Quando protestare contro il vigile non è reato
Se il vigile fa la multa ad un automobilista che abbia contingenze prioritarie rispetto al presidio del traffico e
l’automobilista glielo fa notare con un tono poco consono, pronunce e
frasi istintive non integrano gli estremi della minaccia ma
rappresentano piuttosto una forma di protesta.
Il caso
Con una sentenza che farà certo
discutere fra i ranghi della polizia municipale, la Sesta sezione
penale di Cassazione, con la sentenza n. 1997, ha annullato una doppia
condanna per il reato di minaccia ad un medico catanese, multato dai
vigili per auto in divieto di sosta con rimozione forzata.
Il
medico, chiamato per una visita cardiologica urgente, aveva lasciato la
macchina in divieto e, vedendo i vigili elevargli la contravvenzione,
si era rivolto loro con una frase dal tono minaccioso, condannata sia
dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Non minaccia, ma protesta
La Cassazione
ha ribaltato la pronuncia evidenziando che il medico ha reagito alla
contravvenzione dei vigili con l’atteggiamento di chi ritiene che il
proprio compito contingente sia prioritario e prevalga su ogni altra
esigenza e, in tale ottica, pretende che chiunque comprenda e condivida
tale valutazione. Quando, dunque, i vigili hanno insistito nel loro
atteggiamento, anche per i problemi che la macchina in divieto aveva
causato alla circolazione, è stato naturale reagire con una frase che,
al di là del suo obiettivo contenuto minatorio, voleva sostanzialmente
esprimere solo un’esasperata protesta verso quella che appariva come un’importuna interferenza nel compito del suo dovere professionale.