ingiuntivi e della iscrizione ipotecaria è successivo alla costituzione
del fondo patrimoniale e riguarda rapporti tra la banca e società
(garantita da obbligazione fideiussoria assunta da essi coniugi)
instaurati per scopi estranei ai bisogni della famiglia, con
conseguente impossibilità di agire su beni immobili vincolati ai detti
bisogni.Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione
del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238, art. 1, anche in relazione all’art.
2043 c.c., lamentando l’errore commesso dalla corte di appello
nell’aver escluso la legittimazione passiva del Sindaco. Deducono i
ricorrenti che nella specie è evidente il cattivo funzionamento
dell’intera struttura organizzativa del Comune di Nocera Superiore i
cui uffici avevano impiegato circa sei anni ad annotare a margine
dell’atto di matrimonio l’atto di costituzione del fondo patrimoniale
in questione. Pertanto il Sindaco, pur agendo in veste di ufficiale di
Governo quale organo dello Stato, anche nel servizio dello stato civile
è titolare di una competenza funzionale propria con obbligo di
organizzare i servizi nella maniera più efficiente e in modo tale da
non arrecare danni a terzi.La s.p.a. Intesa Gestione Crediti
(subentrata a seguito di fusione in tutti i rapporti giuridici della
Banca Commerciale Italiana) e il Comune di Nocera Superiore hanno
resistito con separati controricorsi.La seconda sezione civile
di questa Corte, con ordinanza 27/10/2008 n. 25857, rilevato che i
primi due motivi di ricorso investivano una questione di particolare
importanza, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per
l’assegnazione alle sezioni unite in base alle considerazioni svolte in
detta ordinanza.Il Primo Presidente ha quindi disposto l’assegnazione del ricorso alle sezioni unite.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
L’ordinanza
a seguito della quale la causa è stata assegnata a queste sezioni unite
pone la questione se la costituzione del fondo patrimoniale sia o meno
una convenzione matrimoniale. L’ordinanza, pur prendendo atto
dell’assenza di un contrasto all’interno dell’orientamento
giurisprudenziale di questa Corte secondo cui la costituzione del fondo
patrimoniale è una convenzione matrimoniale, invita ad una
rimeditazione del problema. Osserva l’ordinanza che l’atto con il quale
viene costituito il patrimonio familiare non è una convenzione
matrimoniale come si rileva dalla constatazione che lo stesso è
disciplinato autonomamente nel capo 6^ Libro 1^ del c.c. e menzionato
nell’art. 2647 c.c., comma 1. Rileva inoltre l’ordinanza che la stessa
natura dell’atto in questione “parrebbe escludere la riconducibilità
dello stesso alle convenzioni matrimoniali”.Prosegue
l’ordinanza che per aderire all’interpretazione fatta propria dalla
corte di appello nella sentenza impugnata si dovrebbe accedere “ad una
interpretazione estensiva dell’art. 162 c.c. al fine di ricomprendervi
qualsiasi negozio che ponga beni appartenenti a persone coniugate in
una condizione giuridica diversa da quella propria del regime
patrimoniale legale, con conseguente funzione di pubblicità notizia
della trascrizione, in quanto il considerare convenzione matrimoniale
un atto unilaterale, in ipotesi posto in essere da un terzo,
comporterebbe una interpretazione analogica (vietata) e non
semplicemente estensiva dell’art. 162 c.c., comma 4”.Afferma
invece l’ordinanza che l’opponibilità ai terzi dell’atto di
costituzione del fondo patrimoniale, “avente natura dichiarativa”, non
può che discendere dalla trascrizione ex art. 2647 c.c. e non
dall’annotazione a margine dell’atto di matrimonio ex quarto comma art.
