Quando il falso infermiere aiuta il paziente
Chi aiuta un paziente e s’inventa infermiere sul
momento non può essere perseguito penalmente se non c’è nella struttura
sanitaria alcun altro personale disponibile.
Sostanzialmente l’esercizio senza titolo di attività infermieristiche non è reato se fatto saltuariamente e al solo fine di «sopperire alla carenza di personale infermieristico».
Il caso
La Suprema Corte ha ribaltato una
doppia condanna per esercizio abusivo della professione infermieristica
nei confronti di una coordinatrice della casa di riposo di un comune
del Vercellese che nel 2002 aveva svolto, pur non essendolo, attività
proprie di un infermiere, in particolare tentando di praticare un
prelievo ematico ed effettuando in altre occasioni iniezioni
insuliniche o intramuscolo ai pazienti ricoverati.
Denunciata, la
coordinatrice della casa di riposo era stata condannata a 300 euro di
multa per esercizio abusivo della professione di infermiera sia dal
Tribunale che dalla Corte d’Appello.
Presupposti e rispetto delle prescrizioni cliniche
I
giudici ermellini della sesta sezione penale nella sentenza n. 14603
hanno accolto il ricorso della donna, rilevando che le mansioni
esercitate dall’imputata «ove eseguite non a titolo professionale ma per sopperire saltuariamente alla carenza del personale infermieristico, rispettando le cadenze, i tempi e le modalità stabilite dal medico,
non integrano il reato» punito dall’art. 348 c.p. Tanto più che la
coordinatrice della casa di riposo svolgeva attività che «generalmente
si praticano in via di automedicazione» in maniera del tutto gratuita e
«in mancanza temporanea di personale sanitario», quindi in presenza di
condizioni necessitate e peraltro con diligenza e professionalità.