162 c.c.. Diversamente, precisa l’ordinanza, non potrebbe non essere
rilevata l’incongruità di un sistema pubblicitario nel quale al terzo
acquirente, pur a conoscenza del vincolo gravante sul bene in virtù del
controllo nei registri immobiliari, tale vincolo non sarebbe opponibile
in quanto non annotato a margine dell’atto di matrimonio.Devono
quindi essere esaminate le seguenti questioni: 1) se l’atto di
costituzione del fondo patrimoniale di cui all’art. 167 c.c. sia o meno
una convenzione matrimoniale ai fini dell’applicabilità della
disposizione dell’art. 162 c.c., comma 4; 2) se, data risposta positiva
al quesito che precede, l’opponibilità ai terzi dell’atto di
costituzione del fondo patrimoniale – avente ad oggetto beni immobili –
sia subordinata all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio a
prescindere dalla trascrizione del medesimo atto imposta dall’art. 2647
c.c..Ai detti quesiti la corte di merito ha dato risposta
positiva con sentenza che queste sezioni unite devono confermare
confermando in tal modo i principi recentemente affermati da questa
Corte con la sentenza 25/3/2009 n. 7210 pronunciata dopo la
pubblicazione della citata ordinanza delle seconda sezione civile
(richiamata ed esaminata nella detta sentenza) e con la quale è stato
deciso un ricorso promosso dai coniugi F.- S. sulla base degli stessi
quattro motivi prospettati con il ricorso in esame relativo ad una
analoga fattispecie.Per quel che riguarda il primo motivo di
ricorso va innanzitutto rilevata l’inammissibilità – puntualmente
eccepita dalla società resistente – della censura con la quale i
menzionati coniugi prospettano per la prima volta in questa sede di
legittimità la tesi secondo cui nella specie sarebbe da escludere la
sussistenza di una “convenzione matrimoniale” in quanto “nell’atto
costitutivo del fondo la presenza dell’altro coniuge sig. F.G. è
richiesta per la sola accettazione”. Deducono in proposito i ricorrenti
che il fondo patrimoniale in questione è stato costituito “con atto
unilaterale di uno solo dei coniugi e con beni che rientravano nella
sua proprietà esclusiva sicchè alla costituzione per atto unilaterale
non possono applicarsi sic et simpliciter le norme speciali della
pubblicità”.Al riguardo è appena il caso di osservare che la
detta censura si basa su una questione – costituzione del fondo
patrimoniale in esame da parte di uno solo e di entrambi i coniugi –
non prospettata nei giudizi di merito. Della detta questione non si fa
infatti alcun cenno nella sentenza impugnata nella quale, anzi, nella
esposizione in fatto si da atto che i coniugi F.- S. nell’atto
introduttivo del giudizio di primo grado avevano dedotto di aver
costituito, con atto del 20/4/1990, un fondo patrimoniale e, nella
parte motiva, si premette che con il detto atto S.R. “con l’assenso del
marito” aveva costituito il fondo patrimoniale. Sul punto va ribadito
il principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui
nel giudizio di cassazione, a parte le questioni rilevabili di ufficio
(sulle quali non si sia formato il giudicato), non è consentita la
proposizione di doglianze che, modificando la precedente impostazione
difensiva, pongano a fondamento delle domande e delle eccezioni titoli
diversi da quelli fatti valere nel pregresso giudizio di merito e
prospettino comunque questioni fondate su elementi di fatto nuovi e
difformi da quelli ivi proposti. I motivi del ricorso per cassazione
devono infatti investire, a pena di inammissibilità, statuizioni e
problematiche che abbiano formato oggetto del giudizio di appello per
cui non possono essere prospettate questioni nuove o nuovi temi di
indagine involgenti accertamenti non compiuti perchè non richiesti in
sede di merito.Pertanto ove il ricorrente in sede di
legittimità proponga una questione non trattata nella sentenza
impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per
novità della censura, ha l’onere (nella specie non rispettato) non solo
di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del
merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo
abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex
actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.Nella
specie tale onere non è stato rispettato: nel ricorso non si afferma
che essi coniugi nei giudizi di merito avevano sostenuto
l’impossibilità di ravvisare nella specie una “convenzione
matrimoniale” per essere stato costituito il fondo patrimoniale con
atto unilaterale della sola S..La riportata tesi esposta dai
ricorrenti con la parte non è quindi deducibile in questa sede di
legittimità perchè introduce per la prima volta un autonomo e diverso
sistema difensivo che postula indagini e valutazioni non compiute dal
giudice di appello perchè non richieste.Va peraltro aggiunto
che nessuna specifica censura risulta essere stata mossa dai ricorrenti
con il motivo in esame alla parte della sentenza impugnata con la quale
la corte di appello – confermando la decisione del tribunale che aveva
rigettato la domanda dei coniugi F.- S. “perchè l’atto costitutivo del
fondo patrimoniale non risultava annotato a margine dell’atto di
matrimonio come prescritto dall’art. 162 c.c.” (pagina 3 sentenza
impugnata) – ha espressamente affermato che “la stipulazione del fondo
patrimoniale” è ai sensi dell’art. 167 c.c. “una tipica convenzione
matrimoniale” (pagina 11 citata sentenza). La detta parte della
sentenza non ha formato oggetto di specifica critica da parte dei
ricorrenti con il motivo in esame per cui deve ritenersi avente
efficacia di giudicato la riportata affermazione della corte di merito
secondo cui il negozio costitutivo del fondo patrimoniale è una
convenzione matrimoniale, così come ripetutamente e costantemente
affermato nella giurisprudenza di legittimità e – implicitamente –
dalla Corte Costituzionale nella sentenza 6/4/1995 n. 111 e le cui
conclusioni (come segnalato nell’ordinanza di rimessione) non sono
state condivise “dalla stragrande maggioranza della dottrina” che ne ha
evidenziato e lamentato “le incongruenze”.Non meritevole di
accoglimento è anche il secondo motivo di ricorso con il quale i
coniugi F.- S. hanno sollevato numerose ed articolate censure tutte
analiticamente e dettagliatamente esaminate – e risolte in senso
sfavorevole alle tesi dei ricorrenti – da questa Corte con la sopra
citata sentenza 7210/2009 con motivazione che queste Sezioni Unite
condividono e fanno propria per cui verrà di seguito sinteticamente
riportata anche perchè conforme ai principi in materia numerose volte
affermati nella giurisprudenza di legittimità (sentenze 8/10/2008 n.
24798; 30/9/1998 n. 24332; 16/11/2007 n. 23745; 5/4/2007 n. 8610;
15/3/2006 n. 5684; 19/11/1999 n. 12864; 1/10/1999 n. 10859; 27/11/1987
n. 8824).La costituzione del fondo patrimoniale di cui all’art.
167 c.c. – compresa tra le convenzioni matrimoniali secondo quanto
ritenuto dalla corte di merito con affermazione che non può più essere
posta in discussione – è soggetta alle disposizioni dell’art. 162 c.c.
circa le forme delle convenzioni medesime, ivi incluso il terzo comma
“che ne condiziona l’opponibilità ai terzi all’annotazione del relativo
contratto a margine dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione del
vincolo per gli immobili, ai sensi dell’art. 2647 c.c., resta degradata
a mera pubblicità-notizia” (inidonea ad assicurare detta opponibilità)
e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato
civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la
conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione
del fondo. Ne consegue che, in mancanza di annotazione del fondo
patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio, il fondo medesimo non è
opponibile ai creditori che – come appunto nella specie – abbiano
iscritto ipoteca sui beni del fondo essendo irrilevante la trascrizione
del fondo nei registri della conservatoria dei beni immobili.Alle dette conclusioni si perviene essenzialmente sulla base delle seguenti considerazioni.
L’abrogazione
ad opera della L. n. 151 del 1975, art. 206, comma 4 del previdente
dell’art. 2647 c.c., comma 4 – che considerava la trascrizione del
vincolo familiare requisito di opponibilità ai terzi – rende evidente
l’intento del legislatore di degradare la trascrizione del fondo a
pubblicità notizia e di riservare l’opponibilità del vincolo ai terzi
all’annotazione di cui all’art. 162 c.c., u.c.. L’annotazione a margine
dell’atto di matrimonio della data del contratto, del notaio rogante e
delle generalità dei contraenti che hanno partecipato alla costituzione
del fondo patrimoniale mira a tutelare, ancor più che per il passato, i
terzi che pongono in essere rapporti giuridici con i coniugi.La
detta funzione attribuita dalla annotazione ex art. 162 c.c. –
consentire al terzo di ottenere una completa conoscenza circa la
condizione giuridica dei beni cui il vincolo del fondo si riferisce
attraverso la lettura del relativo contratto – e l’eliminazione
dell’art. 2647 c.c., u.c. consentono di affermare che la detta
annotazione costituisce l’unica formalità pubblicitaria rilevante agli
effetti della opponibilità della convenzione ai terzi e che la
trascrizione del vincolo ex art. 2647 c.c. è stata degradata al rango
di pubblicità-notizia. Il fondo patrimoniale risulta quindi sottoposto
ad una doppia forma di pubblicità: annotazione nei registri dello stato
civile (funzione dichiarativa); trascrizione (funzione di pubblicità
notizia). Infatti quando la legge non ricollega alla trascrizione un
particolare effetto ben determinato, si è in presenza di una pubblicità
notizia. Il legislatore tutte le volte in cui ha voluto attribuire alla
pubblicità determinati effetti lo ha detto esplicitamente, mentre
laddove non ha detto nulla deve ritenersi trattarsi di pubblicità
notizia.Sono peraltro numerose le disposizioni analoghe
all’art. 2647 c.c. nell’attuale formulazione e mai si è dubitate che
esse – non ricollegando all’omissione della trascrizione alcuna
sanzione specifica – configurino casi di pubblicità-notizia. Vanno
ricordate le norme dettate dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 2,
comma 2 e art. 3, comma 2, che riguardano il vincolo di indisponibilità
sui beni di interesse culturale; dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art.
7, comma 5, a proposito dei vincoli sull’edilizia abitativa
convenzionata; nonchè dalla L. Fall., art. 88, comma 2, a proposito
della presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore,
art. 166, comma 2 e art. 191, comma 2 della stessa legge.In
definitiva, in base al descritto quadro normativo, il terzo interessato
deve non solo consultare i registri immobiliari al fine di verificare
la situazione relativa ad un determinato bene immobile, ma anche
verificare se il titolare è coniugato e, in caso positivo, controllare
se a margine dell’atto di matrimonio sia stata annotata una convenzione
derogatoria.A conferma di quanto precede va segnalata la
sentenza 6 aprile 1995 n. 111 con la quale la Corte Costituzionale ha
dichiarato infondata, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., la
questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli
art. 162 c.c., u.c., artt. 2647 e 2915 c.c., nella parte in cui non
prevedono che, per i fondi patrimoniali costituiti sui beni immobili a
mezzo di convenzione matrimoniale, l’opponibilità ai terzi sia
determinata unicamente dalla trascrizione dell’atto sui registri
immobiliari, anzichè pure dalla annotazione a margine dell’atto di
matrimonio. Ha osservato il giudice delle leggi che la necessità di
effettuare ricerche sia presso i registri immobiliari, sia presso i
registri dello stato civile (questi ultimi meno accessibili e sia pur
meno affidabili) costituisce un onere che, sebbene fastidioso, non può
dirsi eccessivamente gravoso, non soltanto rispetto al principio di
tutela in giudizio, ma anche rispetto all’art. 29 Cost., che semmai
tutela gli aspetti etico-sociali della famiglia e non è quindi,
utilmente invocabile come parametro del contrasto, ed all’art. 3 Cost.,
in quanto una duplice forma di pubblicità (cumulativa, ma a fini ed
effetti diversi) per la costituzione dei fondi in parola trova
giustificazione nel generale rigore necessario alle deroghe al regime
legale e nell’esigenza di contemperare gli interessi contrapposti della
conservazione del patrimonio per i figli fino alla maggiore età
dell’ultimo di essi e dell’impedimento di un uso distorto dell’istituto
a danno delle garanzie dei creditori.Consegue da quanto precede
che – al contrario di quanto sostenuto dai ricorrenti con il secondo
motivo e conformemente a quanto affermato dalla corte di appello nella
sentenza impugnata – l’annotazione di cui all’art. 162 c.c., comma 4
(norma speciale) è l’unica forma di pubblicità idonea ad assicurare
l’opponibilità della convenzione matrimoniale ai terzi, mentre la
trascrizione di cui all’art. 2647 c.c. (norma generale) ha funzione di
mera pubblicità-notizia.L’opponibilità ai terzi dell’atto di
costituzione del fondo patrimoniale (avente ad oggetto beni immobili) è
quindi subordinata all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio a
prescindere dalla trascrizione del medesimo atto imposta dall’art. 2647
c.c..Va infine rilevata l’insussistenza della asserita
violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. denunciata dai coniugi F.- S.
nell’ultima parte del motivo di ricorso in esame con riferimento al
comportamento della BCI asseritamene contrario ai principi di
correttezza e buona fede.In via preliminare va segnalato che
nella sentenza impugnata non si fa alcuna menzione della acquisita
prova della conoscenza da parte dell’istituto bancario della
costituzione del fondo patrimoniale sui beni ipotecati.Peraltro,
anche a voler dare per scontata la detta conoscenza da parte della BCI,
il comportamento di quest’ultima non si porrebbe in contrasto con i
menzionati principi di correttezza e buona fede rientrando nella sua
libertà e discrezionalità la scelta dello strumento riconosciuto
dall’ordinamento con il quale tutelare le garanzie del proprio credito.Non
va sottaciuto inoltre che alle regole di correttezza e buona fede
devono ispirarsi entrambe le parti di un rapporto obbligatorio per cui
se una di esse sia inadempiente e persista nel suo inadempimento,
l’altra ben e legittimamente può avvalersi di tutti gli strumenti
(nella specie l’iscrizione ipotecaria sui beni del debitore prevista
dall’art. 2808 c.c. e segg.) previsti dall’ordinamento per porre
rimedio all’inadempimento ed al conseguente pregiudizio subito dalla
parte adempiente.Dalle considerazione che precedono deriva
logicamente l’infondatezza del terzo motivo di ricorso sopra riportato
– relativo all’asserita violazione dell’art. 170 c.c. – posto che la
censura ivi sviluppata presuppone l’opponibilità all’istituto bancario
creditore del fondo patrimoniale costituito dai coniugi ricorrenti.
Esclusa – per le ragioni sopra esposte – la detta opponibilità, è
evidente che ben poteva il detto istituto aggredire i beni dei propri
debitori non sottoposti ai vincoli di indisponibilità derivanti dalla
disciplina dettata dall’istituto del fondo patrimoniale.Del
pari è infondato il quarto motivo di ricorso – concernente la richiesta
risarcitoria nei confronti del Comune di Nocera Superiore – ed al
riguardo è sufficiente il richiamo al principio pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte secondo cui nell’esercizio della
funzione di tenuta dei registri dello stato civile, il sindaco
assumendo la veste di ufficiale di Governo, agisce quale organo dello
Stato in posizione di dipendenza gerarchica anche rispetto agli organi
statali centrali (Ministero della giustizia) e locali di grado
superiore (Procuratore della Repubblica). Pertanto nelle controversie
relative allo svolgimento di tale funzione (nella specie mancata
annotazione nei registri dello stato civile della costituzione di un
fondo patrimoniale) la legittimazione passiva appartiene non al Comune,
ma allo Stato (in tali sensi, tra le tante, sentenze 25/3/2009 n. 7210;
14/2/2000 n. 1599).Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Sussistono
giusti motivi – in considerazione, tra l’altro, della natura
controversa, della peculiarità, della complessità e della rilevanza
delle questioni trattate tanto che il relativo esame è stato sottoposto
al vaglio a queste Sezioni Unite – che inducono a compensare per intero
tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.